Francesco: "L’Europa si salva se salva i migranti"
Appello del papa per non rendere il Mediterraneo il mare dei morti. La stessa democrazia a rischio senza la solidarietà verso i poveri. Nel campo profughi il clou del viaggio a Cipro e in Grecia
Da Moira, il campo profughi a cielo aperto più grande d’Europa, cinque anni fa Papa Francesco lancio un appello vibrante al mondo e all’Europa in particolare perché finisse il tempo dei fili spinati aprendosi all’accoglienza. Oggi dalla “Reception and Identification Centre” a Mytilene, Francesco lancia analogo appello ma pieno di amarezza perché poco o niente è cambiato nei confronti dell’emergenza migratoria.
Brutti segnali si diffondono in Europa che fatica ad accogliere gli immigrati considerandoli un problema dei poveri e non delle società sicure e sviluppate. Ma se non salva gli immigrati, se non riconosce dignità e diritti ai poveri e agli esclusi dal benessere, l’Europa tentata dal sovranismo e dall’egoismo – ammonisce Francesco - non salverà neppure se stessa. Circondandosi di fili spinati e di muri per rendersi sicura dagli immigrati che bussano a ondate alle sue porte mette seriamente a rischio la sua stessa democrazia. Gli egoismi alimentano i sovranismi con tutti i pericoli che comportano per la democrazia e la libertà. Il grido di Francesco è risuonato ogni giorno di questo viaggio per scuotere il torpore europeo che rischia seriamente di perdere il patrimonio di umanità e di ospitalità che ha ereditato non solo dal cristianesimo ma dalle sue radici di cultura classica che ha trovato nell’antica Atena un faro che tuttora può illuminarla nelle scelte della politica attuale. Non c’è solo passione per l’uomo e per la cultura europea nell’appello di Francesco, ma la lucida visione della fine che l’Europa sta preparandosi se non respinge la tentazione di chiudersi nei suoi privilegi. E’ una sveglia alla politica perché metta al centro il bene comune e specialmente dei poveri e degli esclusi. La buona politica non allarga il campo di chi soffre per miseria o di quanti sono in cerca di benessere e felicità.
Le parole del Papa
Ma come di consueto, quando il papa tocca corde attinenti la condizione umana, che le sue parole e i suoi gesti non hanno bisogno di essere spiegati, quanto piuttosto ascoltati e messi in pratica, così è accaduto anche nel viaggio apostolico in Grecia e a Cipro. Non si è contentato di cercare consenso quanto piuttosto di predicare verità e solidarietà contro l’ipocrisia, iniziando con la sua Chiesa e con le Chiese cristiane. Ha ricordato i cattivi esempi dati nel passato dai cristiani, ha chiesto perdono e provato vergogna per le tante colpe, ma non ha risparmiato la franchezza di richiamare la politica internazionale – europea in particolare – a operare da politica di servizio e non da rincorsa a benefici per pochi. Come poche altre volte ci sono dei passaggi nei discorsi di Francesco che meritano di essere riletti e ripensati da credenti e non credenti: riguardano la casa comune ambientale e riguardano la politica e l’economia.
“Mentre si stanno faticosamente portando avanti le vaccinazioni a livello planetario e qualcosa, pur tra molti ritardi e incertezze, sembra muoversi nella lotta ai cambiamenti climatici, - ha detto Francesco nella sua visita a Lesbo (Mitilene) - tutto sembra latitare terribilmente per quanto riguarda le migrazioni. Eppure ci sono in gioco persone, vite umane! C’è in gioco il futuro di tutti, che sarà sereno solo se sarà integrato. Solo se riconciliato con i più deboli l’avvenire sarà prospero. Perché quando i poveri vengono respinti si respinge la pace. Chiusure e nazionalismi – la storia lo insegna – portano a conseguenze disastrose…È un’illusione pensare che basti salvaguardare se stessi, difendendosi dai più deboli che bussano alla porta. Il futuro ci metterà ancora più a contatto gli uni con gli altri. Per volgerlo al bene non servono azioni unilaterali, ma politiche di ampio respiro. La storia, ripeto, lo insegna, ma non lo abbiamo ancora imparato. Non si voltino le spalle alla realtà, finisca il continuo rimbalzo di responsabilità, non si deleghi sempre ad altri la questione migratoria, come se a nessuno importasse e fosse solo un inutile peso che qualcuno è costretto a sobbarcarsi!”.
Cinque anni – ha poi ricordato - sono passati dalla visita compiuta qui con i cari Fratelli Bartolomeo e Ieronymos. Dopo tutto questo tempo constatiamo che sulla questione migratoria poco è cambiato…Ma dobbiamo amaramente ammettere che in Europa c’è chi persiste nel trattare il problema come un affare che non lo riguarda…quante condizioni indegne dell’uomo! Quanti hotspot dove migranti e rifugiati vivono in condizioni che sono al limite, senza intravedere soluzioni all’orizzonte! Eppure il rispetto delle persone e dei diritti umani, specialmente nel continente che non manca di promuoverli nel mondo, dovrebbe essere sempre salvaguardato, e la dignità di ciascuno dovrebbe essere anteposta a tutto! È triste sentir proporre, come soluzioni, l’impiego di fondi comuni per costruire muri, per costruire fili spinati. Siamo nell’epoca dei muri e dei fili spinati. Certo, si comprendono timori e insicurezze, difficoltà e pericoli. Si avvertono stanchezza e frustrazione, acuite dalle crisi economica e pandemica, ma non è alzando barriere che si risolvono i problemi e si migliora la convivenza”.
In diverse società “si stanno opponendo in modo ideologico sicurezza e solidarietà, locale e universale, tradizione e apertura. Piuttosto che parteggiare sulle idee, può essere d’aiuto partire dalla realtà: fermarsi, dilatare lo sguardo, immergerlo nei problemi della maggioranza dell’umanità, di tante popolazioni vittime di emergenze umanitarie che non hanno creato ma soltanto subito, spesso dopo lunghe storie di sfruttamento ancora in corso. È facile trascinare l’opinione pubblica istillando la paura dell’altro; perché invece, con lo stesso piglio, non si parla dello sfruttamento dei poveri, delle guerre dimenticate e spesso lautamente finanziate, degli accordi economici fatti sulla pelle della gente, delle manovre occulte per trafficare armi e farne proliferare il commercio? Perché non si parla di questo?
Vanno affrontate le cause remote, non le povere persone che ne pagano le conseguenze, venendo pure usate per propaganda politica! Per rimuovere le cause profonde, non si possono solo tamponare le emergenze. Occorrono azioni concertate. Occorre approcciare i cambiamenti epocali con grandezza di visione…Soprattutto, se vogliamo ripartire, guardiamo i volti dei bambini. Troviamo il coraggio di vergognarci davanti a loro, che sono innocenti e sono il futuro. Interpellano le nostre coscienze e ci chiedono: “Quale mondo volete darci?” Non scappiamo via frettolosamente dalle crude immagini dei loro piccoli corpi stesi inerti sulle spiagge. Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi. Questo grande bacino d’acqua, culla di tante civiltà, sembra ora uno specchio di morte. Non lasciamo che il mare nostrum si tramuti in un desolante mare mortuum, che questo luogo di incontro diventi teatro di scontro! Non permettiamo che questo “mare dei ricordi” si trasformi nel “mare della dimenticanza”. Fratelli e sorelle, vi prego, fermiamo questo naufragio di civiltà!
Nell’incontro in Atene con le autorità civili e religiose, la società civile e il corpo diplomatico, Francesco ha offerto spunti di riflessione per nulla ambigui sull’Europa, proprio richiamandosi alla storia della classica Atene: “Qui è nata la democrazia. La culla, millenni dopo, è diventata una casa, una grande casa di popoli democratici: mi riferisco all’Unione Europea e al sogno di pace e fraternità che rappresenta per tanti popoli. Non si può, tuttavia, che constatare con preoccupazione come oggi, non solo nel Continente europeo, si registri un arretramento della democrazia. Essa richiede la partecipazione e il coinvolgimento di tutti e dunque domanda fatica e pazienza. È complessa, mentre l’autoritarismo è sbrigativo e le facili rassicurazioni proposte dai populismi appaiono allettanti.
In diverse società, preoccupate della sicurezza e anestetizzate dal consumismo, stanchezza e malcontento portano a una sorta di “scetticismo democratico”. Ma c’è pure “uno scetticismo nei confronti della democrazia provocato dalla distanza delle istituzioni, dal timore della perdita di identità, dalla burocrazia. Il rimedio a ciò non sta nella ricerca ossessiva di popolarità, nella sete di visibilità, nella proclamazione di promesse impossibili o nell’adesione ad astratte colonizzazioni ideologiche, ma sta nella buona politica. Dal parteggiare al partecipare. “Ma anche il temporeggiare europeo perdura: la Comunità europea, lacerata da egoismi nazionalistici, anziché essere traino di solidarietà, alcune volte appare bloccata e scoordinata. Se un tempo i contrasti ideologici impedivano la costruzione di ponti tra l’est e l’ovest del continente, oggi la questione migratoria ha aperto falle anche tra il sud e il nord”.