Tregua a Gaza, il gabinetto di Israele approva l'accordo sulla tregua. "Se la fase due fallisce, la guerra riprende"
Siglato il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi israeliani, con contropartita la scarcerazione dei prigionieri palestinesi e l'ingresso degli aiuti. Gli Usa: '"Ci aspettiamo che l'intesa parta domenica". Nelle ultime ore oltre 81 morti nei raid

"Dopo aver esaminato tutti gli aspetti politici, di sicurezza e umanitari, e comprendendo che l'accordo proposto sostiene il raggiungimento degli obiettivi della guerra, la Commissione dei Ministri per gli Affari di Sicurezza Nazionale (Gabinetto politico) ha raccomandato al governo di approvare il piano proposto. Il governo si riunirà più tardi oggi". Lo riferisce l'ufficio del primo ministro. Ma il premier Netanyahu ha riferito durante la riunione di gabinetto che Israele "ha ricevuto garanzie inequivocabili da entrambi i presidenti Usa, sia Biden che Trump, che se i negoziati sulla fase due dell'accordo falliscono e Hamas non accetta le richieste di sicurezza, l'Idf tornerà a combattere intensamente a Gaza con il sostegno degli Stati Uniti".
Intanto Hamas fa sapere che renderà noti i nomi dei primi tre ostaggi che libererà domenica, 24 ore prima di consegnarli alle Idf. Domani, quindi, si saprà chi saranno le tre donne, probabilmente civili, che torneranno per prime in libertà nell'ambito della prima fase dell'accordo raggiunto con Israele.
La firma dell'accordo
I negoziatori di Israele, Hamas, Stati Uniti e Qatar hanno firmato ufficialmente a Doha l'accordo per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e il rilascio degli ostaggi, l'ingresso degli aiuti e la scarcerazione di centinaia di detenuti palestinesi. Lo hanno riferito il media israeliano Ynet e il sito americano Axios. Da parte Usa la sigla all'accordo è stata messa da Brett McGurk, principale consigliere del presidente Joe Biden per il Medio Oriente. Al raggiungimento dell'intesa - specifica Axios - ha lavorato anche l'inviato del leader americano eletto Donald Trump, Steve Witkoff.
Gli Usa: "Ci aspettiamo che l'intesa parta domenica"
La prima fase dell'accordo prevede la liberazione di 33 ostaggi (e il contestuale rilascio di centiaia di detenuti palestinesi) e dovrebbe iniziare domenica 19 gennaio a mezzogiorno e un quarto. A Washington, il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, si è detto fiducioso che "domenica sarà possibile iniziare il rilascio degli ostaggi, anche se ci sono ancora alcuni dettagli che devono essere chiariti".
Today, after many months of intensive diplomacy by the United States, along with Egypt and Qatar, Israel and Hamas have reached a ceasefire and hostage deal.
— President Biden (@POTUS) January 15, 2025
My diplomacy never ceased in their efforts to get this done – I will speak more about this soon. pic.twitter.com/iETWhGXEGA
Lo scontro interno: Ben Gvir pronto a dimettersi
Nonostante l'accordo siglato il percorso si presenta comunque travagliato. Oggi dovrebbe arrivare il voto Dopo l'annuncio di dimissioni del falco oltranzista della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, Netanyahu ha incontrato Smotrich per la sesta volta in due giorni, nel tentativo di convincere il capo della coalizione del sionismo religioso a non dimettersi pure lui. Un'ipotesi sul tavolo è che il governo adotti una decisione separata, affermando che la guerra non finirà prima che "Hamas venga distrutto". E comunque, dicono i commentatori israeliani, anche se Smotrich si unisse al falco Ben Gvir votando contro, l'intesa passerebbe comunque sia nel gabinetto di sicurezza che nell'intero governo.
Scontri tra polizia e manifestanti anti-accordo
Manifestanti si sono scontrati con la polizia durante una protesta contro un accordo sugli ostaggi a Gerusalemme. Tre manifestanti sono stati arrestati per disturbo dell'ordine pubblico e per aver danneggiato veicoli in transito durante la protesta. Gli oppositori dell'accordo annunciato sostengono che i suoi termini potrebbero mettere a rischio la sicurezza nazionale, rilasciando un numero significativo di palestinesi condannati per terrorismo, lasciando alcuni ostaggi a Gaza e permettendo ad Hamas di rimanere operativo.
Il G7 "approva e sostiene" l'accordo tra Israele e Hamas
"Appoggiamo pienamente e sosterremo l'accordo di cessate il fuoco raggiunto tra Israele e Hamas", secondo quanto affermano in un comunicato i leader dei Paesi del G7, sottolineando che "si tratta di uno sviluppo significativo che ha il potenziale per garantire il rilascio di tutti gli ostaggi rimanenti, facilitare ulteriormente gli aiuti umanitari urgentemente necessari e aprire la strada ai civili per tornare alle loro case e alle loro vite e ricostruirle". I leader del G7 rimangono allo stesso tempo "inequivocabili" nella loro "condanna di Hamas".
"Sionisti sconfitti"
Salutano l'accordo raggiunto con Hamas e profetizzano un futuro infausto per Israele. Dall'Iran allo Yemen, la retorica dei nemici dello Stato ebraico - attori indiscussi del cosiddetto "asse del male" sciita e della "resistenza ai sionisti" - cerca di rianimare una galassia pesantemente indebolita da 15 mesi di conflitto e individua nella tregua a Gaza l'occasione di riscatto. A Teheran ha tuonato la Guida suprema Ali Khamenei, per il quale "la pazienza del popolo e la fermezza della Resistenza Palestinese e del Fronte di Resistenza hanno costretto il regime sionista alla ritirata". Per la massima autorità religiosa della Repubblica islamica, l'accordo è una "vittoria" per i palestinesi e una "sconfitta" per Israele.
Un'enfasi retorica che non risparmia neanche la Jihad islamica palestinese, che ha salutato come "onorevole" l'accordo. "Il nostro popolo e la sua resistenza hanno imposto un accordo onorevole per fermare l'aggressione" israeliana, ha affermato il gruppo, seconda organizzazione islamista dopo Hamas nell'enclave palestinese che ha annunciato che rimarrà "vigile per garantire la piena attuazione di questo accordo". Fra gli altri attori regionali di questa galassia un posto non secondario lo occupano i ribelli Houthi dello Yemen, fedeli alleati dell'Iran, mobilitati in massa nella loro campagna di confronto contro il loro nemico storico, Israele, e le potenze occidentali, con Stati Uniti e Regno Unito in testa.