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Il miracolo di Notre Dame e il compromesso socialista di Macron: gli occhi del mondo sulla capitale francese

Oggi 40 capi di Stato saranno ai piedi della cattedrale restituita al mondo dopo l’incendio di cinque anni fa. Sarà la prima volta di Trump in Europa a tu per tu, tra gli altri, con Zelensky. Per l’Italia presente Mattarella. Ma Meloni è riuscita ieri sera ad essere inserita. Intanto Macron guida le consultazioni. E i socialisti hanno aperto ad un governo della non-sfiducia

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Macron visita Notre Dame (Ansa)
Macron visita Notre Dame (Ansa)

I grandi della terra, Trump compreso al suo esordio internazionale, ai piedi della Notre dame risorta mentre la Francia cerca la soluzione alla sua crisi politica. Il Presidente Macron cercherà di far “parlare” a quattr’occhi Trump e Zelensky e, anche, di trovare un governo di unità nazionale, un grande centro, senza le estreme,  che levi il paese dallo stallo in cui è precipitato con lo scioglimento anticipato di giugno deciso dallo stesso Macron. Dopo il successo delle destre alle Europee, il Presidente decise di ridare la parola ai francesi per capire se volessero veramente un governo di destra. Per evitare di galleggiare tra un consenso che non era il più quello che lo aveva portato all’Eliseo per la seconda volta nel 2022. Al secondo turno il fronte repubblicano ha retto, ancora una volta. Ma la strana coalizione, appoggiata anche da Le Pen, è saltata appena estrema destra ed estrema sinistra hanno deciso, per interessi personali, che il tempo era scaduto. Melenchon e la sua France Insoumise hanno premuto il pulsante e fatto cadere il governo Barnier perchè convinti delle dimissioni di Macron e di potere “finalmente” tentare la conquista dell’Eliseo. Marine Le Pen perchè ha un processo, la sentenza è attesa per il 31 marzo e, se dovesse andare male, non potrà fare politica per i prossimi cinque anni. Entrambi hanno tentato la spallata. Fallita ancora una volta.  

Notre Dame ombelico del mondo  

E così oggi Parigi diventa, ai piedi della Notre Dame restaurata a cinque anni dall’incendio, l’ombelico del mondo. Nonostante la crisi politica per cui molti detrattori del macronismo stanno esultando in queste settimane. 
Guardare a Parigi per tanti motivi. La “soluzione” francese ci potrebbe riguardare tutti molto da vicino in un breve periodo, un grande centro che taglia via le estreme, o comunque un soluzione che dimostra la necessità dei voti moderati per vincere, a destra quanto a sinistra. Al tempo stesso il faccia a faccia, per quanto informale, fra Trump e Zelensky potrebbe aiutare a capire l’aria che tirerà nei prossimi mesi circa i rapporti con l’Europa, la Nato, e le guerre in Ucraina e in Medioriente. 

Macron sta guidando i negoziati per costruire una maggioranza di “non sfiducia” intorno al centrista Francois Bayrou e bloccare così le manovre dei sovranisti di destra e di sinistra. Ieri giornata di incontri all’Eliseo, giù lunedì potrebbe arrivare una risposta. Oppure, invece, temporeggiare. I presidenti dell’Assemblea nazionale, la macronista Yael Braun Pivet, e il presidente del Senato Gerard Larcher, chiedono di fare presto per evitare che la tensione politica galleggi troppo a lungo nell’aria. Spread e debito stanno volando e la crisi francese sta pesando anche sull’euro. La sinistra chiede invece di rallentare per potersi emancipare dal Nouveau  Front Populaire  dove l’estrema sinistra della France Insoumise resta egemonica. Vedremo.   

L’apertura dei socialisti  

Emmanuel Macron tenta la strada di un “governo di interesse generale” che possa includere anche la sinistra moderata. La grande novità di ieri è che il Partito socialista si è detto pronto a discutere con la coalizione macroniana e la destra sulla base di “reciproche concessioni” per la nomina di un nuovo premier a Matignon. Il segretario del Ps, Olivier Faure, dopo il faccia a faccia all’Eliseo, ha spiegato “tale governo nascerebbe sulla base di un contratto a tempo determinato”. Fino al 2027, data di termine naturale del mandato presidenziale?  Esclusa dalla partita, la leader dell’estrema destra minaccia: “Posso tranquillamente votare un’altra mozione di sfiducia ad un governo” e far cadere anche il prossimo primo ministro. Spesa pubblica e distruzione di ogni alternativa politica: sembrano questi i pilastri della proposta della destra estrana.  

Faure invece si è detto pronto a “compromessi su tutti i temi”, incluso la riforma delle pensioni (che Macron volle portare da 62 a 64 anni),  Faure ha scatenato anche l'ira dei compagni di coalizione nel Nouveau Front Populaire (NAP). A cominciare da Mélenchon. “La France Insoumise - ha tuonato il tribuno in cravatta rossa - non ha dato alcun mandato” al segretario socialista “di negoziare un accordo”. Anche qui, l’obiettivo è sabotare ogni compromesso e continuare ad indebolire Macron per costringerlo alle dimissioni. Cosa che lui ha smentito categoricamente. E questo fa impazzire Le Pen e Melenchon.  “Per entrare in una coalizione con i macroniani - ha rincarato su X il coordinatore Lfi, Manuel Bompard - il Ps è ormai disposto a rinunciare all'abrogazione della pensione a 64 anni. Il giuramento dell'8 giugno 2023 di fare tutto per questa abrogazione è stato già sepolto? Stupefacente”. Sconcertata per l'improvvisa apertura dei socialisti a Macron anche la leader degli ecologisti, Marine Tondelier, che ha invitato il Ps a “non cadere nella trappola”. A destra l’idea delle larghe intese con il Partito socialista irrita anche i Républicains, come il falco ministro dimissionario dell’Interno, Bruno Retailleau: “Alcun compromesso è possibile con la gauche che ha votato una mozione di sfiducia irresponsabile” contro Barnier. Faure ha avvertito che il Ps “non parteciperà in alcun caso ad un governo con un primo ministro di destra”.  Smentendo poi, subito dopo, che Macron abbia chiesto come precondizione ai socialisti di rompere l'alleanza con Mélenchon. Posizioni opposte e speculari dalla destra dei Républicains che danno via libera “a personalità di sinistra non compromesse con Lfi: Didier Migaud, Manuel Valls, Bernard Cazeneuve”.  

Nel toto premier Bayrou, Lecorru, Bertrand e Baroin

Chiunque sarà, il futuro inquilino di Matignon avrà il compito di varare la manovra finanziaria 2025, saltata insieme alla sfiducia a Barnier che chiedeva tagli per  20 miliardi per rimettere in sesto i conti pubblici. Alcune simulazioni dimostrano che con le richieste della sinistra e della destra estrema il debutto pubblico francese cresce a dismisura. Le misure di Barnier lo avrebbero reso stazionario.  Nel totopremier, anche il nome del centrista Francois Bayrou, l'attuale ministro della Difesa Sébastien Lecornu o gli ex ministri Xavier Bertrand e François Baroin.   

Il caso Meloni  

Diciassette milioni di francese hanno seguito il discorso si Macron giovedì sera. Macron ha “usato” Notre Dame come metafora di ripartenza e rinascita e ha fatto appello all’orgoglio nazionale dei francesi. L’annuncio del nuovo primo ministro è atteso non prima di lunedì. Dopo aver riunito a Notre Dame de Paris quaranta leader mondiali. Qui dobbiamo aprire una parentesi tutta italiana. Alla cerimonia è stato invitato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella perché il protocollo prevede che l’invito sia tra pari grado. Il protocollo prevede anche che se c’è Mattarella non ci possa essere il Presidente del Consiglio. E invece, guarda un po’, ieri sera alle 21 è arrivata una modifica dell’agenda della premier Meloni: “Ore 19 Parigi, inaugurazione Notre Dame de Paris”.  La leader che si definisce “ponte tra Trump e l’Europa” poteva mancare alla prima di Trump in Europa? Poteva non essere presente al primo faccia a faccia tra Zelensky e Trump? Mai. Le segreteria hanno lavorato a lungo per inserire Meloni tra gli invitati. Alla fine ci sono riuscite. Probabilmente in quanto Meloni ha ancora per un mese la presidenza del G7.  

Gli occhi del mondo sono su Notre Dame oggi. E magari dopo l'impresa di un cantiere realizzato in soli cinque anni, la Francia dei veleni e delle divisioni potrà cominciare a brillare anche nell'arte del compromesso.  

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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