I giovani protagonisti della Settimana Sociale: parte da Taranto la svolta di Francesco
La ripartenza della Chiesa italiana che incalza la politica per una ecologia integrale. L’appello del papa all’Angelus per risolvere la condizione drammatica degli immigrati dalla Libia.
Non mancano spine a Francesco in questi giorni pieni di incognite e promesse per il mondo che tenta di uscire con il G20 e il Cope26 imminenti dalla palude pandemica ed energetica: si pensi a una Cina irrigidita sulla questione di Taiwan, alle cattive nuove sulla pedofilia che incalzano producendo scoramento pastorale. Ma non mancano neppure segnali incoraggianti per una ripresa missionaria e una voglia di partecipazione dei laici alle responsabilità ecclesiali. Una voglia che va diffondendosi a rimboccarsi le maniche per cambiare in meglio il mondo dopo la pandemia. Un segno importante di questo risveglio è venuto dalle conclusioni della 49ma Settimana Sociale dei cattolici italiani conclusa oggi a Taranto. E’un segno dei tempi ai quali la Chiesa italiana, sollecitata dal papa, si è aperta e sta rispondendo come uscendo da un lungo letargo. Francesco non è stato a Taranto, ma ha inviato un videomessaggio breve e intenso di apertura e un messaggio più ampio disegnando le sue priorità che il migliaio di delegati, con la presidenza Cei, ha raccolto e discusso. E oggi a conclusione dell’Angelus ha inviato un ulteriore saluto ai partecipanti alla Settimana Sociale. Proprio dall’Angelus odierno emerge il disegno complessivo di questo pontificato: una Chiesa che prega perché la preghiera richiede di trasformare la propria vita in servizio e una Chiesa dalla parte dei poveri, facendo proprie le ragioni e la condizione di chi soffre come ad esempio gli immigrati, da lui considerati i poveri dei poveri.
La preghiera
Sulla preghiera Francesco ha detto una cosa audace: nella preghiera “a Gesù che può tutto, va chiesto tutto”. E sugli immigrati ha posto alla politica internazionale un nodo che inquieta l’Europa e i Paesi del Mediterraneo in particolare. “Esprimo la mia vicinanza alle migliaia di migranti, rifugiati e altri bisognosi di protezione in Libia: non vi dimentico mai; sento le vostre grida e prego per voi – ha affermato il papa -. Tanti di questi uomini, donne e bambini sono sottoposti a una violenza disumana. Ancora una volta chiedo alla comunità internazionale di mantenere le promesse di cercare soluzioni comuni, concrete e durevoli per la gestione dei flussi migratori in Libia e in tutto il Mediterraneo. E quanto soffrono coloro che sono respinti! Ci sono dei veri lager lì. Occorre porre fine al ritorno dei migranti in Paesi non sicuri e dare priorità al soccorso di vite umane in mare con dispositivi di salvataggio e di sbarco prevedibile, garantire loro condizioni di vita degne, alternative alla detenzione, percorsi regolari di migrazione e accesso alle procedure di asilo. Sentiamoci tutti responsabili di questi nostri fratelli e sorelle, che da troppi anni sono vittime di questa gravissima situazione. Preghiamo insieme per loro in silenzio”.
La politica servizio comune
Decidendosi a farsi anima della politica intesa come servizio del bene comune, la Chiesa italiana che si pone in ascolto, si colora un po’ più di Francesco scegliendo di stare nel mondo senza appartenervi, lievito nella pasta senza assorbirne il male che crea sofferenza, ingiustizie e violenze.
Il risveglio della coscienza
Se il risveglio della coscienza cristiana e della responsabilità sia reale lo si potrà verificare presto dalla qualità del cammino sinodale appena intrapreso verso una Chiesa popolo di Dio liberato dagli orpelli del passato dovuti alla contiguità con il potere anziché con i poveri. Le parole conclusive della Settimana Sociale sia da parte del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente dei vescovi, che da parte di figure prestigiose per competenze intervenute ai lavori sono apparse orientate a condividere le indicazioni di Francesco. Ma specialmente l’ascolto della voce dei giovani è stato un segnale di cambiamento. Si era soliti fare e dire qualcosa per i giovani. Questa volta sono stati i giovani a firmare un loro messaggio alla Chiesa di cui si sentono parte attiva. “La Chiesa italiana è coraggiosa a ripartire con la scelta dei giovani” ha detto il cardinale Bassetti. “Questa Settimana sociale – ha aggiunto - è un grande evento, non perché sia sostanzialmente diversa dalle altre che l’anno preceduta, ma per le circostanze in cui è avvenuta, nel contesto di una pandemia le cui conseguenze si sono molto attenuate. È stato un grande atto di coraggio, ritrovarci qui tutti insieme”. “In questa Settimana sociale ha prevalso l’elemento giovani. Questo per me è molto importante, perché c’è stato un inverno nella Chiesa, non c’erano bambini, e ora abbiamo riaperto le chiese al culto”. Di qui l’importanza del fatto “che la Chiesa in Italia riparta con un evento di questo tipo: il lavoro, la famiglia, l’economia sono fondamentali per la vita delle persone”. “La Chiesa italiana c’è, entra in azione, si sporca le mani, ci mette il cuore” ha dichiarato l’arcivescovo Filippo Santoro riferendosi al Manifesto dell’Alleanza proposto e firmato dai giovani che – riferisce l’Agenzia Sir - ha visto incrociarsi il tema della “cittadinanza attiva” e dell’impegno dal basso con quello del confronto istituzionale e delle richieste alla politica. “Abbiamo deciso – spiegano i giovani - di proporre un modello di condivisione, di cooperazione e discernimento collettivo che ci permetta insieme di rigenerare e condividere i rischi della transizione”. Il manifesto vuole essere un messaggio di speranza “che si basa su impegni concreti di alleanze per la transizione ecologica, economica e sociale integrale, speranza e impegni che ci fanno riscoprire fratelli e sorelle”. Per il dopo-Taranto, i giovani propongono di declinare quattro “verbi dell’alleanza”:” seminare e dare testimonianza, continuando a lavorare sulle alleanze create; accompagnare e moltiplicare, promuovendo la nascita di nuove alleanze e svolgendo un ruolo di coordinamento e supporto; incontrare, accogliere ed ascoltare, continuando a mantenere viva la rete di giovani; annunciare, promuovendo la partecipazione di altri giovani tramite iniziative puntuali nel tempo capaci di coinvolgere ed entusiasmare, dando visibilità al lavoro dell’alleanza”.
Il videomessaggio
In apertura dei lavori un brevissimo videomessaggio di Francesco riassumeva la prospettiva della Settimana. “In queste giornate rifletterete su un tema molto importante che riguarda il futuro nostro e delle generazioni future: “Il Pianeta che speriamo”. Questo Pianeta che speriamo esige soprattutto una conversione che apra alla speranza. Il Pianeta che speriamo chiede, al tempo stesso, audacia e voglia di riscatto. Il Pianeta che speriamo grida già sin d’ora stili di vita rinnovati, in cui ambiente, lavoro e futuro non siano in contrapposizione tra loro, ma in piena armonia. Non bisogna mai dimenticare che tutto è connesso. Un pensiero particolare e un incoraggiamento vorrei rivolgere ai giovani, che so essere ben rappresentati a questo evento: insegnateci a custodire il creato! Siete il presente, siete l’oggi del Pianeta, non sentitevi mai ai margini dei progetti o delle riflessioni. I vostri sogni devono essere i sogni di tutti, e sull’ambiente avete tanto da insegnare. Permettetemi una carezza a tutte le mamme e a tutti i papà di Taranto che hanno pianto o piangono per la morte e la sofferenza dei propri figli”.
Un appuntamento dal sapore speciale
“Questo appuntamento – sottolinea Francesco nel messaggio - ha un sapore speciale. Si avverte il bisogno di incontrarsi e di vedersi in volto, di sorridere e di progettare, di pregare e sognare insieme. Ciò è tanto più necessario nel contesto della crisi generata dal Covid, crisi insieme sanitaria e sociale. Per uscirne è richiesto un di più di coraggio anche ai cattolici italiani. Non possiamo rassegnarci e stare alla finestra a guardare, non possiamo restare indifferenti o apatici senza assumerci la responsabilità verso gli altri e verso la società. Siamo chiamati a essere lievito che fa fermentare la pasta…Non sostiamo dunque nelle sacrestie, non formiamo gruppi elitari che si isolano e si chiudono. Quanto sarebbe bello che nei territori maggiormente segnati dall’inquinamento e dal degrado i cristiani non si limitino a denunciare, ma assumano la responsabilità di creare reti di riscatto”. C’è ormai “l’obbligo di svolta. Lo invocano il grido dei poveri e quello della Terra. Ci attende una profonda conversione che tocchi, prima ancora dell’ecologia ambientale, quella umana, l’ecologia del cuore. La svolta verrà solo se sapremo formare le coscienze a non cercare soluzioni facili a tutela di chi è già garantito, ma a proporre processi di cambiamento duraturi, a beneficio delle giovani generazioni. Tale conversione, volta a un’ecologia sociale, può alimentare questo tempo che è stato definito “di transizione ecologica”, dove le scelte da compiere non possono essere solo frutto di nuove scoperte tecnologiche, ma anche di rinnovati modelli sociali. Il cambiamento d’epoca che stiamo attraversando esige un obbligo di svolta. Guardiamo, in questo senso, a tanti segni di speranza, a molte persone che desidero ringraziare perché, spesso nel nascondimento operoso, si stanno impegnando a promuovere un modello economico diverso, più equo e attento alle persone”.