Francesco influenzato non salta l’Angelus: i nuovi appelli per Ucraina e Palestina
Il Pontefice fa leggere il testo a un suo collaboratore. Il dialogo unica via della pace. il Papa sarà a Dubai a fine settimana per COP28

“Oggi, non posso affacciarmi dalla finestra perché ho questo problema di infiammazione ai polmoni e a leggere la riflessione sarà monsignor Braida che le conosce bene perché è lui che le fa e le fa sempre così bene. Grazie tante per la vostra presenza”. Inedito l’inizio odierno a sorpresa dell’Angelus nell’ultima domenica dell’Anno liturgico che coincide con la festa di Cristo Re. Inedito per l’intensità del messaggio di Papa Francesco che ha ricordato con forti accenti i gravi problemi del mondo attualmente costituiti dalle guerre in Ucraina e Palestina, ma anche dalla crisi climatica. E proprio per questo motivo il papa ha confermato in diretta televisiva la sua partecipazione alla COP28 in programma a Dubai dalla fine di novembre al 13 dicembre. Francesco farà un viaggio breve (1-3 dicembre) nel quale prenderà la parola in assemblea e incontrerà diversi esponenti politici in alcuni incontri bilaterali per incoraggiare passi avanti per cercare di arginare il riscaldamento climatico.
“Oltre che dalla guerra, - è il parere del papa - il nostro mondo è minacciato da un altro grande pericolo, quello climatico, che mette a rischio la vita sulla Terra, specialmente le future generazioni. E questo è contrario al progetto di Dio, che ha creato ogni cosa per la vita. Perciò, nel prossimo fine settimana, mi recherò negli Emirati Arabi Uniti per intervenire sabato alla COP28 di Dubai. Ringrazio tutti coloro che accompagneranno questo Viaggio con la preghiera e con l’impegno di prendere a cuore la salvaguardia della casa comune”.
Nel dopo Angelus letto per intero da monsignor Paolo Braida, suo stretto collaboratore in qualità di capo ufficio alla Segreteria di Stato, Francesco ha espresso soddisfazione per la tregua tra Israele ed Hamas, incoraggiando un ampliamento del dialogo. “Oggi – sono le parole del pontefice - ringraziamo Dio perché tra Israele e Palestina c’è finalmente una tregua e alcuni ostaggi sono stati liberati. Preghiamo che lo siano al più presto tutti – pensiamo alle loro famiglie! –, che entrino a Gaza più aiuti umanitari e che si insista nel dialogo: è l’unica via, l’unica via per avere pace. Chi non vuole dialogare non vuole la pace”. Parole precedute da un robusto pensiero all’Ucraina. Ieri la martoriata Ucraina ha commemorato l’Holodomor, il genocidio perpetrato dal regime sovietico che, 90 anni fa, causò la morte per fame di milioni di persone. Quella lacerante ferita, anziché rimarginarsi, è resa ancora più dolorosa dalle atrocità della guerra che continua a far soffrire quel caro popolo”.
Sulla tragedia dell’Holodomor avvenuta 90 anni fa sotto il regime staliniano era intervenuto anche il segretario di Stato Pietro Parolin durante una messa commemorativa dei milioni di morti celebrata nella Basilica di sant’Andrea della Valle. Holodomor per il segretario di Stato fu una pagina terribile della storia ucraina, come oggi lo è la guerra “spietata” in corso causa della distruzione enorme del Paese che “che si teme ancora maggiore e più funesta nei mesi invernali che si avvicinano”. Lo sguardo di Francesco ha considerato altre situazioni conflittuali, con un invito a continuare a pregare senza stancarsi “per tutti i popoli dilaniati dai conflitti perché la preghiera è la forza di pace che infrange la spirale dell’odio, spezza il circolo della vendetta e apre vie insperate di riconciliazione”. A questo punto Francesco, rimasto concentrato e composto ascoltando la lettura, ha allungato un braccio quasi per meglio vedere le pagine lette dal monsignore lasciando quindi intravedere la mano destra con l'ago a farfalla permanente che evidenzia il fatto che il Papa riceve in questa fase medicinali opportuni tramite endovenosa. La mano destra incerottata è apparsa ancor più chiaramente quando ha impartito la benedizione ai fedeli che seguivano la recita, guidata dal pontefice, dagli schermi di Piazza san Pietro. Il primo pensiero di Francesco dopo la recita della preghiera mariana è stato tuttavia per i giovani. Ha infatti sottolineato che “oggi si celebra nelle Chiese particolari la 38ª Giornata Mondiale della Gioventù, sul tema Lieti nella speranza. Benedico quanti prendono parte alle iniziative promosse nelle diocesi, in continuità con la GMG di Lisbona. Abbraccio i giovani, presente e futuro del mondo, e li incoraggio a essere protagonisti gioiosi della vita della Chiesa”.
Commentando il Vangelo odierno il papa ha rilevato che “ci parla del giudizio finale e ci dice che esso sarà sulla carità”. La scena è quella di una sala regale. Tutti i popoli sono radunati ai spiedi di Gesù e tra essi spiccano «i benedetti», gli amici del Re. “Ma chi sono? Che cos’hanno di speciale questi amici agli occhi del loro Signore? Secondo i criteri del mondo – chiarisce Francesco - gli amici del re dovrebbero essere quelli che gli hanno dato ricchezze e potere, che lo hanno aiutato a conquistare territori, a vincere battaglie, a farsi grande fra gli altri sovrani, magari a comparire come una star sulle prime pagine dei giornali o sui social, e a loro egli dovrebbe dire: “Grazie, perché mi avete reso ricco e famoso, invidiato e temuto”. Secondo i criteri di Gesù, invece, gli amici sono altri: “Sono coloro che lo hanno servito nelle persone più deboli. Questo perché il Figlio dell’uomo è un Re completamente diverso, che chiama i poveri “fratelli”, che si identifica con gli affamati, gli assetati, gli stranieri, gli ammalati, i carcerati, e dice: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». È un Re sensibile al problema della fame, al bisogno di una casa, alla malattia e alla prigionia: tutte realtà purtroppo sempre molto attuali. Affamati, persone senza tetto, spesso vestite come possono, affollano le nostre strade: le incontriamo ogni giorno. E anche per ciò che riguarda infermità e carcere, tutti sappiamo cosa voglia dire essere malati, commettere errori e pagarne le conseguenze”. Ebbene, il Vangelo è la conclusione del papa “oggi ci dice che si è “benedetti” se si risponde a queste povertà con amore, col servizio: non voltandosi dall’altra parte, ma dando da mangiare e da bere, vestendo, ospitando, visitando, in una parola facendosi vicini a chi è nel bisogno. E questo perché Gesù, il nostro Re che si definisce Figlio dell’uomo, ha le sue sorelle e i suoi fratelli prediletti nelle donne e negli uomini più fragili. La sua “sala regale” è allestita dove c’è chi soffre e ha bisogno di aiuto. Questa è la “corte” del nostro Re. E lo stile con cui sono chiamati a distinguersi i suoi amici, quelli che hanno Gesù per Signore, è il suo stesso stile: la compassione, la misericordia, la tenerezza. Esse nobilitano il cuore e scendono come olio sulle piaghe di chi è ferito dalla vita.