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Elon Musk e la paypal mafia che ha fatto vincere Trump e tifa per le democrature al posto delle democrazie

L’invasione di campo del padre di Tesla e Starlink: “Via quei giudici”. Le relazioni personali e commerciali tra il governo Meloni e il miliardario sudafricano a cui stiamo per affidare il cuore delle nostre comunicazioni. E le connessioni tra la paypal mafia e la vittoria di Trump

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Donald Trump ed Elon Musk (Ansa)
Donald Trump ed Elon Musk (Ansa)

Forse Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo e che s’immagina di governare gli Stati Uniti per interposta persona, cioè Donald Trump, pensa di indicare la strada anche in Italia. Ma se gli Stati Uniti di Trump si avviano ad essere una democratura visto che il 47 Presidente avrà in mano Casa Bianca, Corte Suprema, Senato e Camera cioè pieni poteri, gli amici italiani di Musk farebbero bene a ricordare al multimiliardario sudafricano naturalizzato negli Usa che l’Italia è ancora una democrazia parlamentare basata sulla divisione dei poteri.

Saranno venuti a molti, anche in maggioranza, sicuramente in zona Quirinale, questi pensieri ieri mattina quando su X, il social di Musk che tanta parte ha avuto nella vittoria schiacciante del tycoon, abbiamo letto il seguente post: “These judges need to go”, questi giudici se ne devono andare. L’immagina a corredo raffigura i centri per le espulsioni in Albania e il tribunale di Roma che per la seconda volta in due settimane ha detto al governo: “Quello che vuoi fare non è possibile farlo perché lo vieta la Corte di giustizia europea che ha una gerarchia superiore alle leggi nazionali”. Sono stati posti quattro quesiti dirimenti circa il concetto di “paese sicuro” dove fare espulsioni veloci. Ora si tratta di aspettare il verdetto per risolvere una volta per tutta la questione. Che a tutti interessa risolvere nel modo migliore perchè tutti sono convinti che gli stranieri irregolari e che delinquono debbano essere espulsi. Facciamo questo, quindi. Ma espellere chi è appena arrivato - e magari sono braccia utili alla nostra perenne ricerca di mano d’opera - questo non si può fare.

L’asse Salvini-Musk

Ora, già sono poco più che sopportabili Matteo Salvini e le sue intemerate - benché sia un vice presidente del Consiglio- contro le toghe rosse “che farebbero bene a candidarsi invece che fare politica con le sentenze”, il dito puntato contro “il messaggio eversivo di giudici che disapplicano le leggi dello stato”. Salvini in buona compagnia con Gasparri e Tajani e con la batteria di dichiaratori seriali di Fratelli d’Italia. A mala pena riusciamo a gestire lo scontro istituzionale tra politica e magistratura. Salvini ha deciso, in base ai sondaggi, che i giudici vanno attaccati su tutto, che il vittimismo giudiziario paga e alla fine cresci nei sondaggi e vinci le elezioni. Esattamente quello che ha fatto Trump nella sua lunga campagna elettorale grazie all’appoggio economico e comunicativo di Musk.

La mossa del padrone di Tesla e, soprattutto, Starlink, da una parte non stupisce dall’altra è altamente inopportuna. Anzi, pericolosa. Musk commenta la notizia postata da una star emergente di X, Mario Nawfal (vero?falso? Non si può mai dire su X) sulla decisione di sospendere la convalida dei trattenimenti a Gjader di 7 migranti provenienti dall'Egitto e dal Bangladesh. “Musk ha ragione” commenta lesto Matteo Salvini, in passato già difeso dal numero 1 di Tesla per la vicenda Open Arms. “Quello del Tribunale di Roma non è uno schiaffo al governo - sentenzia il leader della Lega - bensì una scelta che mette in pericolo la sicurezza e il portafogli degli italiani”. A dir la verità in maggioranza non tutti sembrano pensarla come lui. A marcare le distanze ci pensa Maurizio Lupi, indicato dal presidente del Senato Ignazio La Russa come possibile candidato del centrodestra a sindaco di Milano. “Le parole di Musk sono inopportune - dice senza giri di parole il leader di Noi Moderati - perché, addirittura dall'estero, alimentano uno scontro con la magistratura che il centrodestra non vuole”.

E Meloni riceva il governatore Usa 

Giorgia Meloni preferisce tacere sull’invasione di campo e sulle continue iperbole dell’alleato. In Consiglio dei ministri ieri mattina il tema giudici-Albania non è stato menzionato e comunque non ci sarebbe nessun passo indietro rispetto al Memorandum Italia-Albania. In compenso ieri la premier ha messo al centro della sua giornata l’incontro a palazzo Chigi con il governatore della Florida Ron DeSantis, ex competitor di Trump nelle primarie presidenziali poi suo supporter, uno ancora più a destra su aborto, immigrazione e istruzione. Nessun punto stampa, ovviamente, e nessun comunicato. Non è chiaro se Meloni voglia “usare” Desantis per avvicinarsi a Trump o viceversa. Vedremo. Intanto lo ha ricevuto. Ed è chiaro che hanno parlato della prossima amministrazione della Casa Bianca (la cui definizione Trump sta definendo con grande velocità e con molti falchi), dei rapporti con l’Europa e del posizionamento nella Nato.

Musk e la sovranità italiana

Il punto è che Musk con il suo tweet, oltre a innescare la reazione sdegnata dell'opposizione, soffia sul fuoco di uno scontro vivo tra governo e magistratura e fa una palese invasione di campo nella nostra sovranità nazionale. Il tycoon “si è preso gioco della sovranità dello Stato - tuona infatti il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia -. Ci sono confini ideali che valgono almeno quanto, se non più, dei confini territoriali. Io mi aspetto da chi ha a cuore la difesa dei confini che intervenga: perché Musk non è un privato cittadino ma un protagonista assoluto della vita globale”. La Lega invita l’Anm “a dedicarsi meno a Elon Musk e più al lavoro” con buona pace di Lupi e dei 'pompieri' in campo per domare l'incendio. Per Ernesto Carbone, membro laico del Consiglio Superiore di Magistratura, le parole di Musk sono “pericolose”: “Questi nuovi oligarchi che sfruttano mondi nuovi (come lo spazio, l’etere i social e le nuove tecnologie) per controllare la politica mondiale sono un pericolo per la democrazia. Dopo un’incursione nella politica tedesca” rimarca Carbone richiamando senza citarlo lo “stupido” con cui il patron di Tesla ha apostrofato nei giorni scorsi il Cancelliere Olaf Scholz, “oggi il giurista Elon MUSK entra in modo violento criticando un potere dello Stato. Tutto questo è inaccettabile ma soprattutto pericoloso”.

Musk, Giorgia e Matteo

E’ necessario spiegare bene il tipo di rapporto che esiste non certo da oggi tra il governo Meloni e Elon Musk. Tutti ricordano come poche settimane fa, a fine settembre, la premier avesse chiesto e ottenuto che fosse l’uomo più ricco del mondo a consegnarle a New York il prestigioso Global Citizen Award dell'Atlantic Council, una scelta che in molti avevano inquadrato in una strategia di avvicinamento della presidente del Consiglio al fronte repubblicano e alla nuova Casa Bianca. In quegli stessi giorni - l’occasione era l’Assemblea generale delle nazioni Unite - Meloni ha snobbato la cena del presidente Biden con tutti i capi di stato e di governo. “La donna premier tanto bella dentro quanto fuori” l’ha presentata Musk. “Quel genio di Elon Musk” ha risposto Meloni. Le stesse parole usate da Trump nel discorso della vittoria. Entrambi, Giorgia e Elon, rivendicano un passato comune da underdog in grado di rovesciare i pronostici.
La cerimonia a New York era in realtà il loro terzo incontro, dopo il primo a Palazzo Chigi e quello, altrettanto chiacchierato, sul palco di Atreju. Oggi in molti vedono nel padrone di Tesla il ponte tra Roma e Washington, l’uomo chiave per gettare le basi di un rapporto privilegiato che potrebbe fare di Meloni l’interlocutore di riferimento di Trump in Europa, accanto a quel Viktor Orbàn da sempre schierato dalla parte di 'The Donald’.

L’identikit

E’ bene allora inquadrare, al di là dei complimenti e delle galanterie, i rapporti già in essere tra Musk e palazzo Chigi. Non solo Meloni. Anche Salvini. Ci sono interessi economici, l’intelligenza artificiale, le affinità politiche e personali. Tutto comincia prima ancora delle elezioni, quando il proprietario di X, Tesla e SpaceX nel maggio 2022 scatena una delle sue bufere social con un tweet sulla crisi delle nascite in Italia, “la maggiore minaccia alla civilizzazione”. Musk è l’ospite ancora poco conosciuto nel talk tv di Nicola Porro sui Rete4. Il primo faccia a faccia con Giorgia Meloni a palazzo Chigi risale al 15 giugno 2023, tema principale la lotta alla denatalità. Notare che Musk ha sette figli di cui uno avuto con la Gpa che proprio il governo di centrodestra punta a perseguire come reato universale. L’altro tema in agende nel primo incontro è l’Intelligenza artificiale. Quel giorno il magnate si gode la Capitale girando con una Tesla bianca, fra spaghetti alle vongole e sogliola e una visita esclusiva al Colosseo, dove immagina un impossibile combattimento da “antica Roma” con il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg. L’allora ministro Sangiuliano era ad un passo dal concederlo.Per fortuna abbiano evitato questa pagliacciata.

Quando Meloni ufficializza sui social la rottura da Andrea Giambruno, fra le migliaia di like al suo post spunta anche quello di Musk, che a settembre ha dovuto liquidare le allusioni sugli sguardi di complicità alla serata di gala a New York: “Ero là con la mia mamma. Non c'è assolutamente nessuna relazione romantica con la premier Meloni”. A dicembre 2024 Musk è ospite ad Atreju, la kermesse di FdI, con Rishi Sunak ed Edi Rama.

Le nostre connessioni

E poi c’è il business. Le trattative fra il governo e Tesla per la produzione in Italia di camion e furgoni elettrici, e quelle con Starlink, la costellazione di satelliti di SpaceX per fornire servizi internet a banda larga nelle aree scarsamente servite da altre reti. Cioè, per essere chiari, stiamo per affidare a Musk le nostre comunicazioni. Che lui già controlla in mezzo mondo, Ucraina e Africa comprese. Quell’appalto è oggetto di un’inchiesta della procura di Roma fin cui è indagato anche il braccio destro di Musk in Italia, Andrea Stroppa. incontra anche Salvini nella sua visita in Italia per Atreju: nucleare, Ponte sullo Stretto e libertà, i temi di un incontro a cui seguono messaggi di solidarietà reciproci. Del vicepremier leghista a Musk quando “la Ue propone il bavaglio” ai social, e viceversa per il processo Open Arms: “Quel pazzo pubblico ministero dovrebbe essere lui quello che va in prigione per 6 anni, questo è pazzesco”.

La paypal mafia

Ma torniamo a oggi e al ruolo di Musk nell’amministrazione Trump. Nelle ore convulse che hanno seguito la certezza del trionfo di Donald Trump, molti hanno detto che la dietro la vittoria del tycoon c’è la PayPal Mafia di cui fanno parte alcuni fondatori ed ex dirigenti della società di pagamenti digitali, quasi tutti provenienti dalla Università di Stanford o dell'Università dell'Illinois Urbana-Champaign. Sintetizzando si può dire che sia l’altra parte della Silicon valley, quella rimasta fuori dalle amministrazione democratiche. Alcuni di loro hanno successivamente fondato altre società - da Tesla a LinkedIn, da YouTube a Yelp - oppure hanno preferito investire in start up. Sono comunque sempre rimasti in stretto contatto. I più noti sono Elon Musk, Peter Thiel, Steve Chan e Jaweb Karim. I primi due, che non sono nati in America (Musk è sudafricano, Thiel austriaco), sono le anime del gruppo e hanno nel tempo definito un proprio autonomo posizionamento politico ultraconservatore e ultraliberista che non è necessariamente condiviso dagli altri “mafiosi”. Con loro due ha avuto più recentemente rapporti di lavoro e poi di amicizia JD Vance, l’avvocato, scrittore e senatore eletto ieri vicepresidente. La sensazione è che Vance sia stato imposto da Thiel e Musk a Trump, in cambio di cospicui finanziamenti alla sua campagna e di una serie di comparsate elettorali del fondatore di Tesla e SpaceX e proprietario di X.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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