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Missili su base Unifil: feriti quattro militari italiani della Brigata Sassari. Meloni: "Profonda indignazione"

Secondo le prime informazioni i militari non sarebbero in pericolo di vita. Un team dell'agenzia Onu si sta recando a Shama per verificare la dinamica. L'ipotesi è che si tratti di razzi di Hezbollah

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Foto Ansa
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Quattro militari italiani della Brigata Sassari, impegnati nella missione Unifil nel sud del Libano, sono rimasti feriti dopo che la base di Shama è stata colpita da due missili. Secondo le prime informazioni, i razzi hanno impattato contro un bunker e un edificio circostante, provocando danni significativi e ferite lievi ai soldati a causa delle schegge di vetro e pietrisco sollevate dall’esplosione. Le autorità locali hanno ritrovato resti di missili da 122 millimetri, armi che non sono in dotazione all’esercito israeliano. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha dichiarato che i razzi sarebbero stati lanciati da Hezbollah. "È intollerabile quanto accaduto", ha affermato Tajani, ribadendo la ferma condanna del governo italiano.

Brigata Sassari sotto attacco: l'indignazione delle istituzioni

La presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, ha espresso il proprio sostegno ai militari feriti: "Esprimo la mia solidarietà e di tutta la Sardegna alla Brigata Sassari per gli attacchi subiti. Questi continui attacchi al contingente italiano sono inaccettabili". Todde ha manifestato preoccupazione per la sicurezza dei soldati e vicinanza alle famiglie dei militari. Anche il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso “profonda indignazione” e “vicinanza ai feriti e alle loro famiglie”. Meloni ha sottolineato l’importanza di garantire la sicurezza dei caschi blu Unifil, auspicando che i responsabili vengano individuati al più presto.

Missione Unifil nel mirino: un'escalation pericolosa

La missione Unifil, operativa dal 1978, è attualmente guidata dall’Italia e conta 1.200 militari italiani impegnati in attività di peacekeeping nel sud del Libano. Negli ultimi mesi, le basi Unifil sono state bersaglio di diversi attacchi. Hezbollah e, in altre occasioni, l’esercito israeliano sono stati accusati di aver colpito le postazioni Onu. Gli episodi più recenti includono il bombardamento di una base ghanese da parte di milizie libanesi il 19 novembre e una serie di attacchi alle strutture italiane avvenuti nei giorni precedenti.

Tajani: "Hezbollah dietro l’attacco"

Il ministro degli Esteri ha lanciato un monito diretto: "Se pensano di continuare a fare danni alle basi italiane, hanno sbagliato. I nostri militari non si toccano". Tajani ha ribadito che, pur non essendoci ferite gravi, l’attacco è una provocazione inaccettabile e un rischio per la stabilità dell’intera area.

Crosetto: "Unifil non sia ostaggio delle milizie libanesi"

Anche il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha condannato l’accaduto: "Il contingente italiano offre un’opportunità alla pace e non può diventare ostaggio degli attacchi delle milizie". Crosetto ha inoltre sottolineato l'importanza di un dialogo con il nuovo ministro della Difesa israeliano per evitare che le basi Unifil siano utilizzate come scudi. SUccessivamente il ministro ha "chiesto al rappresentante militare italiano all'Onu di sollecitare un esame approfondito della situazione sul campo e dei rischi, seguito da una presa di posizione chiara delle Nazioni unite che tenendo conto dell'evoluzione in atto, si spenda per allontanare i conflitti dalle basi Unifil. Mi sono infine rivolto al capo delle forze armate libanesi per chiedere anche a lui di spendere la sua leadership nel Paese per garantire la sicurezza dei nostri militari".

Unifil: tra peacekeeping e pericoli crescenti

Il contesto del sud del Libano, già segnato da tensioni tra Israele e Hezbollah, rende il lavoro dei caschi blu sempre più complesso. La missione Unifil, sebbene nata per garantire una tregua, si trova spesso esposta agli scontri armati e alle provocazioni, rendendo difficile il mantenimento della sicurezza nella regione. Le prossime ore saranno cruciali per fare chiarezza sulla dinamica dell’attacco e garantire che episodi simili non si ripetano. Intanto, la presenza italiana nel sud del Libano rimane un simbolo di impegno per la pace, nonostante le crescenti minacce.

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