Quote 'rosa', così in Italia siamo arrivati a 38% donne nei CdA
Roma, 2 apr. (askanews) - Quote rosa sì o no? Si è parlato anche di questo al convegno che a Napoli ha varato "Le contemporanee", start up sociale e digitale per l'avanzamento delle donne, anche nel mercato del lavoro. Fra gli ospiti e le ospiti anche due dirigenti d'azienda, Manuela Kron di Nestlé Italia e Graziella Gavezotti di Edenred, parlano di quote e spiegano come hanno funzionato in Francia e in Italia le leggi per le quote nei CdA delle aziende quotate in Borsa.Graziella Gavezotti, presidente Edenred Italia, spiega: "Le quote hanno certamente un effetto acceleratore della presenza femminile nei consigli di amministrazione. La Francia lo dimostra e infatti è la migliore per numero di presenze femminili in Cda, pari al 44%.
Attenzione: la legge francese, Copé Zimmermann del 2011, dava anche delle sanzioni. L'obbiettivo era arrivare al primo gennaio 2919 con almeno il 40% di presenze femminili. Questo ha immediatamente mosso le aziende quotate in Borsa: le sanzioni erano molto importanti, sospensione dei gettoni di presenza e possibile invalidazione delle decisioni nei Cda. In Italia la legge Golfo è stata positiva perché ha seguito la linea della legge francese - non a caso è dello stesso anno, 2011. Ha avuto meno effetto perché non comportava sanzioni, era su base volontaristica, comunque ora siamo al 38% di presenza femminile nei consigli d'amministrazione delle aziende italiane".Manuela Kron, direttrice marketing Nestlé Italia, spiega: "Anche io quando ero giovane pensavo che le quote non fossero giuste perché le donne sono meritocratiche e pensano che vogliono emergere grazie al merito. In realtà abbiamo dei dati che dimostrano che purtroppo se non si forza la mano il sistema ripete un po' se stesso, non perché gli uomini siano cattivi ma perché non si rendono conto. La forzatura delle quote rose che ovviamente non è auspicabile come sistema per sempre ma fino a quando non ce ne sarà più bisogno, è un modo per far sì che chi nei CDa decide si ponga il problema. E' un modo perché la leadership al femminile, che deve iniziare man mano che le persone entrano in azienda, si faccia avanti; per controllare che ci siano prima abbastanza impiegati, poi dirigenti, poi posizioni apicali che rappresentino equamente i nostri generi.".