Le drammatiche telefonata dal fronte: "Il generale Haftar sta portando a morire una generazione di bengasini"
Il racconto di Abdul, un vecchio amico di Bengasi. È un architetto che ha vissuto per anni a Padova. L’ho conosciuto durante la Rivoluzione, nel 2011.
A un certo punto squilla whatsapp. Chiama Abdul, un vecchio amico di Bengasi. È un architetto che ha vissuto per anni a Padova. L’ho conosciuto durante la Rivoluzione, nel 2011. Mi racconta che ogni giorni arrivano dal fronte trenta, quaranta salme di ragazzi. E che il generale Haftar sta portando a morire una generazione di bengasini.
Sintetizzo la telefonata su Facebook, parlo di tragedia e di una Rivoluzione portata al macello. Un altro amico di Bengasi mi scrive: «Ti rispondo personalmente, per rispetto di tutte le vittime in Libia. Lo so, stiamo e abbiamo perso un numero enorme di ragazzi giovani (io due nipoti) e altre due mutilati, ma la situazione in Libia non poteva andare avanti così. Intanto le milizie e le bande armate non rinunciano ai loro privilegi, alcuni sono diventati milionari, inoltre i Fratelli Musulmani non accettano l'idea di un paese laico, con elezioni politiche libere , i cosiddetti governi amici d'altronde si trovano di fronte a una strada obbligata, devono per forza sostenere i loro alleati, Tripoli è governata realmente dalle milizie armate, Sarraj non conta un fico secco. Ripeto Haftar (75anni) non è il futuro della Libia. Spero che il tutto finisca al più presto.
N.B. Non ero e non sono d'accordo sulla liberazione di Tripoli con i nostri figli, mi dispiace ma sono e rimango dell'avviso che dovevano farlo loro...Un abbraccio ...Feisal».
Il delegato speciale dell’Onu Gassan in una intervista alla BBC ha bollato come un tentativo di golpe la marcia di Haftar verso Tripoli. Il governo Serraj è determinato nel chiedere il ritiro di Haftar e del suo esercito. Ma ormai sembra che non vi siano i margini per una mediazione. Il destino di Haftar, nonostante gli appoggi internazionali, è segnato. La follia di un uomo, gli interessi indicibili di superpotenze arabe ed europee pensano a una Libia soggiogata. Sette milioni di abitanti, un territorio sei volte l’Italia. Il petrolio e il turismo potrebbero garantire una stabilità del Paese. Ma a molti questo non piace.