"Me lo benedice, il mio bambino?" Ma si tratta di un cagnolino, e il Papa perde la pazienza
Al Regina Caeli il Papa evoca i grandi temi della pace, dei migranti, della donna e della natalità. E poi racconta come è andata con la signora che ha chiesta la benedizione del suo cane
“Oggi in tanti Paesi si celebra la Festa della mamma; ricordiamo con gratitudine e affetto tutte le mamme, quelle che ancora sono tra noi e quelle che sono andate in cielo. Affidiamole a Maria, la mamma di Gesù. E un forte applauso! A Lei ci rivolgiamo chiedendo di alleviare le sofferenze della martoriata Ucraina e di tutte le nazioni ferite da guerre e violenze”.
Auguri alle mamme
Sobrio l’augurio di papa Francesco alle mamme dopo la recita odierna del Regina caeli, ma di sostanza, come lo erano state nei giorni scorsi le forti parole sulla condizione femminile, quelle sull’emergenza infinita dei migranti, dell’ambiente, della pace. Proprio a proposito di pace il papa ha suonato uno spartito di musica che lo rendono caro alla gente. Se fosse Fedor Dostoevskij ad ascoltarlo, Francesco sarebbe descritto come il grande inquisitore delle armi indicate causa radicale dei mali che affliggono il mondo.
La violenza in Palestina
“In questi giorni – ha denunciato subito dopo la recita della preghiera mariana - abbiamo assistito di nuovo a scontri armati tra israeliani e palestinesi, nei quali hanno perso la vita persone innocenti, anche donne e bambini. Auspico che la tregua appena raggiunta diventi stabile, che le armi tacciano, perché con le armi non si otterrà mai la sicurezza e la stabilità, ma al contrario si continuerà a distruggere anche ogni speranza di pace”.
L'incontro con Zelenskyy
Una convinzione altra rispetto al diffuso sentire, proprio anche di Zelenskyy ricevuto ieri pomeriggio in udienza. Prima di recarsi in Vaticano il presidente ucraino aveva ringraziato l’Italia per i sistemi di difesa antiaerea: “Senza i vostri Samp-T, gli armamenti e le sanzioni contro Mosca che avete sostenuto, avremmo avuto molti più morti”. Osservazione pertinente nel mentre la guerra c’è, ma Francesco punta sul prevenire la guerra o di riportarla rapidamente alla pace.
Gli ambasciatori in udienza
Spiazza così le diplomazie di mezzo mondo. Ricevendo in udienza gli ambasciatori straordinari e plenipotenziari presso la Santa Sede d’Islanda, Bangladesh, Siria, Gambia e Kazakistan il papa ha sottolineato che osservando lo scenario mondiale, “anche uno sguardo superficiale potrebbe lasciarci turbati e scoraggiati”. “Pensiamo – a titolo di esempio - a molti luoghi come il Sudan, la Repubblica Democratica del Congo, il Myanmar, il Libano e Gerusalemme, che stanno affrontando scontri e disordini. Haiti continua a vivere una grave crisi sociale, economica e umanitaria. C’è poi, naturalmente, la guerra in corso in Ucraina, che ha portato sofferenza e morte indicibili. Inoltre, vediamo aumentare il flusso di migrazioni forzate, gli effetti del cambiamento climatico e un gran numero di nostri fratelli e sorelle in tutto il mondo che vivono ancora in povertà a causa della mancanza di accesso all’acqua potabile, al cibo, all’assistenza sanitaria di base, all’istruzione e a un lavoro dignitoso. C’è, senza dubbio, un crescente squilibrio nel sistema economico globale”.
La denuncia del commercio delle armi
E’ questo realismo che induce Francesco a una denuncia costante delle armi e del loro commercio. Riferendosi a tante criticità Francesco pone interrogativi che interpellano tutti: “Quando impareremo dalla storia che le vie della violenza, dell’oppressione e dell’ambizione sfrenata di conquistare le terre non giovano al bene comune? Quando impareremo che investire nel benessere delle persone è sempre meglio che spendere risorse nella costruzione di armi letali? Quando impareremo che le questioni sociali, economiche e di sicurezza sono tutte collegate una con l’altra? Quando impareremo che siamo un’unica famiglia umana, che può veramente prosperare solo quando tutti i suoi membri sono rispettati, curati e capaci di offrire il proprio contribuito in maniera originale?”.
Altra strada altra rispetto al metodo Zelenskyy
E’ questa urgenza a far apparire evidente la solidarietà piena con l’Ucraina ma anche la strada altra rispetto al metodo Zelenskyy. Per risolvere la pace. E pertanto entrambi proseguiranno nei rispettivi convincimenti. Almeno per ora. La visione geopolitica di Francesco è animata da grandi ideali di fraternità, di liberazione, di giustizia. E capacità di saper leggere la complessità del reale. Perciò il papa gesuita sa andare anche oltre il modo tradizionale di sentire la storia e la vita delle persone.
L’identità antropologica della donna
Nel giorno della festa della mamma intreccia la semplicità dell’augurio con la profondità di quanto aveva affermato nell’incontro con le donne dell’Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche. “Oggigiorno – ha loro detto il papa - c’è urgente bisogno di trovare la pace nel mondo, una pace che comincia, soprattutto, dentro al cuore, un cuore malato, lacerato dalla divisione dell’odio e del rancore. Oltre alla pace, a essere in pericolo è anche l’identità antropologica della donna poiché viene usata come strumento, come argomento di dispute politiche e di ideologie culturali che ignorano la bellezza con la quale è stata creata. È necessario valorizzare maggiormente le sue capacità di relazione e di donazione, e che gli uomini comprendano meglio la ricchezza della reciprocità che ricevono dalla donna, per recuperare quegli elementi antropologici che caratterizzano l’identità umana e, con essa, quella della donna e il suo ruolo nella famiglia e nella società, dove non smette di essere un cuore pulsante. E se vogliamo sapere che cos’è l’umanità senza la donna, che cos’è l’uomo senza la donna, lo abbiamo nella prima pagina della Bibbia: solitudine. L’uomo senza la donna è solo. L’umanità senza la donna è sola. Una cultura senza la donna è sola. Dove non c’è la donna, c’è solitudine, solitudine arida che genera tristezza e ogni sorta di danno per l’umanità. Dove non c’è la donna, c’è solitudine”.
La signora col cagnolino
Un parlare schietto che parlando agli Stati generali della natalità tira le orecchie garbatamente, magari in forma di racconto: “Due settimane fa, il mio segretario era in Piazza san Pietro e veniva una mamma con la carrozzina. Lui, un prete tenero, si è avvicinato per benedire il bambino… era un cagnolino! Quindici giorni fa, all’Udienza del mercoledì, io andavo a salutare, e sono arrivato davanti a una signora, cinquantenne più o meno; saluto la signora e lei apre una borsa e dice: “Me lo benedice, il mio bambino”: un cagnolino! Lì non ho avuto pazienza e ho sgridato la signora: “Signora, tanti bambini hanno fame, e lei con il cagnolino!”. Fratelli e sorelle, queste sono scene del presente, ma se le cose vanno così, questa sarà l’abitudine del futuro, stiamo attenti”.
I temi della natalità e della migrazione
E nello stesso discorso ha unito con maestria natalità e problema migratorio: “La natalità, così come l’accoglienza, che non vanno mai contrapposte perché sono due facce della stessa medaglia, ci rivelano quanta felicità c’è nella società”. Già le migrazioni, fenomeno mondiale vera spina- ormai - nel fianco delle politiche europee e non solo. Francesco gli ha dedica il Messaggio per la 109a Giornata Mondiale. ““Liberi di partire, liberi di restare – il tema scelto -. Migrare dovrebbe essere sempre una scelta libera, ma di fatto in moltissimi casi, anche oggi, non lo è. Conflitti, disastri naturali, o più semplicemente l’impossibilità di vivere una vita degna e prospera nella propria terra di origine costringono milioni di persone a partire”.
L’impegno in tema comincia “col chiederci che cosa possiamo fare, ma anche cosa dobbiamo smettere di fare. Dobbiamo prodigarci per fermare la corsa agli armamenti, il colonialismo economico, la razzia delle risorse altrui, la devastazione della nostra casa comune”. Il compito principale spetta ai Paesi di origine e ai loro governanti, chiamati ad esercitare la buona politica, trasparente, onesta, lungimirante e al servizio di tutti, specialmente dei più vulnerabili”. Essi però devono essere messi in condizione di fare questo “senza trovarsi depredati delle proprie risorse naturali e umane e senza ingerenze esterne tese a favorire gli interessi di pochi”. Il restare si tratta di “un diritto non ancora codificato, ma di fondamentale importanza, la cui garanzia è da comprendersi come corresponsabilità di tutti gli Stati nei confronti di un bene comune che va oltre i confini nazionali”.