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Il guinzaglio tedesco alla Bce: ecco cosa può succedere all’Italia dopo la sentenza della Corte di Karlsruhe

Maurizio Riccidi Maurizio Ricci   
La sede della Bce (Ansa)
La sede della Bce (Ansa)

C'è ancora l'ombrello della Bce a garantire, in Europa, i titoli di Stato? Nella giornata in cui l'idea originale tedesca della moneta comune, la teoria economica moderna e la realtà della crisi sono arrivate, alla fine, a scontrarsi frontalmente, è la domanda che pongono i mercati finanziari. E la risposta che, ieri, a caldo, a ridosso della esplosiva decisione della Corte costituzionale tedesca che chiama la Banca centrale europea a giustificare, nel giro di tre mesi, la sua politica monetaria espansiva, si sono dati è riassunta in numero: 248 . E' il valore dello spread, la differenza di rendimento tra i titoli italiani e quelli tedeschi. Quasi 15 punti in più del mattino, prima della sentenza di Karlsruhe. Non è una deriva, ma è un campanello d'allarme. Nessuno sa cosa succederà nei prossimi giorni, se le agenzie di rating decideranno di cavalcare la sfiducia, che pezza la stessa Bce e la classe politica europea tenteranno di mettere per stagnare una sentenza giuridica potenzialmente devastante.

 "Una bomba"

La definizione della decisione dei giudici tedeschi, ieri, negli ambienti finanziari, era, infatti, pressoché unanime: “una bomba”. Lo è sul piano giuridico, perché i giudici di Karlsruhe contestano apertamente la Corte di giustizia europea (a cui, in linea di principio, sono sottoposti in materia di diritto comunitario) che ha sostenuto, invece, la legittimità della politica di Quantitative easing, messa in atto, fin dal 2012, da Mario Draghi: è grazie al Qe che, nei forzieri di Francoforte, si sono accumulati 2,6 mila miliardi di euro in titoli di Stato dei paesi europei. A questo punto, qualsiasi altra corte costituzionale nazionale potrebbe arrogarsi lo stesso potere di indirizzare le istituzioni europee: sarebbe il caos.

 Il piano economico

Ma le conseguenze più immediate sono sul piano economico. I giudici di Karlsruhe riscrivono, con qualche disinvoltura, sia i trattati europei che i manuali di economia. La linea di difesa di Mario Draghi prima, di Christine Lagarde oggi, è che la banca centrale europea deve tenere l'inflazione al 2 per cento (atualmente è meno della metà) e deve impedire quella che in gergo si chiama “frammentazione della politica monetaria”, ovvero che i tassi di interesse siano diversi nei vari paesi  dell'euro, come è inevitabile se gli spread (tipo quello Bund-Btp) si allargano. Da qui gli acquisti di titoli per riequilibrare i mercati. I giudici di Karlsruhe obiettano, a sorpresa, che invece la Bce deve bilanciare questo compito con altri fattori: in particolare, la remunerazione dei risparmiatori. Con la stessa logica, anche la piena occupazione potrebbe rientrare negli obiettivi di Francoforte. Ma i giudici costituzionali tedeschi parlano solo degli interessi sui conti correnti, tema sentitissimo in Germania. Per farlo, riscrivono, appunto, i manuali d'economia: difficile, infatti, sventare la deflazione e rianimare l'inflazione senza agire sui tassi di interesse.

Clemens Fuest

In termini semplici e immediati, tuttavia, il senso profondo e la logica della decisione della Corte non li dà la sentenza, ma il più autorevole degli economisti conservatori tedeschi: Clemens Fuest. La sentenza, spiega Fuest, significa che gli aiuti ai paesi deboli della Ue non devono arrivare spingendo sotto zero i tassi di interesse e rastrellando titoli di debito, ma direttamente dai governi e dalla Ue, con le manovre di bilancio. Insomma, tirando fuori soldi veri. Il problema – su cui Fuest sorvola - è che a opporsi a questa politica fiscale, a cominciare dai Coronabond e dai fondi per la ripresa, sono gli stessi ambienti conservatori tedeschi a cui si rifanno sia i giudici di Karlsruhe, sia lo stesso Fuest.

Intorno a questa contraddizione e a questo nodo girerà la politica europea per la ripresa post epidemia, nei prossimi mesi. Tecnicamente, la sentenza della Corte non ha effetti immediati. Se avesse definito subito illegittimi gli acquisti di titoli nell'ambito del Qe, la Bundesbank non potrebbe più fare la sua parte nel programma comune di rastrellamento sui mercati. Altre banche europee potrebbero materialmente sostituirla. Ma è difficile pensare ad un programma così importante, portato avanti senza – e contro – il più importante azionista della banca centrale. Tuttavia, i giudici di Karlsruhe, per ora, non chiedono questo. Si limitano a reclamare dalla Bce che, nel giro di tre mesi, giustifichi la sua politica.

"Non è cambiato nulla" 

Quanto basta perché, negli ambienti politici, si dica che non è cambiato nulla: sia il ministro dell'Economia tedesco, Scholz, sia quello italiano, Gualtieri hanno sottolineato che niente, al momento, impedisce alla Bce di portare avanti la sua politica come ha fatto finora. Da qui ad agosto, aggiungono, Lagarde e colleghi avranno modo di far valere le proprie ragioni. E' un tentativo di spegnere l'incendio  prima che esploda, ma l'impressione è che il materiale combustibile in circolazione sia troppo. La politica monetaria è fatta di fiducia e di credibilità. Tanto più nel momento in cui, viste le esitazioni dei governi ad impegnare fondi contro la crisi, il ruolo della Bce nell'impedire che recessione e deflazione si impongano, affondando paesi deboli come Italia e Spagna, è non solo cruciale, ma di fatto l'unico in campo.

Ma che credibilità ha oggi la politica della Bce, nel momento in cui i giudici di Karlsruhe potrebbero – sia pure ad agosto – toglierle il tappeto sotto i piedi, bloccando la Bundesbank e soffocando il Qe? Tuttavia, c'è di peggio. Il Quantitative easing (il programma di acquisto dei titoli per 120 miliardi di euro al mese) è solo una parte – e non la più importante – del problema. Accanto al Qe, la Bce ha appena lanciato l'assai più corposo programma di rastrellamento (nome in gergo, Pepp) per un ammontare, oggi, di 750 miliardi di euro che – hanno fatto capire a più riprese i dirigenti di Francoforte – sono pronti ad aumentare massicciamente. Di questo nuovo programma, appena lanciato, i giudici di Karlsruhe non hanno avuto il tempo di occuparsi e, dunque, al momento, non è affatto in discussione. Ma, nel board di Francoforte, tutti sono consapevoli che questo nuovo programma è assai più vulnerabile, rispetto ad offensive come quella appena portata al Qe.

I vincoli di Draghi

I vincoli del vecchio programma di Draghi (non detenere più di un terzo dei titoli di Stato in circolazione di un singolo paese; comprare titoli di un paese solo in proporzione alla sua quota del Pil europeo) sono stati discretamente accantonati. Anche se Christine Lagarde e il suo braccio destro, Philip Lane, si guardano bene dal dirlo apertamente, la Bce non è mai stata così vicina a finanziare direttamente, stampando moneta, i disavanzi di paesi come l'Italia. Quasi tutti gli economisti del mondo applaudono, ma il grosso di quelli che risiedono in Germania si prepara invece ad un altro ricorso, a Karlsruhe, contro il nuovo programma. E, sulla scorta della sentenza di ieri, forse anche a vincerlo.

L'ombrello della Bce, insomma, è tornato precario, vulnerabile all'attacco dei mercati e della Corte costituzionale tedesca. La tesi che il debito pubblico italiano, destinato a gonfiarsi oltre ogni record, possa diventare non sostenibile, non può più essere smentita guardando a Francoforte. E' il segno che bisogna rimettere mano ai trattati sulla nascita dell'euro, stesi in un momento storico completamente diverso e superato. Ma è un processo lungo, a cui i politici europei non sono preparati. Anche Scholz e Gualtieri sanno che non c'è da stare tranquilli, neanche fino ad agosto.

 

Maurizio Riccidi Maurizio Ricci   
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