"Gaza? Città fantasma e inesistente", il drammatico racconto di Abood il cooperante ferito tornato a casa con la tregua
“Sono veramente stanco - racconta all’amico Dario Fichera, perfusionista del team di medici della Ong Palestine Children's Relief Fund e volontario dell'associazione ‘Yabasta! Êdî Bese’
Venerdì è iniziata la tregua umanitaria a Gaza, doveva durare quattro giorni ma poi è stata prorogata di altri due giorni. Abood Wael, cooperante del progetto ‘Gaza is alive’, era nel suo letto d’ospedale, nel Jordanian Hospital vicino all’ospedale Al Shifa, quando ha saputo che per qualche giorno l'esercito israeliano avrebbe smesso di bombardare case, scuole, ambulanze ed ospedali.
“Sono veramente stanco - racconta all’amico Dario Fichera, perfusionista del team di medici della Ong Palestine Children's Relief Fund e volontario dell'associazione ‘Yabasta! Êdî Bese’ - percorrere la strada per tornare a casa mia è stato davvero difficile. Davvero molto molto brutto. I militari erano ovunque”. Abood Wael aveva deciso immediatamente di approfittare della tregua e tornare nella sua casa a Nuseirat, al centro della striscia di Gaza, anche solo per accertarsi che ci fosse ancora. Ma è vietato muoversi in macchina, e Abood ha momentaneamente perso l’utilizzo di una gamba in seguito ad una scarica missilistica partita da droni israeliani che, frammentandosi, ha riempito il suo corpo di schegge mentre dava soccorso ad altri feriti. “E’ vietato attraversare il sud in macchina. Ho camminato a piedi, nella sedia a rotelle. Dopo tre ore di cammino siamo stati fermati. Per strada ci sono tantissimi posti di blocco che spesso vengono chiusi” racconta Abood Wael.
“La mia ferita è diventata più profonda, la strada era accidentata, gli eserciti passavano sia davanti che dietro di noi. Eravamo circondati. E’ stato allora che ho visto per la prima volta i veicoli militari israeliani. Si in quel momento li ho visti per la prima volta”. Tra le macerie Abood Wael si è fatto strada, con la sua sedia a rotelle, e la speranza di trovare la sua casa ancora integra. Da quasi venti giorni non sapeva ciò che stava accadendo intorno a lui. L’infortunio è avvenuto il 10 novembre, da allora vedeva solo ciò che accadeva fuori dalla finestra della sua camera, nell’ospedale Jordanian, sentiva i rumori degli spari, dei bombardamenti, ma non sapeva cosa quei rumori stessero causando, o meglio poteva solo immaginarlo.
“Per 17 giorni non ho visto niente. Adesso vedo una città fantasma. Gaza è diventata inesistente. Non c’è niente, solo macerie. Le comunicazioni vengono continuamente interrotte” conclude Abood Wael. Dopo quasi due mesi di incessanti bombardamenti, la tregua umanitaria a Gaza ha dato la possibilità alle persone come Abood di tornare nelle proprie case, ma tante di quelle case non ci sono più. Sui social girano immagini di bambini che giocano tra le macerie, di madri che conversano sedute su quel che resta di un edificio, di giovani che continuano a scavare tra le rovine. La tregua umanitaria è servita alle famiglie per tornare, ma è sempre più evidente la necessità di una soluzione politica permanente che garantisca alle persone di poter restare.