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Il passo lento della democrazia: quando ci lamentiamo dell'Italia ricordiamoci degli Usa

Sapere una settimana prima o dopo i dati definitivi non conta poi molto se quel che si sta decidendo è chi farà le leggi per i prossimi quattro anni e il destino del governo per i prossimi due. La democrazia, quella vera, ha il passo lento, negli Stati Uniti così come in Italia

Alessandro Spaventadi Alessandro Spaventa   
Il passo lento della democrazia: quando ci lamentiamo dell'Italia ricordiamoci degli Usa

Non di rado, in occasione di consultazioni elettorali nazionali o locali tenutesi nel nostro paese, è accaduto di ascoltare commenti lievemente esasperati sulla lentezza con cui arrivavano i risultati, soprattutto se l’esito che si andava profilando non era netto e il vincitore ancora incerto. E commenti sarcastici sono stati profusi in abbondanza anche in occasione delle ultime elezioni, quando si è assistito al flipper di candidati, prima sconfitti, poi eletti, poi di nuovi sconfitti, determinato dalla pessima legge elettorale in vigore. “Solo in Italia!”. Bene, la prossima volta che verrà da lamentarsi forse sarà meglio prima ricordarsi di come funzionano le cose negli Stati Uniti, faro della democrazia liberale.

È passata oltre una settimana

Lo scorso 8 novembre oltreoceano si sono tenute le elezioni di midterm, o di metà mandato, con le quali viene rinnovata l’intera Camera dei Rappresentanti e 35 seggi su 100 del Senato e a cui sono state abbinate le elezioni di 36 governatori. Ci sono voluti quattro giorni perché fosse aggiudicato l’ultimo e decisivo seggio del Senato, quello del Nevada, che qualsiasi sia il risultato del ballottaggio in Georgia, ha assicurato il controllo della camera alta ai Democratici. Sei giorni per avere il dato di una delle corse a governatrice più importanti, quella in Arizona, e ancora non si sa come andrà nell’ultimo Stato ancora da aggiudicare, l’Alaska. Infine, a otto giorni dal voto rimangono da attribuire ancora 9 seggi della Camera dei Rappresentanti e ancora non è ufficiale a chi andrà la maggioranza, anche se ormai pare chiaro che a prevalere saranno i Repubblicani. Di quanto però non è dato saperlo, occorre finire di contare tutti i voti spediti per posta. Al momento siamo 217 a 209, e potrebbe finire 221 a 214, con una maggioranza repubblicana di soli quattro seggi.

La posta in gioco

Spoglio lento, ma si spera sicuro, nonostante in gioco ci fossero i prossimi due anni della presidenza Biden. Con Senato e Camera dei Rappresentanti entrambi in mano ai Repubblicani, infatti, i margini di azione del Presidente degli Stati Uniti sarebbero stati ridottissimi, Biden sarebbe stato la classica “anatra zoppa” (lame duck). Con il Senato a maggioranza democratica, labilissima, ma pur sempre maggioranza, le cose cambiano di molto, ancor di più se nella camera bassa i Repubblicani finiranno col vincere di misura.

Ci vuole quel che ci vuole

Alla fine per avere tutti i risultati serviranno altri due o tre giorni, portando il totale a dieci o undici da quando si è tenuto il voto. Sono tanti? Troppi? Si potrebbe dire che se è questo il tempo che ci vuole per avere risultati corretti e veritieri, allora va bene. Sapere una settimana prima o dopo i dati definitivi non conta poi molto se quel che si sta decidendo è chi farà le leggi per i prossimi quattro anni e il destino del governo per i prossimi due. La democrazia, quella vera, ha il passo lento, negli Stati Uniti così come in Italia.

Alessandro Spaventadi Alessandro Spaventa   

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