Spagna, Sanchez negozia in extremis per salvare l'investitura

Roma, 24 lug. (askanews) - Un governo - forse - di sinistra facendo appello ai voti - sia pure astenuti - della destra: alla vigilia dell'ultimo e decisivo voto delle Cortes l'equazione di Pedro Sanchez per tornare alla Moncloa sembra più impossibile che improbabile e per la Spagna si avvicina ancora una volta lo spettro di nuove elezioni dopo un'investitura fallita, un remake in salsa socialista di quanto visto già tre anni fa con il conservatore Mariano Rajoy.Mentre continuano i negoziati con Unidas Podemos per trovare una formula che permetta di varare un esecutivo presuntamente progressista (con i socialisti che insistono su una presenza del partito di Pablo Igelsias più limitata possibile) Sanchez continua a far passare il messaggio di essere costretto a cercare alleanze a sinistra solo perché la destra non è disposta a dargli una mano.Il motivo di questo aiuto sarebbe il "senso di responsabilità" di cui lo stesso Psoe aveva dato prova tre anni fa finendo per astenersi e dando via libera a Rajoy, un favore che la destra nelle sue varie articolazioni più o meno estreme non è affatto intenzionata a ricambiare avendo anzi tutto da guadagnare da un eventuale ritorno alle urne.
Di fatto, nel suo discorso all'apertura del dibattito di investitura in oltre due ore Sanchez è riuscito a non menzionare mai coloro che un anno fa lo avevano portato al governo grazie all'appoggio alla sua mozione di censura: non solo Podemos, ma anche i nazionalisti e indipendentisti baschi e catalani, i cui voti (o per lo meno la cui astensione) potrebbero di nuovo rivelarsi decisivi.Il premier incaricato deve quindi prendere atto del fatto di non avere una comoda maggioranza assoluta ma solo relativa, e che l'unico alleato possibile è a sinistra; l'alternativa è tornare alle urne dove è probabile che il Psoe venga confermato come primo partito, magari persino aumentando i suoi voti, ma dove è anche possibile che la somma delle destre ottenga la maggioranza.Sanchez vorrebbe infatti tonare alla Moncloa con le mani libere, senza dover rispondere né ai cugini di Unidas-Podemos - con cui il Psoe, tramontata l'era del bipolarismo, lotta ormai da anni per l'egemonia della sinistra - o peggio ai nazionalisti e indipendentisti, che pure sono in maggioranza disposti a dargli via libera senza contropartite pur di non vedere la destra di nuovo al governo.Ma il leader del Psoe non ha i numeri, anche se nelle ultime settimane ha dato l'impressione di non cercare la collaborazione di nessuno, riducendosi di fatto a un negoziato dell'ultimo minuto dai risultati ancora incerti, e del cui fallimento difficilmente potrà dare la colpa a qualcun altro.Il verdetto viene quindi rimandato a domani: per l'investitura basta un maggioranza dei voti (esclusi gli astenuti), e una luce verde - dato l'istituto della fiducia costruttiva - garantirebbe a Sanchez la permanenza al potere almeno per due anni: l'esercizio di quello stesso potere sarà tutt'altra storia, ma al leader socialista al momento preme confermare la poltrona.Per cercare di risolvere il complicato puzzle politico del Paese - sempre più complicato man mano che il tempo passa senza nessuna iniziativa di dialogo - ci sarà tempo; la questione è se ci sarà anche una soluzione.Il dossier catalano - mai menzionato da Sanchez nel dibattito, e a pochi mesi dalla sentenza della Corte suprema che potrebbe scatenare reazioni furiose - è stato declassato in alcune dichiarazioni a "problema di convivenza": ovvero, che il 47% dei catalani voglia secedere senza se e senza ma non richiede quindi alcuna soluzione politica - la stessa ricetta fallita della destra.