Se la meglio gioventù russa lascia il proprio paese: la grande fuga da Mosca
Dall’inizio di marzo in migliaia hanno riempito una valigia di vestiti, presso il loro laptop, comprato un biglietto aereo per un paese che non richiedesse loro il visto
Ci sono molte cose della guerra contro l’Ucraina che il presidente russo Vladimir Putin sembra non aver previsto. Tra le tante c’è anche l’effetto che essa ha avuto sui giovani lavoratori e imprenditori del settore hi-tech. Persone abituate a lavorare in un contesto globale, informale, dinamico e vivace, si sono trovate all’improvviso catapultate in un paese tagliato fuori dal loro mondo di riferimento, bloccato dalle sanzioni e caratterizzato da un clima sempre più oppressivo e repressivo.
La valigia sul letto
Dall’inizio di marzo in migliaia hanno riempito una valigia di vestiti, presso il loro laptop, comprato un biglietto aereo per un paese che non richiedesse loro il visto, salutato i genitori e gli amici e si sono imbarcati lasciando senza esitazione il loro paese. Destinazioni preferite: Yerevan, capitale dell’Armenia e Tbilisi, capitale della Georgia.
L’ondata improvvisa
Secondo il New York Times, a marzo un gruppo Telegram che offre informazioni e aiuto per le persone che si trasferiscono dalla Russia in Armenia poteva già contare su 18mila iscritti. Il ministro dell’economia armeno, Vahan Kerobyan, stima che siano almeno 43mila i russi arrivati nel paese in queste settimane, un’ondata improvvisa che sta creando qualche problema. Se da un lato durante il giorno i caffè di Yerevan sono affollati di giovani russi che li usano come ufficio, dall’altro gli affitti degli appartamenti sono schizzati alle stelle. Aziende di software come l’americana Miro hanno addirittura organizzato voli charter per la capitale armena per i propri dipendenti russi e li hanno sistemati in due alberghi al centro della città.
150mila in fuga
Raek, l’associazione russa del settore IT, stima che siano tra le 50mila e le 70mila le persone impiegate nei settori hi-tech che si sono lasciate la Russia alle spalle e prevede che altre 70-100mila seguiranno a breve. In totale, in un paio di mesi circa il 10% della forza lavoro del settore, programmatori, ingegneri elettronici, esperti di cybersicurezza, ha ritenuto che nel proprio paese non ci fosse più un futuro, almeno un futuro prossimo venturo, e ha cercato rifugio altrove. Sono numeri impressionanti in generale, ma ancor di più in un’economia come quella russa basata sulle risorse naturali e che ha necessità di diversificare e innovare la propria struttura.
Un settore in crescita
Il settore della programmazione, delle app, della cybersicurezza e dell’ICT in generale è uno di quelli su cui il governo russo punta per la modernizzazione della propria economia. Esso rappresenta ancora solo il 3% del pil e impiega circa l’1,6% della popolazione attiva, ma è in robusta crescita e ha notevoli punti di forza. Kaspersky, uno degli antivirus più utilizzati, Telegram, la app di messaggistica, o Yandex, un motore di ricerca, sono solo alcuni dei casi più famosi. Ma non c’è solo questo. La forza lavoro qualificata ha attirato numerose banche e grandi società di servizi che in Russia hanno, o meglio avevano prima delle sanzioni, delocalizzato parte dei loro back-office e data-centre.
Bastone e cappello
Ora tutto ciò è a rischio. È a rischio perché le sanzioni hanno determinato la chiusura dei centri e delle società che lavoravano per le aziende occidentali e in un futuro non troppo lontano determineranno la penuria di tecnologia, non sempre sostituibile con quella cinese. Ma è a rischio anche perché il clima sempre più oppressivo, la censura, la crescente putinizzazione della società rendono più difficile non solo lavorare, ma vivere liberamente. Per molti quello che era un futuro pieno di promesse e di opportunità è repentinamente divenuto grigio e ingessato. E così la meglio gioventù ha preso bastone e cappello e si è congedata.