[Il ritratto] Sarko, il grande bugiardo che ha stregato la Francia e Carla Bruni. “Gheddafi conosceva il suo segreto pericoloso”
Battuto nel 2012 persino da Hollande, subito dopo la sconfitta Nicolas Sarkozy aveva esternato come sapeva fare solo lui, con la classe che gli ha sempre riconosciuto Carla Brunì: «Perdere è sempre difficile, ma pensare che gli lasciamo gestire questo merdaio ha qualcosa di delizioso»
Il peggior uomo politico della storia francese non è finito oggi, con la notizia del suo stato di fermo nei locali dell’Ufficio anti corruzione della Polizia giudiziaria di Nanterre. Era finito già da un pezzo. Appena i francesi l’avevano conosciuto. Capace di mentire anche a se stesso, come quando diceva «quello che faccio lo faccio per la forza della passione. E se le cose cambiano, cambio anch’io e faccio altro», purtroppo per la Francia, invece, ha sempre continuato a fare quello che faceva prima anche se le cose erano cambiate, e molto.
Battuto nel 2012 persino da Hollande, subito dopo la sconfitta Nicolas Sarkozy aveva esternato come sapeva fare solo lui, con la classe che gli ha sempre riconosciuto Carla Brunì: «Perdere è sempre difficile, ma pensare che gli lasciamo gestire questo merdaio ha qualcosa di delizioso». E nel 2016, mentre tutto era cambiato, ha cercato di nuovo, fedelmente, di rifare la cosa che sapeva fare peggio, cioé il Presidente della Repubblica, distrutto dagli elettori ancora prima di partire, già subito alle primarie. Carla Brunì ci commosse tutti: «Qualche volta i migliori perdono. Bravo amore mio, sono fiera di te». Solo che dopo gli elettori che non erano più così fieri di lui, adesso tocca alla giustizia, un terreno sul quale Sarkozy è un grande esperto, avendo collezionato un rinvio a giudizio non da poco per finanziamento illegale della campagna elettorale del 2012, e una seconda indagine per corruzione e abuso d’ufficio.
Ma questa cosa è molto più grave. Perché non è solo cronaca nera. C’è di mezzo la Storia. E se le accuse fosseri dimostrate, c’è poco da esserne fieri. Sarkozy è sospettato di nuovo per finanziamenti illeciti, ma questa volta i soldi sarebbero arrivati per le presidenziali del 2007 da Gheddafi, guarda caso il leader libico che lui ha voluto a tutti i costi buttare giù qualche anno dopo, come ha sostenuto il funzionario di Stato Usa Sidney Blumenthal nelle sue mail inviate a Hillary Clinton, in cui spiegava che il governo francese aveva organizzato fazioni anti Gheddafi, alimentando i capi golpisti anche con armi, denaro e addestratori delle milizie, persino di quelle sospette di legami con Al Qaeda. Gli indizi, per ora, sarebbero più di uno.
Il faccendiere Ziad Takieddine ha raccontato ai magistrati di aver portato personalmente valigie con cinque milioni in contanti a Claude Guéant, il direttore della campagna elettorale di Sarkozy, che diventerà poi segretario generake all’Eliseo dopo la vittoria del 2007. Anche l’ex c apo dei servizi segreti libici, Bagdadi al Mahmoudi, cita un pagamento di cinque milioni. Mentre in un quaderno dell’ex ministro libico del petrolio, Choukri Ghanem, trovato morto in circostanze misteriose a Vienna, c’è scritto che tra il primo e il secondo turno delle presidenziali francesi sarebbero stati 6,5 i milioni di euro versati a Sarkozy. Ora detto che da sempre in tutto il mondo le campagne elettorali dei grandi candidati ricevono finanziamenti di tutti i tipi, e che se andassimo a scavare troveremmo cose e nomi ancora più scandalosi, questa volta il vero problema è un altro, e un po’ riguarda anche noi. Perché Sarkozy è in prima linea nella disastrosa guerra che porterà la Libia a diventare territorio ingovernabile percorso dall’Isis alle porte dell’Europa, con la deposizione e l’eliminazione di Gheddafi, cioé proprio del dittatore che l’avrebbe così copiosamente aiutato?
Non sappiamo quanto e come l’indagine prenda spunto da un libro di due giornalisti, Fabrice Arfi e Karl Laske, «Avec les compliments du Guide», ma certo in quelle pagine ci sono accuse pesantissime, in cui si dice che, una settimana prima dell’inizio del conflitto, l’agenzia di Stato libica aveva annunciato l’imminente pubblicazione di «un grave segreto» capace di provocare la caduta del leader francese e «un processo a proposito del finanziamento della sua campagna elettorale». E’ solo una coincidenza? Scrivono i due giornalisti: «Sarkozy aveva visto quello che era successo a Tunisi e al Cairo, dove gli insorti saccheggiavano gli archivi del regime. Forse in quegli archivi aveva qualcosa da nascondere. Forse non voleva che Gheddafi si salvasse. Forse non doveva parlare». Se si tratta di calunnie, lo svelerà probabilmente questo procedimento appena iniziato.
E’ ancora presto per dirlo. Ma non è presto invece per giudicare politicamente l’ex presidente della Repubblica, un mediocre opportunista, gaffeur di proporzioni interessanti, che aveva entusiasmato il suo pari Gianfranco Fini già quand’era ministro dell’Interno prima del 2007, bravissimo ad apprezzarne l’espressione di «una destra lontana dai luoghi comuni», capace di «dade risposte convincenti ai problemi che la sinistra fa fatica a risolvere». In realtà, non ha mai avuto un’idea originale, spiluccando un po’ di qua e un po’ di klà, da Charles Pasqua, dai gollisti e da Le Pen nell’inseguire maldestramente i venti che tirano.
Se è vero che è un amatore eccezionale, come testimonia sempre la sua musa Carla Brunì (dopo tanti anni «facciamo ancora sesso in maniera fantastica»), deve però la sua fama soprattutto alla grande abilità nel farsi ascoltare durante i fuorionda, creando tutte le volte seri problemi internazionali. A parte la risata abbastanza volgare in risposta a una domanda dei giornalisti sull’affidabilità del governo Berlusconi, e ad aver chiamato «Monsieur Merkel» il marito del premier tedesco che invece si chiama Sauer, alcune sue uscite ascoltate da tutti sono delle vere perle. Una: «Merkel ci crea un gran casino in Europa. Diventa complicato. Ci sta facendo correre verso la catastrofe». Due: «Questo (cioé il giornalista che lo stava intervistando) è un imbecille». Tre: «Netanyahou? Non posso sopportarlo, è un bugiardo». Quando parla di cultura, poi, è semplicemente eccezionale: «Sto rileggendo questo magnifico libro di Victor Hugo, 1793». Il libro invece si intitola «Novantatre» e la dice lunga sul suo pressapochismo. Un po’ come se avesse detto: «Sto rileggendo questo magnifico libro di Alexandre Dumas, il Conte di Montecarlo». Chapeau.