Francesco nella trappola di Mohammed bin Zayed, gli Emirati lo utilizzano per rifarsi un'immagine
Il viaggio di Papa Francesco è uno strumento di propaganda di un Emirato che con 1,5 milioni di abitanti spende in armi 22 miliardi di dollari l’anno, più dell’Italia. E ha un esercito di 30mila mercenari
Un Paese aperto al dialogo e tollerante nei confronti delle minoranze. Indovinate chi è? Ma gli Emirati Arabi Uniti certamente, almeno nella descrizione di un servizio della Rai sul Papa ricevuto ad Abu Dhabi: mai un accenno alla guerra degli Emirati in Yemen, ai massacri contro i civili e gli sciiti e al sostegno dato negli anni ai jihadisti in Siria schierati anche contro i cristiani. Il viaggio di Papa Francesco è uno strumento di propaganda di un Emirato che con 1,5 milioni di abitanti spende in armi 22 miliardi di dollari l’anno, più dell’Italia.
La missione del Papa
Questa missione del Papa viene usata dagli Emirati del principe Mohammed bin Zayed per rifarsi un'immagine deteriorata: gli Emirati finanziano un esercito di 30mila mercenari per far fuori gli Houthi sciiti e i civili yemeniti in una coalizione araba guidata dall’Arabia Saudita e sostenuta dagli Stati Uniti. In realtà si tratta di una sorta di Santa Alleanza sunnita che ha pure decretato il bando del Qatar accusato di essere alleato con i Fratelli Musulmani, il versante perdente dell’Islam politico dopo il fallimento delle primavere arabe. Ma soprattutto si capisce molto bene che sdoganare monarchie assolute come quella degli Emirati, legate all’Arabia Saudita _ e ormai più o meno direttamente anche a Israele _ ha un obiettivo politico ben preciso: quello di stringere in una morsa, utilizzando anche operazioni di immagine, l'Iran il vero nemico degli assolutisti del Golfo e dei jihadisti sunniti, che ha colto insieme alla Russia il successo di tenere in piedi il regime di Bashar Assad e che appoggia i ribelli Houthi in Yemen.
E' caduto in trappola
Se Assad ha manovrato, proteggendoli, i cristiani a suo favore, gli Emirati e i loro alleati come l’Egitto non sono da meno. Adesso il leit motiv di queste disgraziate dittature oscurantiste è quello di mostrarsi dei paladini delle minoranze del dialogo inter-religioso in modo da potere vantare dei crediti verso l’Occidente nella guerra in Yemen, nella repressione interna e in futuro contro gli ayatollah di Teheran. Spiace che il Papa sia caduto in una trappola del genere, come se qui non sapessimo che se ci sono state delle potenze ostili alle minoranze e ai cristiani sono proprio le monarchie del Golfo che hanno appoggiato persino l’Isis e i jihadisti pur di far fuori i regimi sciiti e anche i cristiani. Tanto per dirne una gli Emirati riconoscevano il regime di Talebani di Kabul che decapitava in piazza la gente e sbriciolava i Budda di Bamyan: altro che tolleranza religiosa: ma ormai anche i talebani sono stati sdoganati dagli americani
Le monarchie del Golfo
Agli Stati Uniti, sostenitori di Israele, l’altro nemico di Teheran, questa new wave è funzionale all’obiettivo di mettere l’Iran in un angolo e di contenere la sua influenza in Iraq, Siria, Libano e nei confronti delle popolazioni sciite del Golfo che si oppongono alle dittature. Altro che dialogo inter-religioso. Qui siamo all’uso strumentale della religione per fini politici. Il Papa partecipa all’incontro inter-religioso sul tema “Fratellanza umana” al Founder’s Memorial di Abu Dhabi e dirà una messa alla comunità di immigrati cattolici, in gran parte asiatici ma anche arabi che lavorano qui in condizioni da servitù della gleba. Senza di loro l’economia degli Emirati, popolati da locali nullafacenti, non potrebbe funzionare, perché vi è bisogno di manodopera per i lavori più umili, ma anche di espatriati negli uffici e nella finanza. Certo per la Chiesa è già un grande passo avanti se si pensa alla vicina Arabia saudita dove è proibita perfino la preghiera in privato in una fede diversa dall’islam. Ma dare una patente di credibilità a queste monarchie del Golfo è davvero un po’ troppo.