Ecco perché Boris Johnson ha chiuso il Parlamento: non vuole pagare la Ue
E' un evento che non si verificava da secoli, le opposizioni sono insorte e circolano petizioni per tutto il Paese

Quello che sta accadendo a Londra è di una rara gravità costituzionale e potrebbe aprire una crisi quasi senza precedenti nella storia del regno. La chiusura del Parlamento è un evento che non si verificava da secoli, le opposizioni sono insorte e circolano petizioni per tutto il Paese. E comunque vada il premier Johnson passerà alla storia come Boris il Furbetto.
"Oltre il no deal”
Intanto Dio salvi la regina e la Gran Bretagna: la chiusura del Parlamento è stata voluta dal premier Boris Johnson, capo di un governo che ha un solo voto di maggioranza, per negoziare la Brexit entro il 31 ottobre con l’Unione europea. Posto che l’Unione voglia trattare con un governo più simile a un regime che alla democrazia più antica del continente.
Siamo oltre il “no deal”, cioè l’uscita senza accordo: siamo davanti a quel che rimane della Gran Bretagna, che sta uscendo dalla sua storia e dalle sue tradizioni. Johnson ha così coinvolto pesantemente la regina Elisabetta II, che in base alla “costituzione” inglese basata su convenzioni in teoria avrebbe potuto opporsi. Ma per convenzione appunto non lo si fa, né lo si è mai fatto. La 93enne sovrana non l’ha fatto e ha approvato la richiesta del premier.
La mossa
La mossa di Johnson di chiudere i Comuni può lasciare sorpresi ma da Londra stavano arrivando segnali preoccupanti. Mentre nel pieno della crisi di governo italiana si acceleravano i tempi convocando il Senato, in Gran Bretagna, ad appena due mesi da una decisione epocale come la Brexit, il Parlamento restava chiuso, osservando la lunga pausa estiva con la prevista riapertura del 3 settembre.
Era sconcertante che i deputati britannici non fossero stati convocati con un certo anticipo visto che questo governo conservatore ha un solo risicatissimo voto di maggioranza e che già erano annunciate, al rientro, una mozione di sfiducia contro Johnson e un’altra per convocare eventualmente un altro referendum sull’uscita dall’Unione.
L’emergenza di riunire con una certa fretta il Parlamento, non di chiuderlo, veniva suggerita dal buon senso. Nei giorni scorsi erano uscite informazioni preoccupanti su quando accadrà con un eventuale “no deal”. Secondo un rapporto confidenziale pubblicato dal Sunday Times lo scenario potrebbe essere drammatico: scarsità di generi alimentari, medicinali, carburante; il delicato confine fra Irlanda del Nord britannica e Repubblica d'Irlanda, emblema di una guerra civile, improvvisamente chiuso, porti intasati e code di giorni per i camion che devono attraversare la Manica. Una sorta di paralisi generale di trasporti, commercio, scuole e sanità.
Quale governo democratico non sentirebbe il dovere di andare in Parlamento a discutere una decisione fondamentale come la Brexit e scenari così apocalittici? Non quello di Boris Johnson, un ineccepibile curriculum a Eton e Oxford, storico di formazione, ma anche un irrefrenabile contaballe quando faceva il giornalista.
Il "furbetto"
Johnson dice di volere la sospensione del Parlamento per ottenere un accordo con l’Unione (in particolare sul confine dell’Irlanda del Nord) ma che non è disposto ad andare oltre la data del 31 ottobre: quindi si rischia sempre di più il “no deal”.
La verità è che Johnson è un furbetto. Non vuole pagare i costi del divorzio dall’Unione. Il 25 agosto ha dichiarato: “Se usciamo dalla Ue senza un accordo, è sicuramente vero che i 39 miliardi non sarebbero, strettamente parlando, più dovuti”. In realtà si tratta di 33 miliardi di sterline (circa 36,4 miliardi di euro) e secondo la Commissione europea, che si è espressa in proposito il 30 gennaio, il Regno Unito dovrebbe onorare gli impegni assunti anche in caso di “no deal”. Ma secondo gli esperti non c’è unanimità di vedute. La questione finirebbe quindi certamente davanti ai giudici internazionali perché risolvano il problema. E la faccenda potrebbe durare anni. Ecco dove vuole andare a parare Boris il Furbetto.