Il mondo ha bisogno di pace, papa Francesco: “La guerra è un crimine contro l’umanità”
All’Angelus il papa invita i politici coinvolti a cercare soluzioni alternative per risolvere i conflitti
Continua la resistenza di papa Francesco alla follia della guerra e l’invito reiterato alla politica perché imbocchi vie alternative per risolvere i contrasti fra gli Stati. I toni di Francesco sono sempre più decisi e insistenti per la pace. E’ accaduto anche oggi alla recita dell’Angelus domenicale. “E non dimentichiamo - ha esortato pellegrini e fedeli presenti numerosi in Piazza san Pietro - quanti soffrono la crudeltà della guerra in tante parti del mondo, specialmente in Ucraina, in Palestina e in Israele. All’inizio dell’anno ci siamo scambiati auguri di pace, ma le armi hanno continuato ad uccidere e distruggere. Preghiamo affinché quanti hanno potere su questi conflitti riflettano sul fatto che la guerra non è la via per risolverli, perché semina morte tra i civili e distrugge città e infrastrutture.
In altre parole, oggi la guerra è in sé stessa un crimine contro l’umanità. Non dimentichiamo questo: la guerra è in sé stessa un crimine contro l’umanità. I popoli hanno bisogno di pace! Il mondo ha bisogno di pace! Ho sentito, pochi minuti fa, nel programma “A Sua Immagine”, padre Faltas, Vicario della Custodia di Terra Santa a Gerusalemme: lui parlava di educare alla pace. Dobbiamo educare alla pace. Si vede che non siamo ancora – l’umanità intera – con un’educazione tale da fermare ogni guerra. Preghiamo sempre per questa grazia: educare alla pace”. Non si tratta di interventi occasionali in favore della pace e contro la guerra, ma di un disegno convinto e complessivo di Francesco per sostituire la mentalità che trova normale la guerra, con una mentalità generalizzata che alla guerra preferisce la pace e si prepari con una educazione appropriata a gestirla. Un richiamo singolare e imprevedibile sul tema della guerra è contenuto anche nel Messaggio per la Giornata Mondiale del Malato dell’11 febbraio e pubblicato ieri.
“La guerra è la più terribile delle malattie sociali” scrive il Papa che giunge a questa conclusione attraverso un ragionamento basato sull’esperienza e la memoria storica dell’umanità verificata nel periodo del Covid durante il quale tantissime persone malate sono rimaste “terribilmente sole”: pazienti – richiama il pontefice - che non potevano ricevere visite, ma anche infermieri, medici e personale di supporto, “tutti sovraccarichi di lavoro e chiusi nei reparti di isolamento”. Senza poi dimenticare chi ha dovuto affrontare l’ora della morte da solo, assistito dal personale sanitario, “ma lontano dalle proprie famiglie”. La malattia sociale più terribile per cui le persone più fragili pagano il prezzo più alto, tuttavia, è la guerra e il papa partecipa alla condizione di sofferenza e di solitudine di chi, a causa di questa e delle sue tragiche conseguenze, si trova “senza sostegno e senza assistenza”.
Un altro momento di singolare importanza per la riflessione sulla guerra e l’urgenza di escluderla dall’ambito internazionale in consonanza con papa Francesco, è stato quando il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato di Francesco, parlando pochi giorni scorsi all’Accademia dei Lincei sul tema della Santa Sede e gli scenari di pace, ha affermato che “la guerra non è più strumento lecito dell’azione internazionale”. Parolin mettendo a fuoco lo sguardo sul Medio Oriente e ad una guerra che sembra allargarsi con i raid sul Mar Rosso, ha mostrato un lucido realismo nella risposta a chi nota che la voce del papa, tra i pochi leader mondiali a chiedere incessantemente la conclusione del conflitto, resti inascoltata.
“Il Papa – è la risposta dello stesso Parolin che, in quanto diplomatico accorto, non manca di realismo ma anche di pazienza - continua a ripetere i suoi appelli, se è vero che c’è il principio Gutta cavat lapidem (la goccia scava la pietra), speriamo che questi appelli facciano breccia”. Il servizio della pace è “un percorso faticoso ed incerto in un momento in cui la politica internazionale e i suoi leader sembrano restii a lanciare soluzioni”. A questi appelli si accompagna com’è noto - un’attività “di tipo dichiaratamente diplomatico, in maniera abbastanza discreta” da parte della Segreteria di Stato. Nella breve riflessione dedicata al Vangelo domenicale che presenta l’incontro di Gesù con i primi discepoli con l’esito che costoro si sono messi alla sua sequela, annunciandolo, Francesco ha invitato tutti quanti oggi si richiamano al suo nome a porsi con Gesù di Nazaret in una disponibilità analoga ai primi discepoli, cercando, dimorando e annunciando Gesù di Nazaret con le parole e l’esempio. “La fede, insomma - è il messaggio di Francesco - non è una teoria, no, è un incontro, è andare a vedere dove abita il Signore e dimorare con Lui” se poi si vuole annunciarlo. “Il Signore – ripete il papa - non vuole fare proseliti, non vuole “followers” superficiali, il Signore vuole persone che si interrogano e si lasciano interpellare dalla sua Parola”.