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Google contro tutti: la società di Mountain View presa di mira negli Stati Uniti e in Europa

Pare che all’improvviso il mondo intero abbia deciso di coalizzarsi contro la società proprietaria del motore di ricerca più famoso del mondo, oltre che di youtube e di svariati altri servizi

Alessandro Spaventadi Alessandro Spaventa   
Google (Ansa)
Google (Ansa)

Son tempi duri per Google. Pare che all’improvviso il mondo intero abbia deciso di coalizzarsi contro la società proprietaria del motore di ricerca più famoso del mondo, oltre che di youtube e di svariati altri servizi.

Tra una sponda e l’altra dell’Atlantico

Prima il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, che il 20 ottobre ha citato in giudizio la società accusandola di proteggere illegalmente il suo monopolio sulle ricerche in rete e sulla pubblicità ad esse collegata. Poi la Commissione Europea, che progetta di introdurre a breve una regolamentazione più stringente su contenuti illegali, trasparenza sulla pubblicità e disinformazione, il cosiddetto Digital Services Act. Il tutto mentre su entrambe le sponde dell’Atlantico viene ventilata la possibilità di uno spezzatino societario di un gigante divenuto troppo potente e troppo ingombrante.

Come Microsoft

La causa lanciata dal Dipartimento di Giustizia Americano riecheggia per molti versi le accuse che nel 2004 e poi negli anni successivi la Commissione Europea lanciò contro Microsoft per abuso di posizione dominante. Le accuse vennero poi confermate nel 2012 dalla Corte di Giustizia Europea che impose alla multinazionale americana sanzioni per 860 milioni di euro.

Oggi Google viene accusata dal governo americano di aver stipulato accordi con Apple e con altri produttori di telefoni perché il suo motore di ricerca compaia come scelta di default. Accordi che avrebbero contribuito a garantire alla multinazionale americana una posizione dominante sul mercato.

La cocca di Silicon Valley

«Per molti anni – sostiene il Dipartimento di Giustizia – Google ha utilizzato tattiche anticoncorrenziali per mantenere ed estendere i suoi monopoli nei mercati dei servizi di ricerca e della pubblicità correlata a tali servizi, pietra fondante del suo impero». Aggiungendo che: «vent’anni fa Google divenne la cocca di Silicon Valley, una start-up un po’ alla buona che proponeva una soluzione innovativa per fare ricerche su internet. Quella Google è scomparsa da tempo. La società di oggi è un monopolio per l’accesso a internet e una delle aziende più ricche del pianeta».

Libertà di scelta

Presso la multinazionale di Mountain View non hanno ovviamente la stessa visione. Per loro si tratta di libere scelte dei singoli, non condizionabili da trucchetti sulle impostazioni del telefono, e di tutela dei diritti dei consumatori. Il capo del loro ufficio legale, Kent Walker, in un post ha scritto che «le persone utilizzano Google perché scelgono di farlo, non perché siano costrette o non riescano a trovare alternative». Per lui la causa «non aiuterà i consumatori, anzi, farà in modo che spuntino alternative di ricerca di scarsa qualità, favorirà un rialzo dei prezzi e renderà più difficile per le persone ottenere i servizi di ricerca che desiderano».

Ricchi, ricchissimi

Visioni contrastanti, difficilmente conciliabili. Su una cosa però il Dipartimento di Giustizia ha sicuramente ragione: Alphabet, la società che possiede Google, è una delle più ricche del mondo. Vale 1.040 miliardi di dollari, da sola circa un ventesimo di tutto il PIL degli Stati Uniti, e può contare su riserve di liquidità di 120 miliardi di dollari. Denaro che può tornare utile per spingere il proprio messaggio a chi di dovere: secondo il New York Times nel 2019 la società ha speso 12,7 milioni di dollari per fare lobby negli Stati Uniti. Poco rispetto al giro d’affari dell’azienda, ma tanto per gli standard di Washington, tanto da farle meritare uno dei primi posti nella classifica dello scorso anno delle società che hanno speso di più per azioni di lobby.

Il piano segreto

Come accennato il fronte americano non è l’unico che preoccupa l’azienda statunitense. Segnali preoccupanti provengono anche da quello europeo, tanto da indurre Google ad alzare il tiro a Bruxelles pianificando una campagna di lobby molto aggressiva, almeno a stare a quanto riportato dal Financial Times lo scorso 29 ottobre.

Secondo il documento interno di cui è venuto in possesso prima il settimanale francese Le Point e poi il quotidiano britannico, l’obiettivo sarebbe il commissario europeo per il mercato interno, il francese Thierry Breton, uno dei maggiori sostenitori della necessità di introdurre nuove e più severe regole sul mercato digitale.

L’offensiva europea

L’offensiva della società americana dovrebbe durare due mesi e avrebbe come obiettivo quello di rimuovere «vincoli irragionevoli» al modello d’affari di Google e «resettare la narrativa politica» riguardante la prospettata azione di regolamentazione. Il tutto favorendo il nascere di obiezioni e reazioni all’azione di Breton e indebolendo il sostegno al progetto in quel di Bruxelles. Azioni da condurre dietro le quinte, senza troppa pubblicità, non a caso il documento è riservato e diretto solo ai “need-to-know”, coloro che devono sapere. E basta.

Tra le tattiche incluse nel documento per fermare la nuova legislazione ci sarebbe quella di «delegittimare l’idea che essa non abbia costi per gli europei» e «dimostrare che limita il potenziale di internet… proprio quando le persone ne hanno più bisogno». Più o meno la stessa linea portata avanti negli Stati Uniti.

L’imperturbabile francese

La notizia dell’offensiva europea programmata da Google non ha però smosso più di tanto il commissario Breton - «Sorpreso? direi di no» - ha dichiarato quest’ultimo al Financial Times aggiungendo di essere «determinato ora più che mai a fare la cosa giusta». E la cosa giusta per il commissario francese, che ritiene che i giganti tecnologici siano “too big to care”, troppo grandi per aver cura dei consumatori, potrebbe anche essere quella di procedere con lo spezzatino societario.

Google contro il resto del mondo. Chissà come finirà.

Alessandro Spaventadi Alessandro Spaventa   

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