Siria: i ribelli a Damasco. Assad scappa in Russia. Mosca chiede riunione emergenza del Consiglio di sicurezza Onu
Le forze di opposizione hanno preso il controllo dell'emittente radiotelevisiva pubblica. Fiamme nel palazzo di Assad. Eventuale esfiltrazione degli italiani, allertate le forze speciali. Gli Usa non vogliono coinvolgimenti, ora processo di transizione. Biden convoca team per la sicurezza sulla Siria
Le forze ribelli a guida islamica hanno annunciato la conquista di Damasco e la "fuga del tiranno" Bashar al-Assad, il presidente della Siria da un quarto di secolo al potere dopo averlo ereditato dal padre Hafez per 30 ai vertici del regime. I residenti della capitale sono scesi in strada per festeggiare la caduta del regime dopo 50 anni di governo del partito Baath, mentre i gruppi ribelli annunciavano l'inizio di una "nuova era" in Siria.
"Assad si è dimesso e ha lasciato il Paese"
Il ministero degli Esteri russo ha confermato che Bashar al Assad ha lasciato la Siria dopo essersi dimesso da presidente. "A seguito dei negoziati tra Assad e alcuni partecipanti al conflitto armato sul territorio della Siria, Assad ha deciso di lasciare la carica presidenziale e ha lasciato il Paese, dando istruzioni per effettuare pacificamente il trasferimento del potere", si legge in un comunicato del ministero degli Esteri russo. "La Russia non ha partecipato a questi negoziati", si sottolinea nella nota.
La Russia chiede riunione emergenza Consiglio sicurezza Onu
La Russia ha chiesto per domani una riunione d'emergenza del Consiglio di sicurezza dell'Onu dopo la caduta del regime di Assad. "In relazione agli ultimi eventi in Siria, la cui portata e le cui conseguenze per questo Paese e per l'intera regione non sono ancora state misurate, la Russia ha chiesto urgenti consultazioni a porte chiuse del Consiglio di sicurezza Onu", ha affermato il vice rappresentante della Russia alle Nazioni Unite, Dmitri Poliansky, su Telegram. L'incontro - ha detto - è stato sollecitato per domani.
Biden convoca team per la sicurezza nazionale sulla Siria
Joe Biden avrà un incontro a breve con il suo team per la sicurezza nazionale per fare il punto sulla situazione in Siria. Lo riferisce la Casa Bianca.
Teheran: Assad non ci ha mai chiesto aiuto contro ribelli
Il deposto presidente siriano Bashar al-Assad "non ha mai chiesto" aiuto all'Iran, che è il suo principale alleato insieme alla Russia, per combattere l'offensiva dei ribelli. Lo ha detto il capo della diplomazia iraniana, Abbas Araghchi. Il governo siriano "non ci ha mai chiesto aiuto" a livello militare, ha dichiarato Araghchi alla televisione di Stato, precisando di essere "sorpreso" dalla "velocità" dell'offensiva ribelle e "dall'incapacità" dell'esercito siriano di respingerlo.
Nunzio apostolico: "I ribelli hanno incontrato i vescovi"
"La strada è tutta in salita, chi ha promesso che tutti saranno rispettati, che si farà una nuova Siria. I ribelli hanno incontrato i vescovi ad Aleppo assicurando che rispetteranno le varie confessioni religiose e i cristiani, speriamo che mantengano questa promessa e che si vada verso una riconciliazione e che la Siria possa trovare anche un po' di prosperità". Lo dice a Vatican News, il cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco che aggiunge: "L'augurio è che anche la comunità internazionale risponda, magari abolendo le sanzioni, perché sono un peso che grava molto soprattutto sulla povera gente. Voglio sperare che poco a poco vengano eliminate le sanzioni".
Dato alle fiamme un salone del palazzo di Assad
Dopo il loro ingresso a Damasco, le forze di opposizione si sono dirette nel centro della città ed hanno preso il controllo dell'emittente radiotelevisiva pubblica. Un salone di ricevimento del palazzo presidenziale di Assad a Damasco è stato dato alle fiamme. I ribelli hanno inoltre 'liberato' il vicino carcere militare di Sednaya dove "le porte sono state aperte per migliaia di detenuti che sono stati imprigionati dall'apparato di sicurezza durante tutto il governo del regime", ha riferito l'Osservatorio siriano per i diritti umani.
Eventuale esfiltrazione degli italiani, allertate le forze speciali
Un gruppo di miliziani è entrato nella residenza dell'ambasciatore d'Italia dove ha effettuato una sorta di perlustrazione. Lo rende noto la Farnesina sottolineando che l'ambasciatore e il resto del personale italiano sono in un altro luogo sicuro. La Farnesina sta gestendo la situazione con contatti con i Paesi alleati per garantire la sicurezza del personale e la protezione delle sue sedi diplomatiche. Le forze speciali e gli assetti strategici della Difesa sono in allerta per un'eventuale operazione di esfiltrazione del personale italiano rimanente nel Paese. Il ministro della Difesa Guido Crosetto: "Disponibilità per qualunque tipo di evenienza e per adesso, come tutte le altre nazioni, non solo europee e internazionali, stiamo valutando ogni possibile linea d'azione per garantire la sicurezza del personale italiano e la loro eventuale esfiltrazione, qualora la situazione dovesse degenerare ulteriormente e diventare oltremodo pericolosa e caotica".
La vittoria di Abu Mohammed al-Jolani
Intanto, il primo ministro siriano, Mohammed Ghazi Jalali, si è detto pronto a "tendere la mano" all'opposizione e a collaborare con la "leadership" che verrà scelta dal popolo, mentre il capo del gruppo ribelle Hayat Tahrir al-Sham - Abu Mohammed al-Jolani - ha ordinato alle sue forze di non avvicinarsi alle istituzioni pubbliche di Damasco, "che rimarranno sotto la supervisione dell'ex primo ministro fino a quando non saranno ufficialmente consegnate", si legge in un post su X. In precedenza, lo stesso al-Jolani aveva detto che le sue forze controllano l'intera città di Homs, definendo la vittoria "storica". La presa di Damasco è avvenuta dopo una clamorosa e inaspettata marcia trionfale, cominciata solo 10 giorni fa dalla remota regione nord-occidentale di Idlib al confine con la Turchia, che ha travolto roccaforti governative, russe e iraniane come Aleppo e Hama.
Gli Usa non vogliono coinvolgimenti, ora processo di transizione
A Doha, in Qatar, intanto si è svolta l'attesa riunione cui hanno partecipato i ministri degli esteri di Russia, Iran e Turchia. Nelle stesse ore, ma prima che il presidente eletto americano Donald Trump affermasse che non è interesse di Washington farsi coinvolgere nel conflitto siriano, si è riunito nella capitale sul Golfo il quartetto di Paesi occidentali molto vicini a Israele: Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Germania. E secondo fonti presenti alla riunione, a cui hanno partecipato rappresentanti dell'Ue e l'inviato speciale Onu per la Siria, Geir Pedersen, dall'incontro è emersa la volontà occidentale di avviare a Ginevra, la settimana prossima, un processo di transizione politica post-Assad che eviti nuovi spargimenti di sangue e allontani lo spettro del collasso dello Stato siriano (distinto dal regime) mettendo allo stesso tavolo tutte le parti coinvolte: gli esponenti del sistema-Assad ma non direttamente collusi col presidente e col fratello Maher (a capo della guardia dei pretoriani e considerato vicino agli iraniani) e gli esponenti dell'avanguardia dell'offensiva militare, il gruppo armato Hayat Tahrir ash Sham (Hts), guidato dal leader ed ex capo di al Qaida in Siria, Abu Muhammad al Jolani.
Hayat Tahrir ash Sham è considerato un "gruppo terroristico"
Nonostante Hts sia definito da anni un "gruppo terroristico" da Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna e Unione Europea, in Svizzera potrebbero arrivare esponenti di sigle minori, ma di fatto legate a Jolani, così da non imbarazzare le cancellerie occidentali. Senza più il sostegno di Mosca, la struttura militare e politica della Siria degli Assad si è di fatto squagliata come neve al sole. Gli ultimi sussulti di resistenza lungo l'asse Aleppo-Damasco si sono visti a Homs, crocevia del Paese e porta di accesso per la regione costiera, dove la Russia mantiene la base navale di Tartus e quella aerea di Latakia, entrambe sul Mediterraneo. E' la stessa regione in cui i transfughi del regime, molti dei quali appartenenti ai clan sciiti-alawiti originari della regione costiera, si stanno arroccando in attesa di un negoziato. Sulla sorte del raìs, intanto, si riconcorrono le indiscrezioni che lo vedono tutte già fuori dalla Siria, in fuga, nonostante il suo ufficio abbia provato a smentire le voci, affermando che si trova ancora a Damasco. Secondo fonti informate alla Bloomberg sarebbe invece a Teheran, pronto a trattare anche per un esilio sicuro. "Non è in nessuna parte della capitale", hanno rilanciato anche alcuni media Usa, mentre qualcuno non esclude possa essere anche a Mosca.