Dopo la pandemia “cambiare il sistema di morte”. Il mondo migliore possibile di Francesco
Il papa chiede una svolta in parallelo alla Chiesa durante l’ordinazione di due nuovi vescovi e alla politica internazionale in un videomessaggio al IV incontro dei Movimenti Popolari. Nell’Angelus contrasto alla fame. E nelle diocesi italiane aperto oggi cammino sinodale
Guardare avanti dopo la pandemia per edificare un mondo migliore garantendo un reddito minimo o salario minimo universale e la riduzione della giornata lavorativa affinché “ogni persona in questo mondo possa accedere ai beni più elementari della vita”. E’ uno dei punti qualificanti la visione sociale di papa Francesco contenuti in un videomessaggio ai partecipanti al IV incontro internazionale dei Movimenti Popolari che il papa chiama “poeti sociali” capaci di immaginare e rendere possibile un sistema alternativo all’attuale sistema capitalista.
Sui binari della Dottrina sociale della Chiesa che prevede la centralità della persona e non del capitale, Francesco coglie l’occasione per chiarire – al di là delle polemiche che specialmente nei Paesi capitalisti e nei settori conservatori cattolici la sua promozione sociale dei poveri ha scatenato – cose concrete da fare per realizzare un mondo più giusto e fraterno, capace di cura per il creato. Con umiltà, ma con decisione il papa avanza le sue richieste con domande precise. Per ben 11 volte usa il verbo “volere” all’indicativo anziché al condizionale: voglio e non vorrei “chiedere con insistenza a tutti in nome di Dio un necessario cambiamento personale ma anche un imprescindibile adeguamento dei nostri modelli socio-economici affinché abbiano un volto umano, perché tanti modelli lo hanno perso”. Cosa chiede Francesco? “Ai grandi laboratori, che liberalizzino i brevetti.
Compiano un gesto di umanità e permettano che ogni Paese, ogni popolo, ogni essere umano, abbia accesso al vaccino. Ci sono Paesi in cui solo il tre, il quattro per cento degli abitanti è stato vaccinato”. Ai gruppi finanziari e agli organismi internazionali di credito “di permettere ai Paesi poveri di garantire i bisogni primari della loro gente e di condonare quei debiti tante volte contratti contro gli interessi di quegli stessi popoli. Alle grandi compagnie estrattive – minerarie, petrolifere –, forestali, immobiliari, agroalimentari, “di smettere di distruggere i boschi, le aree umide e le montagne, di smettere d’inquinare i fiumi e i mari, di smettere d’intossicare i popoli e gli alimenti”.
Alle grandi compagnie alimentari di smettere d’imporre strutture monopolistiche di produzione e distribuzione che gonfiano i prezzi e finiscono col tenersi il pane dell’affamati”. Ai fabbricanti e ai trafficanti di armi di “cessare totalmente la loro attività, che fomenta la violenza e la guerra, spesso nel quadro di giochi geopolitici il cui costo sono milioni di vite e di spostamenti”. Ai giganti della tecnologia di smettere di sfruttare la fragilità umana, le vulnerabilità delle persone, per ottenere guadagni, senza considerare come aumentano i discorsi di odio, il grooming [adescamento di minori in internet], le fake news [notizie false], le teorie cospirative, la manipolazione politica”. Ai giganti delle telecomunicazioni di liberalizzare l’accesso ai contenuti educativi e l’interscambio con i maestri attraverso internet, affinché i bambini poveri possano ricevere un’educazione in contesti di quarantena”.
Ai mezzi di comunicazione di “porre fine alla logica della post-verità, alla disinformazione, alla diffamazione, alla calunnia e a quell’attrazione malata per lo scandalo e il torbido; che cerchino di contribuire alla fraternità umana e all’empatia con le persone più ferite”. Ai Paesi potenti di cessare le aggressioni, i blocchi e le sanzioni unilaterali contro qualsiasi Paese in qualsiasi parte della terra. No al neocolonialismo. I conflitti si devono risolvere in istanze multilaterali come le Nazioni Unite”.
Ai governi in generale, ai politici di tutti i partiti di “rappresentare i propri popoli e di lavorare per il bene comune… il coraggio di guardare ai propri popoli, di guardare negli occhi la gente, e il coraggio di sapere che il bene di un popolo è molto più di un consenso tra le parti. Si guardino dall’ascoltare soltanto le élite economiche tanto spesso portavoce di ideologie superficiali che eludono le vere questioni dell’umanità. Siano al servizio dei popoli che chiedono terra, casa, lavoro e una vita buona”. A noi tutti, leader religiosi, “di non usare mai il nome di Dio per fomentare guerre o colpi di Stato. Stiamo accanto ai popoli, ai lavoratori, agli umili e lottiamo insieme a loro affinché lo sviluppo umano integrale sia una realtà. Gettiamo ponti di amore perché la voce della periferia, con il suo pianto, ma anche con il suo canto e la sua gioia, non provochi paura ma empatia nel resto della società.
È necessario che insieme affrontiamo i discorsi populisti d’intolleranza, xenofobia, aporofobia – che è l’odio per i poveri –, come tutti quelli che ci portano all’indifferenza, alla meritocrazia e all’individualismo, queste narrative sono servite solo a dividere i nostri popoli e a minare e neutralizzare la nostra capacità poetica, la capacità di sognare insieme”. Il sistema dove tutte queste cose negative sono possibili “sta sfuggendo a ogni controllo umano. È ora di frenare la locomotiva, una locomotiva fuori controllo che ci sta portando verso l’abisso. Siamo ancora in tempo”. Non è un cupo vedere quello del papa, ma carico di speranza, a motivo dell’agire anche dei Movimenti popolari. “Vedervi – afferma Francesco - mi ricorda che non siamo condannati a ripetere né a costruire un futuro basato sull’esclusione e la disuguaglianza, sullo scarto o sull’indifferenza; dove la cultura del privilegio sia un potere invisibile e insopprimibile e lo sfruttamento e l’abuso siano come un metodo abituale di sopravvivenza. Specialmente dopo l’esperienza del Covid 19 “ritornare agli schemi precedenti sarebbe davvero suicida e, se mi consentite di forzare un po’ le parole, ecocida e genocida”.
La necessità di cambiare filosofia di vita per rendere il mondo e l’esperienza cristiana più solidale e fraterna è stato il filo conduttore di Francesco anche nella recita dell’Angelus e nella ordinazione di due nuovi vescovi nella Basilica di san Pietro. Uno di due vescovi è don Guido Marini per anni maestro delle cerimonie papali con Benedetto XVI e con lo stesso Francesco. Ora sarà vescovo di Tortona, diocesi del Piemonte. All’Angelus Francesco ha richiamato più volte il dramma della fame che nel mondo miete molte più vittime della pandemia. Come esempio di lotta alla fame e alla povertà ha presentato il modello Caritas animata dalla compassione e dalla tenerezza nel servizio ai poveri nella fraternità e nella compassione. Lo stile preferito dalla Caritas italiana che nel 2020 – come testimonia il nuovo rapporto annuale - ha supportato 1,9 milioni di persone.
Nei centri di ascolto sono state monitorate 211.233 persone. Cresce l’allarme per i nuovi poveri e per questo si chiede di orientare il Reddito di cittadinanza ai più poveri tra i poveri. Proprio la realtà difficile dei poveri sarà uno dei temi che verrà affrontato nel cammino del sinodo aperto domenica scorsa da Francesco a livello mondiale e che oggi i vescovi d’Italia aprono ciascuno a livello della propria diocesi come primo passo verso la celebrazione del sinodo universale del 2023. Allo studio di questo cammino è proprio il modo di fare Chiesa parimenti partecipata da ecclesiastici e laici, uomini e donne. Chiesa missionaria e al servizio dei poveri, vincendo lo spirito di rassegnazione al peggio.