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Francesco e la guerra pericolosa che può sfuggire di mano

Il papa sta con le vittime perciò è disponibile a recarsi a Kiev, ma la sua posizione non è assimilabile a nessuna delle forze in campo. Il Pontefice da Malta spiega le ragioni della pace

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
Francesco a Malta (Ansa)
Francesco a Malta (Ansa)

Le parole e i gesti di Francesco a Malta su guerra e pace dicono chiaramente che il papa sta oltre Putin e Biden e tirarlo per la giacca, per tenerlo da una parte o dall’altra, è impresa difficile. Il papa sta decisamente dalla parte della popolazione sotto le bombe o costretta a sfollare e, forse, piuttosto con l’Europa che potrebbe mediare, ma non ne ha la forza e alla quale ha tirato le orecchie per la storia delle armi all’Ucraina.

Se si parte dal punto di vista della popolazione sofferente, lo scenario cambia e si comprende anche il desiderio e la disponibilità del papa di andare a Kiev. Ipotesi sul tappeto, ma per nulla definita come lo stesso Francesco ha chiarito a un giornalista sull’aereo in volo per Malta. Il papa a Kiev è una prospettiva che nella mente di tanti potrebbe curare la ferita aperta della guerra da cui tutti vorrebbero uscire presto, ciascuno portando la sua parte di bottino come avviene in ogni conflitto. Potrebbe anche segnare il fallimento definitivo per impedire l’allargamento del conflitto, sempre dietro l’angolo finché non si veda il cessate il fuoco e la contesa risolta con la trattativa piuttosto che con le armi di difesa e di offesa. Il punto di vista del papa è più sgombero di qualsiasi altro perché non offuscato da poteri e dai demoni della potenza e prepotenza.

Cosa è giusto per la gente

Non è guidato dalle ragioni del più forte ma da cosa sia il più giusto per la gente. E soprattutto dall’urgenza - sbandierata davanti a tutti in ripetute circostanze – di cambiare visione ideologica, economica e politica rispetto al presente se si vuole evitare lo sbocco alla terza guerra mondiale, finora combattuta a pezzi in conflitti solo apparentemente locali. E allora in tale contesto anche la presenza a Kiev di Francesco potrebbe avere un significato non di talismano, bensì di una nuova aurora di pace. Già, la pace. Francesco ne parla quasi sempre abbinata a guerra, mentre desidera parlare solo di pace relegando la guerra in un’isola lontana, non trovata ancora. E pertanto anche il papa ha parlato di pace proprio in un’isola, Malta unica al mondo per la sua singolarità storica e di collocazione geografica, di antichissima tradizione cristiana, crocevia di naufraghi del Mediterraneo e ora di profughi del Sud del mondo, ossia di quelli che disturbano non poco le nostre società opulente. Proprio il conflitto in Ucraina ne ha rivelato la capacità discriminatoria perfino verso gli immigrati. A Malta dunque con Francesco per qualche pensiero nuovo, diverso su pace e guerra, capace di mettere in crisi anche in maniera disinvolta, perfino ipocrita talvolta, l’essere cristiani dimentichi del Vangelo della misericordia. Visto con la lente della misericordia, propria del Dio di Gesù Cristo, la vicenda umana – quella presente compresa – sarebbe un’altra cosa, perché liberata dall’angoscia e dalle paure che egoismi e rincorsa al denaro per se stessi fomentano.

L'Europa ricordi le sue radici

A proposito della guerra in corso il papa richiama indirettamente l’Europa a ricordarsi delle sue radici umanistiche e cristiane alla maniera di un amministratore Giorgio La Pira che, volendo davvero la pace, si adoperò per rendere il Mediterraneo un mare attivo di pace. Da lui è partita la riflessione radicalmente pacifica di Francesco con la forza di un appello. Per Francesco, Malta per la sua posizione può essere definita il cuore del Mediterraneo. Era la voce di Giorgio La Pira, che (nel 1962) disse: «La congiuntura storica che viviamo, lo scontro di interessi e di ideologie che scuotono l’umanità in preda a un incredibile infantilismo, restituiscono al Mediterraneo una responsabilità capitale: definire di nuovo le norme di una Misura dove l’uomo lasciato al delirio e alla smisuratezza possa riconoscersi”. Parole attuali, a parere di Francesco. “Possiamo ripeterle - ha detto nell’incontro con le autorità, la società civile e il Corpo diplomatico - perché hanno una grande attualità. Quanto ci serve una “misura umana” davanti all’aggressività infantile e distruttiva che ci minaccia, di fronte al rischio di una “guerra fredda allargata” che può soffocare la vita di interi popoli e generazioni! Quell’“infantilismo”, purtroppo, non è sparito. Riemerge prepotentemente nelle seduzioni dell’autocrazia, nei nuovi imperialismi, nell’aggressività diffusa, nell’incapacità di gettare ponti e di partire dai più poveri. Oggi è tanto difficile pensare con la logica della pace. Ci siamo abituati a pensare con la logica della guerra. Da qui comincia a soffiare il vento gelido della guerra, che anche stavolta è stato alimentato negli anni. Sì, la guerra si è preparata da tempo con grandi investimenti e commerci di armi. Ed è triste vedere come l’entusiasmo per la pace, sorto dopo la seconda guerra mondiale, si sia negli ultimi decenni affievolito, così come il cammino della comunità internazionale, con pochi potenti che vanno avanti per conto proprio, alla ricerca di spazi e zone d’influenza. E così non solo la pace, ma tante grandi questioni, come la lotta alla fame e alle disuguaglianze sono state di fatto derubricate dalle principali agende politiche”.

Parole chiare

Parole chiare che non assolvono in realtà nessuna delle parti in causa seppure con differenti responsabilità. Solo le vittime sono salvate. Lo ha sottolineato l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas, nunzio Vaticano  Kiev chiosando sull’Angenzia Sir le parole del papa per la visita nella capitale ucraina per la quale non c’è per ora nulla di più. “Una guerra così, chi la ferma? Nessuno. Le Nazioni Unite? Non esistono. Il Consiglio di sicurezza? Non esiste. Alla fine, siamo tutti a nudo. L’umanità è incapace a risolvere questa guerra. Qui, non si tratta più del Papa. Secondo me, tutta l’umanità deve essere unita. Il mio sogno allora sarebbe vedere tutte le autorità morali del mondo unirsi, stringersi e fare insieme tutto ciò che è possibile per fermare non solo questa guerra ma tutti i conflitti del mondo”. “Qui in Ucraina – prosegue il nunzio – questa guerra è uscita fuori da tutte gli argini delle leggi umanitarie. Ieri il direttore del più grande ospedale pediatrico di Kiev mi ha raccontato al telefono che stanno curando i bambini alcuni dei quali i militari hanno sparato con predeterminazione alla testa. Non si tratta quindi di ferite dovute a colpi ricevuti per caso ma di soldati che mirano al bambino e gli sparano in testa. La guerra produce questi fatti. La guerra è da condannare sempre perché tocchiamo tutte le brutalità che produce”.

Il suggerimento deciso

E qui il suggerimento deciso di Francesco da Malta: “La soluzione alle crisi di ciascuno è prendersi cura di quelle di tutti, perché i problemi globali richiedono soluzioni globali. Aiutiamoci ad ascoltare la sete di pace della gente, lavoriamo per porre le basi di un dialogo sempre più allargato, ritorniamo a riunirci in conferenze internazionali per la pace, dove sia centrale il tema del disarmo, con lo sguardo rivolto alle generazioni che verranno! E gli ingenti fondi che continuano a essere destinati agli armamenti siano convertiti allo sviluppo, alla salute e alla nutrizione”. Proprio la genuinità dell’interesse del papa alla pace è dichiarata dal seguito: “Guardando ancora ad est, vorrei infine rivolgere un pensiero al vicino Medio Oriente, che si riflette nella lingua di questo Paese, la quale si armonizza con altre, quasi a ricordare la capacità dei maltesi di generare benefiche convivenze, in una sorta di convivialità delle differenze. Di questo ha bisogno il Medio Oriente: il Libano, la Siria, lo Yemen e altri contesti dilaniati da problemi e violenza. Malta, cuore del Mediterraneo, continui a far pulsare il battito della speranza, la cura per la vita, l’accoglienza dell’altro, l’anelito di pace, con l’aiuto di Dio, il cui nome è pace”. Se alla geopolitica il papa addossa le proprie responsabilità, la sua parola non risparmia neppure la pigrizia dell’essere religiosi. A cominciare dalla sua Chiesa, proprio partendo dallo spunto di Gesù che perdona la donna peccatrice a differenza dei suoi ipocriti accusatori, ritenuta gente per bene.

Il pericolo di fraintendere Gesù

“Fratelli e sorelle – ha detto nell’omelia della messa davanti a 20 mila fedeli - questi personaggi ci dicono che anche nella nostra religiosità possono insinuarsi il tarlo dell’ipocrisia e il vizio di puntare il dito. In ogni tempo, in ogni comunità. C’è sempre il pericolo di fraintendere Gesù, di averne il nome sulle labbra ma di smentirlo nei fatti. E lo si può fare anche innalzando vessilli con la croce. …Il Signore desidera che anche noi suoi discepoli, noi come Chiesa, perdonati da Lui, diventiamo testimoni instancabili di riconciliazione: testimoni di un Dio per il quale non esiste la parola “irrecuperabile”; di un Dio che sempre perdona, sempre. Dio sempre perdona. Siamo noi a stancarci di chiedere perdono. Un Dio che continua a credere in noi e dà ogni volta la possibilità di ricominciare. Non c’è peccato o fallimento che, portato a Lui, non possa diventare un’occasione per iniziare una vita nuova, diversa, nel segno della misericordia. Non c’è peccato che non possa andare su questa strada. Dio perdona tutto. Tutto”. Se mai mediazione al conflitto ucraino ci sarà da parte di Francesco e del Vaticano, bisognerà ricordarsi di questa parola: riconciliare. Sempre più ardua con il prolungarsi del conflitto: E allora? Pregare ora per la pace – ha esortato all’Angelus da Malta - pensando alla tragedia umanitaria della martoriata Ucraina, ancora sotto i bombardamenti di questa guerra sacrilega. Non stanchiamoci di pregare e di aiutare chi soffre”.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
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