La pace difficile e veritiera di Francesco: non solo Ucraina, sono 18 le emergenze nel mondo
Il messaggio di Pasqua sulla pace come progetto da volere e non solo utopia. Non c'è solo l'Ucraina, sono 18 le emergenze nel mondo. "Ci sono però ancora tante pietre di inciampo, che rendono arduo e affannoso il nostro affrettarci verso il Risorto"
La pace, pensiero dominante nella Pasqua del decimo anno di pontificato di papa Francesco. Pace, declinata in tutte le lingue con un denominatore comune: la sincerità, senza ipocrisie e doppiezza che nelle cancellerie e nei comportamenti politici l’accompagnano in questo tempo di guerra sanguinosa e pericolosa per il mondo intero. L’Ucraina è l’emblema che la guerra non è mai occasionale, ma provocata. Ecco allora perché Francesco si trasforma per l’ennesima volta in un provocatore per la pace. E coglie non solo le celebrazioni liturgiche per lanciare il grido in favore della pace sempre, ma ogni occasione offerta dai media piccoli e grandi, cartacei o telematici a lui serve per sollecitare a fare la pace.
Non solo Ucraina, sono 18 le emergenze
Ben 18 le emergenze di pace nominate oggi dalla loggia centrale della Basilica Vaticana: Gerusalemme, Libano, Tunisia, Haiti, Etiopia e Sud Sudan, Repubblica Democratica del Congo. E inoltre Nicaragua, Eritrea, Burkina Faso, Mali, Mozambico e Nigeria, il Myanmar dei martoriati Rohingya, Siria, Turchia. E prima degli altri, quasi emblema della guerra grande guerreggiata, i popoli di Ucraina e Russia prime vittime della guerra mondiale “a pezzi”. Alla luce della Pasqua racchiusa nel saluto “Cristo è risorto” con cui ha aperto il messaggio, portatore di pace vera e possibile, il papa ha ripetuto il suo appello in un contesto di preghiera rivolta al Risorto. “Aiuta l’amato popolo ucraino nel cammino verso la pace, ed effondi la luce pasquale sul popolo russo. Conforta i feriti e quanti hanno perso i propri cari a causa della guerra e fa’ che i prigionieri possano tornare sani e salvi alle loro famiglie. Apri i cuori dell’intera Comunità internazionale perché si adoperi a porre fine a questa guerra e a tutti i conflitti che insanguinano il mondo, a partire dalla Siria, che attende ancora la pace. Sostieni quanti sono stati colpiti dal violento terremoto in Turchia e nella stessa Siria”.
Francesco ragiona da papa della Chiesa cattolica e non può essere diversamente, ma si rivolge a tutti in termini ragionevoli: “A Pasqua la sorte del mondo è cambiata e quest’oggi, che coincide pure con la data più probabile della risurrezione di Cristo, possiamo rallegrarci di celebrare, per pura grazia, il giorno più importante e più bello della storia”. A Pasqua, insomma, “il cammino accelera e diventa corsa, perché l’umanità vede la meta del suo percorso, il senso del suo destino, Gesù Cristo, ed è chiamata ad affrettarsi incontro a Lui, speranza del mondo. Affrettiamoci anche noi a crescere in un cammino di fiducia reciproca: fiducia tra le persone, tra i popoli e le Nazioni. Affrettiamoci a superare i conflitti e le divisioni e ad aprire i nostri cuori a chi ha più bisogno. Affrettiamoci a percorrere sentieri di pace e di fraternità. Gioiamo per i segni concreti di speranza che ci giungono da tanti Paesi, a partire da quelli che offrono assistenza e accoglienza a quanti fuggono dalla guerra e dalla povertà”.
L'augurio
Davanti a questo panorama di difficoltà, violenze, conflitti Francesco ripete tre volte l’augurio che diventa auspicio e progetto: “Pace a voi”. Lo stesso saluto che Cristo rivolse agli apostoli subito dopo la risurrezione. Francesco tuttavia rimane un “non ingenuo”. “Lungo il cammino – osserva - ci sono però ancora tante pietre di inciampo, che rendono arduo e affannoso il nostro affrettarci verso il Risorto”. In proposito è stato più esplicito nel Messaggio inviato al settimanale italiano L’Espresso: “Bisogna avere il coraggio di disarmare i cuori. Di smilitarizzarli, di togliere il veleno e il risentimento. E bisogna anche avere il coraggio di dire no al riarmo al quale stiamo purtroppo assistendo, perché la vera pace non può nascere dalla paura”. E’ a questo punto che Francesco mostra l’importanza di far riferimento a Cristo, fondatore di una pace altra rispetto ai labili trattati politici. Si assiste al curioso fenomeno che mai come in tempo di guerra che nessuna delle parti in causa vuole chiudere, tutti ripetono di essere schierati per la pace e di volerla. E’ un tempo di massima ipocrisia sulla pace. Francesco forse perché più volte ha denunciato l’equivoco resta un papa molto elogiato e poco ascoltato. La pace che propone è indivisibile dalla giustizia e dalla dignità di ogni persona.
Il disarmo
A suo giudizio il disarmo integrale non è un’utopia a condizione che si percorra una strada diversa dalle furbizie diplomatiche. Lo dice nella stessa preghiera rivolta a Gesù Risorto perché illumini i governanti: “Conforta i rifugiati, i deportati, i prigionieri politici e i migranti, specialmente i più vulnerabili, nonché tutti coloro che soffrono la fame, la povertà e i nefasti effetti del narcotraffico, della tratta di persone e di ogni forma di schiavitù. Ispira, Signore, i responsabili delle nazioni, perché nessun uomo o donna sia discriminato e calpestato nella sua dignità; perché nel pieno rispetto dei diritti umani e della democrazia si risanino queste piaghe sociali, si cerchi sempre e solo il bene comune dei cittadini, si garantisca la sicurezza e le condizioni necessarie per il dialogo e la convivenza pacifica”. Non demorde Francesco che ha in serbo l’arma della nonviolenza appresa dal Risorto di Nazaret, che la mattina di Pasqua tramutò in gioia il dolore dei discepoli e delle donne che lo avevano seguito. Le donne che vanno a visitare la tomba “pensano che Gesù si trovi nel luogo della morte e che tutto sia finito per sempre. A volte succede anche a noi – riflette il papa - di pensare che la gioia dell’incontro con Gesù appartenga al passato, mentre nel presente conosciamo soprattutto delle tombe sigillate: quelle delle nostre delusioni, delle nostre amarezze, della nostra sfiducia, quelle del “non c’è più niente da fare”, “le cose non cambieranno mai”, “meglio vivere alla giornata” perché “del domani non c’è certezza”.
Riaquistare la memoria
Anche noi, se siamo stati attanagliati dal dolore, oppressi dalla tristezza, umiliati dal peccato, amareggiati per qualche fallimento o assillati da qualche preoccupazione, abbiamo sperimentato il gusto amaro della stanchezza e abbiamo visto spegnersi la gioia nel cuore”. Per dare una chance rinnovata alla pace, Francesco propone così di “riacquistare la memoria che rigenera la speranza, la “memoria del futuro” con la quale siamo stati segnati dal Risorto”.