"La Catalogna è esempio di apertura, accoglienza e dialogo. Il muro contro muro porterà al disastro"
Non si placa la tensione fra il governo centrale di Madrid e le autorità di Barcellona. La testimonianza di un ricercatore italiano ci dà uno spaccato del clima che si respira in queste ore fra i cittadini catalani
Dopo la mobilitazione straordinaria che ha visto scendere centinaia di migliaia di persone in strada in tutta la Catalogna per protestare contro le violenze della polizia durante il referendum del 1 ottobre, e dopo le dichiarazioni molto dure del Re Felipe in televisione, sembra che Madrid e Barcellona vadano dritte al muro contro muro. I partiti della sinistra e quelli della variegata galassia alutonomista vorrebbero coinvolgere il Psoe per un accordo possibile su un governo alternativo a Rajoy che possa aprire una nuova stagione di riforme, ma questi tentativi sembrano già superati nelle ultime ore dalle affermazioni della portavoce del partito della sinistra indipendentista catalana,Mireia Boya, che afferma che alla plenaria del Parlament di Barcellona lunedì, si "proclamerà l'indipendenza e la Repubblica catalana". In realtà anche i partiti indipendentisti sono divisi su questo punto: l'unica cosa certa è che il governo spagnolo non cederà di una virgola. A raccontarci il clima di tensione, ma anche il tentativo di proseguire nell'operosa quotidianità dei catalani, è Alberto Valenti, ricercatore di diritto del Lavoro all'Università di Girona, che in Catalogna vive da anni insieme alla sua famiglia e parla di una società "aperta, accogliente, dialogante", ben lontana dalla raffigurazione di un populismo sedizioso alimentato esclusivamente dagli egoismi economici. Insomma, una situazione molto più complessa e imparagonabile a quella del referendum in Veneto.
Valenti, abbiamo visto una grandissima partecipazione allo sciopero generale indetto in tutte le città della Catalogna. Significa che la mobilitazione non si fermerà e che abbiamo ancora davanti dei giorni molto duri di confronto?
"Per quel che ho potuto vedere i cittadini e le istituzioni locali della Catalogna procedono rapidamente dopo il referendum veso quella che dovrebbe essere la dichiarazione unica e unilaterale di indipendenza, che si associa anche ad un cambio dell'organizzazione statuale della Catalogna, dalla monarchia alla repubblica. Un doppio cambio, in termini di indipendenza territoriale ma anche per quanto riguarda la forma statuale. Questo significa molto anche alla luce della dichiarazione di ieri sera del Re Felipe alla Tv che ha attaccato duramente le istituzioni locali. E' possibile che si arrivi al muro contro muro, con il governo centrale pronto a proseguire nella sua azione di repressione e ad applicare l'articolo 155 della Costituzione che prevede la sospensione dell'autonomia della Comunità autonoma di Catalogna. Se così fosse, ci si troverebbe di frtonte a un caso limite, mai sperimentato in precedenza. Allo stesso tempo il governo locale proseguirebbe nella via dell'indipendenza. I catalani stanno cercando però un interlocutore esterno, che non può che essere l'Europa. Mentre la sindaca di Barcellona Colau e altri con lei chiedono di riaprire il dialogo e rimettere in campo la politica che finora è stata la grande assente.
In questo momento a Madrid i partiti del "Patto di Saragozza" stanno provando a coinvolgere il Psoe di Sanchez in un'opzione alternativa al sostegno al governo Rajoy. I socialisti si lasceranno convincere ad abbandonare questa maggioranza e costruire un nuovo governo, che possa far ripartire il dialogo istituzionale?
"Il Psoe si muove in un recinto tradizionale di politica costituzionale quindi non vuole aprire a un'azione che vada al di là di quello che è dettato dalla costituzione, ponendosi in una situazione di conservazionedello status quo. La posizione un pò più audace è quella di Podemos che apre le porte anche a una riforma della costituzione spagnola pensandola in termini federali. Ma per i Catalani non è una questione di centro destra o centro sinistra, è una questione di appartenenza, di cittadinanza, di cultura, di storia. E' un movimento trasversale, molto ben organizzato, tanto che in pochissimo tempo hanno costruito uno sciopero che solo a Girona ha contato 60 mila presenze su una popolazione di 100 mila abitanti. A Barcellona c'è stata una manifestazione oceanica, ampia al di là di ogni aspettativa. Sono le conseguenze di quanto accaduto con il referendum del 1 ottobre, con un intervento totalmente fuori misura da parte delle forze dell'ordine spagnole. Anche l'atteggiamento dei mossos e del corpo dei pompieri che hanno cercato di attuare una sorta di interposizione minima per proteggere la popolazione è indicativo di quanto accaduto".
Qual'è il clima che si respira in queste ore fra i cittadini catalani?
"C'è un clima di unità ma anche molto timore per ciò che potrebbe accadere. In questo momento vita ha ripreso a scorrere normalmente, c'è una grande operosità e una grande cultura del lavoro che prevale su tutto. Parlando con le persone si percepisce la grande determinazione a stare al fianco delle istituzioni catalane, che sono comunque orientate a procedere verso la "Dui", la dichiarazione unilaterale di indipendenza. Personalmente mi auguro che prevalga il tentativo di mediazione politica portato avanti dalla Colau. Ma gli errori del Governo centrale sono stati molti, e non sarà facile ricucire"