Il Papa: anche suore e preti hanno vizio del porno sul web. Ai seminaristi: "State attenti, il diavolo entra lì"
Chissà se parlandone Francesco avesse in mente il disastro di immagine che ha prodotto lo scandalo della pedofilia. Tra le 10 domande a cui il papa risponde ne citiamo parte di alcune significative, condite dalla capacità narrativa del pontefice argentino.

I preti di Francesco. Come li vuole nel nostro tempo mentre il mondo cambia rapidamente. Entro la persistente attualità del rapporto scienza e fede, capaci di umanità sapendo respirare sempre l’odore delle pecore, cioè delle persone affidate alla sua cura pastorale, tra le quali vivere senza mai isolarsi. Il prete di francesco pensato come uomini per gli altri, alla maniera con cui la Chiesa deve restare madre di tutti, vicini e lontani. E in questo saper dialogare, una nota del tutto nuova rispetto temi già trattati dal papa in precedenti incontri è quella di come fare il prete in tempo di guerra e in paesi in guerra. Domanda posta da un sacerdote ucraino.
Ma nuovo anche l’argomento della pornografia digitale, tentazione possibile attraverso la quale entra il diavolo con tutto il suo carico di corruzione. Chissà se parlandone Francesco avesse in mente il disastro di immagine che ha prodotto lo scandalo della pedofilia. Tra le 10 domande a cui il papa risponde ne citiamo parte di alcune significative, condite dalla capacità narrativa del pontefice argentino. E dimostrano la capacità del gesuita Bergoglio di saper praticare quello che suggerisce agli altri di vivere. La risposta del tutto inedita rispetto ad altri incontri similari è quella sul prete in zone di guerra e quella sul rapporto del sacerdote con le tecnologie informatiche.
“Quale è il ruolo – domanda un sacerdote ucraino - che deve svolgere la Chiesa cattolica nei confronti dei territori colpiti dalle guerre, e quale sarebbe il compito dei sacerdoti in quelle regioni?”. La risposta di Francesco rivela fino in fondo anche la sua passione messa nei suoi tantissimi interventi pubblici sull’argomento. La risposta del papa parte dal pensare la Chiesa come madre di tutti i popoli.
“La Chiesa deve soffrire davanti alle guerre, perché le guerre sono la distruzione dei figli. Come una mamma soffre quando i figli non vanno d’accordo o litigano e non si parlano – le piccole guerre domestiche – la Chiesa, la madre Chiesa davanti a una guerra come questa nel tuo Paese, deve soffrire. Deve soffrire, piangere, pregare. Deve assistere le persone che hanno avuto delle conseguenze brutte, che perdono la casa o ferite di guerra, morti… La Chiesa è madre e il ruolo prima di tutto è vicinanza alla gente che soffre. È la madre, è come una madre. E poi è una madre anche creativa di pace: cerca di fare pace in certi momenti… In questo caso non è molto facile, ma il cuore aperto della madre Chiesa… Voi cristiani non prendete partito in questo. È vero che c’è la propria Patria, questo è vero, dobbiamo difenderla. Ma andare oltre, oltre a questo: un amore più universale. E la madre Chiesa dev’essere vicina a tutti, a tutte le vittime. Anzi, pregare per il peccato degli aggressori, per questo che viene qui a rovinarmi la patria, a uccidermi i miei: io prego per questo? E questo è un atteggiamento cristiano. Voi soffrite tanto, il tuo popolo, lo so, sono vicino. Ma pregate per gli aggressori, perché sono vittime come voi. Non si vedono le ferite che hanno nell’anima, ma pregate, pregate perché il Signore li converta e voglia venire la pace. Questo è importante”.
Il rapporto dei preti con le nuove tecnologie informatiche ha provocato una delle risposte inattese di Francesco ma più intriganti perché tocca la tentazione della pornografica informatica possibile anche per i preti. Le nuove tecnologie digitali risponde il papa “credo si debbano usare, perché è un progresso della scienza, fanno un servizio per poter progredire nella vita. Io non li uso perché sono arrivato tardi, sapete? Quando sono stato ordinato vescovo, 30 anni fa, me ne hanno regalato uno, un telefonino, che era come una scarpa, grande così, no? Io dissi: “No, questo non ce la faccio a usarlo”.
E alla fine ho detto: “Farò una chiamata”. Ho chiamato mia sorella, l’ho salutata, poi l’ho restituito. “Regalami un’altra cosa”. Non sono riuscito a usarlo. Perché la mia psicologia non andava o ero pigro, non si sa… Ma voi dovete usarli, dovete usarli solo per questo, come l’aiuto per andare avanti, per comunicare: questo va bene. Ma non posso tralasciare di parlare qui dei pericoli, i pericoli di stare a guardare le notizie di qua, di là, di là e in giro tutta la giornata; o guardare quel programma che mi interessa o quell’altro, perché tu hai tutto alla mano… O mettere questa musica che mi interessa e che non mi lascia lavorare… Bisogna saper usare bene. E su questo c’è anche un’altra cosa, che voi conoscete bene: la pornografia digitale. Lo dico a chiare lettere. Non dirò: “Alzi la mano chi ha avuto almeno un’esperienza di questo”, non lo dirò. Ma ognuno di voi pensi se ha avuto l’esperienza o ha avuto la tentazione della pornografia nel digitale. È un vizio che ha tanta gente, tanti laici, tante laiche, e anche sacerdoti e suore. Il diavolo entra da lì. E non parlo soltanto della pornografia criminale come quella degli abusi dei bambini, dove tu vedi “in vivo” casi di abusi: questa è già degenerazione. Ma della pornografia un po’ “normale”.
"Cari fratelli, state attenti a questo. Il cuore puro, quello che riceve Gesù tutti i giorni, non può ricevere queste informazioni pornografiche. Che oggi sono all’ordine del giorno. E se dal tuo telefonino tu puoi cancellare questo, cancellalo, così non avrai la tentazione alla mano. E se non puoi cancellarlo, difenditi bene per non entrare in questo. Vi dico, è una cosa che indebolisce l’anima. Indebolisce l’anima. Il diavolo entra da lì: indebolisce il cuore sacerdotale. Scusatemi se scendo a questi dettagli sulla pornografia, ma c’è una realtà: una realtà che tocca i sacerdoti, i seminaristi, le suore, le anime consacrate. Avete capito? Va bene. Questo è importante”.
Un altro pericolo è la tentazione della vita comoda nella quale è in agguato il carrierismo “la dimensione arrampicatrice, i sacerdoti arrampicatori, che fanno carriera. Credo che si vedono… In curia no, in curia non succede! Ma da altre parti succede… Quando stai per fare un cambiamento, lì arrivano, dai, dai, dai… l’arrampicatore. Per favore fermatevi, fermatevi. Perché l’arrampicatore alla fine è un traditore, non è un servitore. Cerca il proprio vantaggio e poi non fa niente per gli altri. Io avevo una nonna a cui piaceva farci “catechesi” normali, era migrante e i migranti, con il tempo, i migranti italiani, venivano in America e facevano la casa e l’educazione dei figli…
E la nonna ci insegnava: “Nella vita dovete progredire”, cioè subito i mattoni, la terra, la casa, progredire, cioè fare una posizione, una famiglia e ci insegnava questo. Ma state attenti a non confondere il progredire con l’arrampicarsi, perché l’arrampicatore è uno che sale, sale, sale e quando è su fa vedere il… La nonna diceva la parola! Ti fa vedere, lui è così, ti fa vedere quello. L’unica cosa che gli arrampicatori fanno è il ridicolo, fanno il ridicolo. Questo mi ha fatto bene nella vita. Anzi, quando vengono le informazioni per i vescovi – lei è nella Congregazione dei Vescovi e conosce come vanno le cose –, subito le informazioni dei compagni: questo è un arrampicatore, questo sta cercando il posto… State attenti, cioè la comodità e l’arrampicamento, far carriera”.