La Romania sogna la moneta unica: "Fuori dall’euro si sta molto peggio"
Una mossa che sembra nascere dal timore di essere estromessi dalla distribuzione dei fondi per lo sviluppo da parte dell’UE

La Romania è membro dell'Unione europea dal 1º gennaio 2007 ma attualmente usa ancora la sua valuta, il leu rumeno, non avendo ancora completato l'ingresso completo nella zona euro. Ora l’ex paese dell’est, come del resto Croazia e Bulgaria, non vede l’ora di adottare al più presto la moneta unica. Una mossa che sembra nascere dal timore di essere estromessi dalla distribuzione dei fondi per lo sviluppo da parte dell’UE. La Romania ha annunciato la presentazione di una sua strategia per l’adozione dell’euro entro la fine dell’anno, riportando alla luce un’idea archiviata nel 2015. Per questo bussa con insistenza a tutte le porte, ma quelle dell’Eurozona e di Schengen continuano a rimanere chiuse. E le frizioni politiche dovute ai continui scontri tra il presidente Klaus Iohannis e il governo socialdemocratico non aiutano.
Lo scenario rumeno è stato raccontato dalla Stampa: “Nel Paese che 29 anni fa ha rovesciato il regime di Ceausescu ... l’Unione è considerata come una grande opportunità, non come un potere esterno che minaccia la sovranità nazionale”. Nel paese, comunque, il dibattito è serrato, anche perché “il governo socialdemocratico sta prendendo una direzione sempre più anti-europea» ha spiegato il politologo Cristian Parvulescu. “Secondo l’analista – scrive ancora la Stampa - le critiche arrivate dalla Commissione europea sul fronte corruzione hanno irrigidito le posizioni del governo di Viorica Dancila e del partito socialdemocratico guidato da Liviu Dragnea”. Da qui lo scontro con il presidente, che ha più volte preso le distanze dall’esecutivo.
Per avere un’idea del clima politico rumeno basta guardare gli ultimi dati di Eurobarometro: il 71% dei rumeni considera positiva l’appartenenza all’Ue (in Italia la percentuale è del 44%) e negli ultimi sei mesi il dato è addirittura cresciuto del 10%. Del resto il saldo tra i contributi versati al bilancio Ue e i fondi incassati è uno dei più alti, con circa 5-6 miliardi di attivo ogni anno. Un occhio di riguardo, per i rumeni, merita la proposta di regolamento adottata dalla Commissione europea, che implica uno spostamento di risorse dal Nord-Est Europa verso il Centro-Sud che tenga conto del migliorato tenore di vita negli ex Paesi sovietici ma anche dell'impatto della crisi su molte economie del Mediterraneo, della lotta ai cambiamenti climatici e degli sforzi per integrare i migranti. Da questo documento si evince che la Romania potrebbe vedere arricchite le sue casse erariali da 25,2 a 27,2 miliardi. La proposta di regolamento deve ora essere negoziata con le istituzioni Ue prima di entrare in vigore.
I dati economici dicono che nel 2017 l’economia romena è cresciuta al ritmo più alto di tutta l’Europa (+6,9%), che la disoccupazione è sotto il 5%, anche se negli ultimi mesi è schizzata l’inflazione (4,2% nel 2018). «L’euro ci aiuterebbe a contenerla e a rafforzare il commercio - ragiona Victor Negrescu, ministro agli Affari Europei ed ex eurodeputato -, la moneta definisce la nostra identità europea e poi è uno scudo. Stare nell’Eurozona ha aiutato i Paesi più colpiti dalla crisi. Per la Grecia sarebbe stato difficile uscirne. Diciamolo: fuori dall’euro si sta peggio».
In ogni caso il tentativo della Romania di entrare nella famiglia dell’euro si trascina ormai da un po’ di tempo, sebbene ci sia comunque una frangia interna non ancora convinta di un simile passo: il timore è che il paese non sia realmente in grado di competere con gli altri paesi aderenti all’euro, per cui, secondo questa tesi, ci sarebbe prima bisogno di rafforzare gli investimenti e migliorare le infrastrutture interne prima di compiere una decisione tanto importante. E anche per questo c’è bisogno che ci si dia del tempo. La scorsa settimana, la Commissione ha ribadito che non ci siamo: la Romania soddisfa solo uno dei quattro criteri necessari per meritarsi il posto al sole. Se ne riparlerà più avanti, non prima del 2024.