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Francesco tra una suora martire e il cardinale Marx: segni dei tempi per la vita cristiana rinnovata

Il papa ricorda che la Chiesa può superare ogni scandalo anche devastante come la pedofilia non con l’efficienza delle istituzioni ma con il cuore convertito al Vangelo.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
Papa Francesco (Foto Ansa)
Papa Francesco (Foto Ansa)

La tragica morte di suor Maria Laura Mainetti, avvenuta a Chiavenna il 6 giugno 2000 per mano di tre giovani ragazze durante un rito satanico scosse la comunità locale e l’opinione pubblica. La beatificazione di quella suora, una cristiana della vita quotidiana,  coincide oggi con il clamore provocato dalle dimissioni presentate al papa da uno dei cardinali più influenti tra i suoi collaboratori. Ironia della sorte: l’arcivescovo di Monaco e Frisinga che scuote la Chiesa si chiama anche lui Marx: non Karl ma Reinhard e chiede di fare un passo indietro non a motivo di un suo coinvolgimento personale negli scandali di pedofilia, ma perché convinto che l’istituzione, di cui lui pure è parte eminente, non abbia fatto finora abbastanza per arginare un fenomeno globale che ha colpito al cuore la credibilità della Chiesa. Le 3677 persone in gran parte minori che secondo un rapporto commissionato dalla Chiesa tedesca furono abusate dal clero in Germania  tra il 1946 e il 2014, sono risultate un peso troppo grande da sopportare. Lo scandalo gigantesco rischia di vanificare la riforma della Chiesa senza un’assunzione di responsabilità della stessa istituzione e di chi la dirige. Giunta ormai a un punto morto, la Chiesa deve fare qualcosa di più e di diverso.

Tornare al Vangelo

Ebbene, solo in apparenza il martirio di una suora e le dimissioni di un cardinale formalmente virtuoso sono eventi estranei tra loro. Riguardano l’unica Chiesa alle prese di un contrastato cammino di riforma avviato dal concilio Vaticano II. Sono due modi convergenti di cambiare le cose. Due modi di tornare al Vangelo per non vanificare la vita cristiana.  Il cardinale ha spiegato il perché del suo passo indietro. La suora ha dato la sua vita perdonando le ragazze assassine. La sua morte è stata il sigillo eroico di una vita cristiana ordinaria spesa per gli altri. La lettera di Marx incalza i pastori della Chiesa non tanto a fare di più di quanto si è fatto finora, quanto piuttosto a ripensare la cultura di fare istituzione Chiesa cambiando se stessi. Due percorsi che trovano la sintesi nell’azione e nella riflessione di papa Francesco per portare fuori dalle secche la Chiesa, promuovendone una coscienza viva e responsabile di popolo di Dio. Non più una roba da preti che si circondano di laici satelliti del potere sacralizzato, ma comunità fraterna di donne e uomini che si pongono alla sequela di Cristo. Operando in modo conseguente. Rimettere Cristo al centro della Chiesa anziché l’istituzione sacralizzata e intangibile appare compito complicato davvero.

“Cosa farebbe Gesù al mio posto?”.

Le cronache narrano che suor Maria Laura, proclamata oggi beata, davanti a ogni persona si domandava: “Cosa farebbe Gesù al mio posto?”. Se questa domanda semplice, popolare e comprensiva fosse stata in uso nel clero non ci sarebbe stata la piaga della pedofilia o dell’asservimento al denaro, roba estranea del tutto al Vangelo dell’amore di Dio.

“Personalmente – si legge nei passi salienti  della Lettera di Marx al papa -  avverto  la  mia  colpa  e  la  corresponsabilità  anche  attraverso il silenzio, le omissioni e al troppo peso dato al prestigio dell’Istituzione. Soltanto dopo il 2002 e, successivamente, in modo più intenso dal 2010 sono emersi i responsabili degli abusi sessuali. Tuttavia, questo cambiamento di prospettiva non è  ancora  giunto al suo compimento. La trascuratezza e il disinteresse per le vittime è stata certamente la  nostra  più  grande colpa in passato. A seguito del progetto scientifico (studio MHG) sull’abuso sessuale sui minori commissionato dalla Conferenza Episcopale Tedesca, nel duomo di Monaco ho affermato che abbiamo fallito, ma chi è questo “noi“? Certamente vi faccio parte anch’io. E questo significa che devo trarre delle conseguenze personali. Questo mi è sempre più chiaro.  Credo che una possibilità per esprimere la mia disponibilità ad assumermi delle responsabilità sia quella delle mie dimissioni. In tal modo probabilmente potrò porre un segnale personale per nuovi  inizi, per  una  nuova ripartenza della Chiesa e non soltanto in Germania. Voglio dimostrare che non è l’incarico ad essere in primo piano, ma la missione del Vangelo. Anche questo fa parte della cura pastorale.  Pertanto, La prego vivamente di accettare le mie dimissioni. Continuerò con piacere ad essere prete e vescovo di questa Chiesa e continuerò ad impegnarmi a livello pastorale sempre e comunque lo riterrà sensato ed opportuno. Vorrei dedicare gli anni futuri  del  mio  servizio  in  maniera  più  intensa  alla  cura  pastorale  e  impegnarmi  per  un rinnovamento spirituale della Chiesa, così come Lei instancabilmente ammonisce”.

Meno istituzione e più Vangelo.

Chi legge senza pregiudizio questa lettera coglie una sintonia profonda tra il cardinale Marx e Francesco che lo ha tenuto in ruoli di primissimo piano tra i suoi collaboratori. Marx invoca meno istituzione e più Vangelo. Chiede per sé e per la sua comunità cristiana una conversione del cuore più profonda di quella finora realizzata.

“Se ascoltiamo lo Spirito, - ha ripetuto Francesco nella recente festa di Pentecoste - non ci concentreremo su conservatori e progressisti, tradizionalisti e innovatori, destra e sinistra: se i criteri sono questi, vuol dire che nella Chiesa si dimentica lo Spirito”. Forse prevedendo il polverone che poteva venirne fuori dall’imminente sinodo nazionale, Francesco aveva scritto nel 2019 una Lettera “al popolo di Dio che è in cammino in Germania” in lingua originale spagnola, per sollecitare la Chiesa a  tirare le conclusioni di una riforma ecclesiale non più rinviabile e già richiesta dal concilio. Partendo da una visione di Chiesa liberata  da un passato che l’aveva mondanizzata. Da centro di potere a popolo di Dio che cammina insieme avendo lo sguardo fisso in Gesù, misura della sua azione, riferimento della fede. Se così fosse stato sempre, la storia cristiana sarebbe stata molto diversa, affrancata dall’ipocrisia con la quale per secoli si è convissuto con la pedofilia e l’abuso di potere. La riforma di Francesco è nella sostanza una conversione che porti a imitare Dio amore e misericordia. Tutto il resto diventa sacrificabile a questo obiettivo.

L'idea centrale

E’ singolare che Francesco continui a ribadire questa idea centrale  di riforma come frutto di tutto il popolo di Dio. Riforma non soltanto dall’alto ma anche dal basso. L’ultimo segnale in forma di invito lo ha dato ai gesuiti della Civiltà Cattolica in occasione del lancio della rivista in lingua spagnola: “Remate! Remate con passione e risolutezza nella barca di Pietro, da buoni gesuiti. Remate con la vostra penna, dialogando con tutti, puntando verso il mare aperto. Cercate Dio dove si fa trovare, in modo speciale in coloro che hanno fame e sete di quella verità che si traduce in opere di giustizia e di misericordia. Cercatelo nei vari ambiti della riflessione filosofica e teologica dei popoli della Spagna, dell’America Latina e dei Caraibi, nelle loro culture, nei settori della scienza, dell’arte e dell’impegno sociale e politico. Soprattutto in questi tempi di crisi, con la vostra riflessione voi mettete a disposizione di tutta l’umanità il Vangelo del Regno di Dio come risorsa di salvezza per il nostro tempo”. Che è tempo di comprendere che tutto si tiene in cose apparentemente diverse se ci lascia muovere dallo stesso Spirito: il martirio di una suora, anonima sino al momento della sua uccisione, le dimissioni di un cardinale per un sevizio di fraternità, il magistero di Francesco al timone di una barca nella tempesta.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
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