Toni Capuozzo: “Vi spiego perché l’Islam non è una religione qualunque e come l’Occidente può cercare di conviverci”
Lo storico inviato di guerra del TG5 e conduttore di Terra! racconta le sue esperienze e parla del suo ultimo lavoro, un libro a fumetti intitolato "La culla del terrore. L'odio in nome di Allah diventa stato"
Sono le ultime ore d'assedio nella regione di Dei Ezzor. La fine dello Stato Islamico si sta consumando in pochi chilometri quadrati stretti fra l'Eufrate ed il confine iracheno. L'operazione “Jezira Storm” delle Forze democratiche siriane (Sdf), che include le milizie dello Ypg curdo stringe nella morsa finale il manipolo di irriducibili jihadisti rimasti ancora asserragliati con un migliaio di civili, dopo l’evacuazione di donne e bambini. Scene drammatiche di una guerra senza quartiere e senza logica, combattuta in questi anni in Siria: una guerra per procura si è detto, in nome del petrolio e del gas. Ma non solo. Guerra d’influenza o conflitto mondiale in miniatura, come lo ha definito Papa Francesco, dove per la prima volta si sono confrontati due blocchi egemonici dagli interessi contrapposti: gli Stati Uniti e i loro alleati, da un lato contro il blocco russo-sciita.
Ma tutto questo ancora non basta a spiegare l’abisso della guerra siriana. A cercare di dare un senso a quel che è successo ci prova ora Toni Capuozzo, storico inviato di guerra del TG5 e conduttore di Terra! Lo fa con un libro a fumetti: "La culla del terrore. L'odio in nome di Allah diventa stato". Lui che per una vita ha raccontato la storia per immagini, sceglie la cifra stilistica che più gli somiglia. Ma il suo è tutto tranne che un racconto leggero. Al contrario, la narrazione si dipana oltre la cronaca, andando a cogliere le ragioni profonde di quello che è successo e che - assicura - potrebbe ancora succedere.
Capuozzo, perché c’era bisogno di scrivere un libro sull’Islam proprio oggi che sembra che l’emergenza dello Stato Islamico stia finendo?
“In questi giorni lo Stato Islamico sta perdendo gli ultimi brandelli di territorio su cui aveva issato le proprie bandiere nere in Siria. E’ difficile però pensare che cesserà di essere un pericolo negli anni a venire. Ci sono migliaia di combattenti che sono riusciti ad evadere il cerchio delle forze alleate e c’è soprattutto un’idea alla base del fondamentalismo islamico che è destinata a sopravvivere: ovvero che l’Occidente sia un nemico da combattere con la jihad dentro il territorio del Califfato o nelle capitali d’Europa, ovunque si trovino i “miscredenti”. Questa è stata la vera forza dell’Isis: hanno trasformato la rete Internet in una grande moschea virtuale, una fonte di reclutamento straordinaria.
All’inizio della guerra siriana era complicato capire quali fossero gli attori in gioco ed è capitato di confondere spesso i combattenti al servizio della democrazia da quelli che in realtà erano esponenti delle frange più fanatiche dello jihadismo militante. Perché l’Occidente non riesce a capire questo fenomeno?
“Non riesce a capirlo perché è convinto dell’universalità automatica dei propri valori: democrazia, diritti delle donne, libertà di pensiero, tolleranza religiosa. Invece esistono larghe parti del mondo in cui questi valori non vengono semplicemente considerati tali. L’Occidente fatica a capire questo, pensiamo alla sorte che hanno avuto alcuni sforzi occidentali anche molto cruenti come il tentativo di “esportare la democrazia” In Iraq o la guerra in Afghanistan, la Libia, la stessa Siria. Stiamo pagando il prezzo di un’illusione, cioè da un lato che sia possibile intavolare un dialogo con le forze più estreme del fondamentalismo come i Fratelli Mussulmani e dall’altra la convinzione che tutto col tempo si aggiusterà, che le comunità islamiche in Europa assimileranno i nostri valori e che in definitiva saremo noi ad integrare loro anziché loro a integrare noi ".
Qual è il motivo della mancata assimilazione dei musulmani in Occidente?
“L’Islam non è una religione qualunque. Comprende un modo di intendere la società, la legge, la giustizia, la politica, lo Stato, l’economia. E’ tremendamente invasiva, al contrario delle religioni cresciute nella culla dell’occidente che da tempo hanno preso le distanze da tutte le forme di potere terreno. Certamente la Chiesa non rinuncia ad esprimere un indirizzo “etico” con le grandi domande sul fine vita, l’aborto e via dicendo, però lo fa interrogando la sfera della coscienza individuale, non mettendo in discussione il ruolo dello Stato. E’ impensabile che l' Islam "autentico" possa essere vissuto come una corrente di pensiero intima, separata dalla sfera temporale, perché il corpus coranico è strutturato per incidere profondamente ed in modo autoritario sulla società sulle leggi e lo Stato. Come è difficile pensare ad un Islam ecumenico, perché è una religione suprematista che non riconosce pari dignità nemmeno alle altre religioni dei popoli del libro.
“Non tutti gli islamici sono terroristi ma tutti i terroristi sono islamici” . Quanto c'e' di vero in questa frase? Che ruolo ha avuto il wahabismo in questi anni nella diffusione del pensiero radicale nel mondo islamico ed anche in occidente?
Il wahabismo è una forma di Islam radicale nata cento anni fa e rappresenta l'alibi perfetto per società molto autoritarie come l'Arabia Saudita o per organizzazioni come i Fatelli Mussulmani. Ma il fondamentalismo, che si riconnette all' "Islam delle origini " nasce da qualcosa di più complesso: dalla miccia di Al Quaeda l'11 settembre e prima ancora dagli attentati alle ambasciate Usa in Africa . E prosegue con le guerre in Iraq ed in Afghanistan. L’Isis rappresenta da un certo momento in poi l’evoluzione di Al Quaeda: l’uscita da una dimensione catacombale e l’acquisizione dello status di fenomeno mediatico, che sfrutta la comunicazione dei social e la rete per diffondersi e per espandere il suo proselitismo ovunque nel mondo.
L'Occidente vive la fine dell'età dell' innocenza rispetto all'Islam ed ora guarda con inquietudine crescente anche al fenomeno delle migrazioni di massa.
La difficoltà del rapporto con le comunità islamiche in Occidente deriva innanzitutto dal fatto che non esiste un Islam organizzato. Non c’è una gerarchia ecclesiale a cui riferirsi, pertanto è difficile trovare un’interlocuzione univoca che lo rappresenti fisicamente o simbolicamente . Poi il rapporto con l'islam è reso più complicato dal fatto che assume di volta in volta delle connotazioni nazionali: c’è la moschea bengalese, quella marocchina e via discorrendo. Inoltre la moschea non è esattamente la traduzione di “chiesa”: non si tratta semplicemente di un luogo di culto, ma di un luogo identitario, anche dal punto di vista politico e sociale. Fenomeni di radicalizzazione sono avvenuti in alcuni casi in moschee clandestine o illegali come quella di viale Jenner. Ora avvengono nella grande moschea 2.0 ovvero attraverso i social network e le chat che su internet fanno proseliti fra i giovani di seconda generazione in tutta Europa. Anche i foreing fighters italiani hanno avviato la loro radicalizzazione sui social.
Esiste una soluzione possibile?
“E’ chiaro che un dialogo non può non esserci, ma deve essere improntato ad estrema chiarezza e con lo scopo di costruire un Islam profondamente riformista. Oggi l’Islam ha bisogno di una grande riforma, come già hanno fatto le religioni occidentali durante l’Illuminismo venendo a patto con la ragione e contestualizzando i testi sacri. Solo l’Islam può salvare se stesso dalla tentazione fondamentalista. I mussulmani cosiddetti “moderati” che se la cavano dicendo che lsis è una creazione della CIA non fanno fino in fondo questa operazione di verità. Ricordano molto quelli che negli anni 70 parlavano di “sedicenti Br”, che in realtà facevano parte di un preciso album di famiglia. Riconoscerlo è stato doloroso ma fondamentale per sconfiggere quel tipo di terrorismo.