La Gran Bretagna post-Brexit sfoggia tranquillità: la Quiete PRIMA della tempesta?
L’Inghilterra dei record negativi da pandemia è un paese seduto sopra il cratere di un vulcano pronto a esplodere: quello della finanza. Intanto la Sterlina è ai massimi da sei mesi sul Dollaro e sull’Euro.
All’ingresso del Westminster&Chelsea Hospital, uno dei più grandi ospedali pubblico di Londra, lungo la trafficata Fulham road, sul selciato c’è un graffiti che inneggia alla NHS (la sanità statale inglese) per la loro lotta al Covid. Ma è tutto consunto e sbiadito: era stato realizzato a marzo dell’anno scorso durante la prima quarantena del Regno Unito. Dodici mesi fa ogni giovedì sera alle 19.30 davanti all’ospedale partiva uno scrosciante applauso dei passanti, mentre automobilisti e tassisti che passavano lì davanti suonavano il clacson: era l’omaggio della città agli eroi, medici e infermieri.
Non è rimasto nulla del patriottismo sanitario
Quasi un anno dopo, non è rimasto più nulla di quel “patriottismo” sanitario. Una cappa di apatia e di rassegnazione, sembra gravare sulla città e sul paese. Eppure la situazione è ugualmente drammatica, anzi peggiore, e ci si aspetterebbe una reazione ancor più appassionata e forte della società. Il bollettino giornaliero del virus è drammatico: i numeri sono allarmanti con circa mille morti al giorno e 4.500 ricoverati, un milione e mezzo in totale gli ospedalizzati. Eppure il paese sembra reagire bene. Nei parchi, tutti aperti, è pieno di gente che corre, va in bici; fa ginnastica; di famiglie che vanno a spasso; di bambini che giocano. A Londra il terzo lockdown, nel pieno di un inverno freddo, grigio, con piogge incessanti, sembra impossibile da sopportare. Un’ambigua calma piatta, che è anche frutto dell’understatement britannico, dove non ci si abbandona mai a sceneggiate: il centro di Londra è una ghost town, una città fantasma. Il caos delle stazione della metropolitana di Oxford Circus e Piccadilly è un lontano ricordo; le vie dello shopping sono deserte; i grandi magazzini Selfridge’s, un tempo affollati di clienti, sono vuoti; le decalcomanie sulle vetrine ricordano che sarebbe tempo di “Saldi” e invita ad approfittare degli sconti facendo compere on-line.
Una quarantena leggera
In qualche modo funziona: è una quarantena leggera. Nessun divieto di uscire, nessun obbligo in mascherina (tranne che nella metro e sugli autobus e dentro ai negozi). Uffici sbarrati: si lavora tutti da casa. Supermercati, panetterie, ferramenta, farmacie, cartolerie e pure baracchini dei fiorai sono aperti come sempre. Il resto dei negozi va avanti con la formula “click& collect” (si prenota on-line e si passa a ritirare); i ristoranti fanno solo asporto. E’ un continuo via vai di rider di JustEat e Deliveroo, le app di consegna di cibo a casa. E’ tutto chiuso ma è come se fosse tutto aperto. Negli stadi, il calcio è a porte chiuse (ma in diretta streaming ovunque); cinema, teatri, musei, barbieri ed estetisti, sono gli unici luoghi davvero chiusi.
Seduti sul vulcano
L’Inghilterra dei record negativi da pandemia è un paese seduto sopra il cratere di un vulcano pronto a esplodere. Il vulcano, però, non è il virus, ma la finanza. Gli inglesi hanno stappato champagne francese, rigorosamente importato, la sera del 24 dicembre, quando il premier Boris Johnson ha dato l’annuncio dell’accordo con la Ue. Finalmente, la Brexit era stata fatta e senza dazi e dogane. Un successo: il paese lascia la Ue ma continua ad avere accesso al mercato unico. Nella City di Londra, però, nessuno ha brindato: per l’industria finanziaria, banche e investimenti, non c’è stato alcun accordo. E’ scattata, invece, la Hard Brexit, l’uscita disordinata: i servizi finanziari UK, che danno lavoro a 6 milioni di persone e generano l’80% del Pil, non possono essere più venduti in Ue (salvo accordo da trovare entro giugno). Senza un accordo, questa immensa macchina da soldi, rischia il collasso.
Gli altri segnali
Altri segnali di subbuglio arrivano da varie parti del paese: in Irlanda del Nord, i supermercati hanno alcuni scaffali vuoti: per colpa della Brexit. I rifornimenti di frutta e verdura, che arrivano dal mediterraneo, scarseggiano. La Scozia ribolle: dopo la Brexit, il movimento indipendentista del SNP, ha ripreso forza. Visto che UK ha lasciato la Ue, gli scozzesi vogliono lasciare Uk e rientrare in Europa. Sembra tutta propaganda politica buona solo per qualche corteo se non fosse che a maggio in Scozia si vota e i sondaggi danno in testa proprio il partito indipendentista di Nicola Sturgeon. Un’altra rogna per il Governo.
La Gran Bretagna post-Brexit sfoggia la tranquillità, simil-leopardiana della “Quiete PRIMA della tempesta”. Ma nessuno se ne cura, anzi: la Sterlina è ai massimi da sei mesi sul Dollaro e sull’Euro.