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La compassione di Francesco per Ucraina, Libia, Sri Lanka. Un cammino di crescita cristiana

All’Angelus domenicale il papa richiama i cristiani a essere buoni samaritani, discepoli della via di Gesù per cambiare davvero la vita della gente. Allo studio una visita a Kiev e Mosca.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
Francesco (Ansa)
Francesco (Ansa)

Ancora utopia, direbbe qualcuno; papa Francesco in realtà è convinto che cambiare le cose, fermare la guerra, vivere in pace, tessere una rete di solidarietà con i poveri e i tanti che faticano a vivere per redditi insufficienti è possibile. La prima condizione, specialmente in Occidente di tradizione cristiana, è quello di convertirsi davvero alla “Via di Gesù”, il fratello universale, davanti al quale nessuno che sia ferito o bisognoso passa senza essere soccorso. La parabola del buon samaritano, universalmente nota, ma scarsamente praticata, ricordata nel Vangelo domenicale, dopo la preghiera dell’Angelus, è stata applicata dal papa in particolare a tre emergenze sulla ribalta internazionale: la guerra in Ucraina, la Libia paralizzata da lotte intestine, lo Sri Lanka alle prese con povertà e rivolta sociale.

L'appello alla pace

“Mi unisco al dolore del popolo dello Sri Lanka, - ha detto Francesco - che continua a subire gli effetti dell’instabilità politica ed economica. Insieme ai Vescovi del Paese, rinnovo il mio appello alla pace e imploro coloro che hanno autorità di non ignorare il grido dei poveri e le necessità della gente. Desidero – ha aggiunto - rivolgere un pensiero speciale al popolo della Libia, in particolare ai giovani e a tutti coloro che soffrono a causa dei gravi problemi sociali ed economici del Paese. Esorto tutti a cercare nuovamente soluzioni convincenti, con l’aiuto della comunità internazionale, attraverso il dialogo costruttivo e la riconciliazione nazionale. E rinnovo la mia vicinanza al popolo ucraino, - ha concluso - quotidianamente tormentato dai brutali attacchi di cui fa le spese la gente comune. Prego per tutte le famiglie, specialmente per le vittime, i feriti, i malati; prego per gli anziani e per i bambini. Che Dio mostri la strada per porre fine a questa folle guerra”. La preoccupazione per la Guerra in Ucraina ormai è divenuta quotidiana per papa Francesco.  Lo ha testimoniato anche l’arcivescovo Paul Richard Gallagher suo stretto collaboratore per i rapporti con gli Stati e la politica internazionale. Proprio Gallagher nei giorni scorsi si è lasciato sfuggire la possibilità che il papa -dopo il viaggio in Canada che Francesco compirà nell’ultima settimana di luglio - concretizzi il suo desiderio di recarsi a Kiev e a Mosca. Se il papa avrà retto la prova del faticoso viaggio in Canada, allora si prenderà in considerazione seriamente una visita a Kiev e a Mosca. Si studierà la possibilità concreta di visitare la capitale ucraina. Lo stesso papa ha sempre legato i due viaggi per verificare margini di accordi di pace tra i belligeranti. La visita a Kiev potrebbe addirittura compiersi in agosto. “Possibilmente, - è stata la risposta dei Gallagher - non lo escluderei, però molto dipende dai risultati del viaggio in Canada, vediamo come il Papa resisterà a questo viaggio che è anche molto impegnativo e poi vediamo”.

I contatti con Mosca

Sui contatti con Mosca per la possibilità di un viaggio a Mosca, Gallagher ha detto: “I nostri contatti con la Federazione Russa in questo momento sono piuttosto istituzionali tramite il nunzio apostolico a Mosca e tramite l’ambasciatore russo qui presso la Santa Sede. Oltre a questo non ci sono tanti contatti diretti o personali”. L’arcivescovo ha aggiunto: “Mentre siamo preoccupatissimi per le questioni ucraine e la risoluzione della guerra, in pari tempo siamo preoccupati per il futuro dei Balcani occidentali”. Come si vede tutta la situazione internazionale è attualmente un colabrodo e rimettere insieme i cocci della pace non è per nulla facile né scontato. “Si celebra oggi la Domenica del Mare – è stato l’ultimo appello della domenica di Francesco -. Ricordiamo tutti i marittimi, con stima e riconoscenza per il loro prezioso lavoro, come pure i cappellani e i volontari di “Stella Maris”. Affido alla Madonna i marittimi che si trovano bloccati in zone di guerra, perché possano tornare a casa”. Si comprende l’urgenza che il papa mette ai cristiani di imitare concretamente il buon samaritano. Davanti a questa parabola evangelica “può capitare di colpevolizzare o colpevolizzarsi, di puntare il dito verso altri paragonandoli al sacerdote e al levita: “Ma questo o quello vanno avanti, non si fermano!”, oppure di colpevolizzare sé stessi enumerando le proprie mancanze di attenzione verso il prossimo. Ma io vorrei suggervi un altro tipo di esercizio. Non tanto quello di incolparci, no; certo, dobbiamo riconoscere quando siamo stati indifferenti e ci siamo giustificati, ma non fermiamoci lì. Lo dobbiamo riconoscere, è uno sbaglio, ma chiediamo al Signore di farci uscire dalla nostra indifferenza egoistica e di metterci sulla Via. Chiediamogli di vedere e avere compassione.

La richiesta della grazia

Questa è una grazia, dobbiamo chiederla al Signore: “Signore che io veda, che io abbia compassione, come Tu vedi me e Tu hai compassione di me”. Questa è la preghiera che oggi suggerisco a voi: “Signore che io veda, che io abbia compassione, come Tu vedi me e hai compassione di me”. Che abbiamo compassione di coloro che incontriamo lungo il cammino, soprattutto di chi soffre ed è nel bisogno, per avvicinarci e fare quello che possiamo per dare una mano. Tante volte, quando mi trovo con qualche cristiano o cristiana che viene a parlare di cose spirituali, io domando se fa l’elemosina. “Sì”, mi dice – “E, dimmi, tu tocchi la mano della persona alla quale dai la moneta?” – “No, no, la butto lì.” – “E tu guardi gli occhi di quella persona?” – “No, non mi viene in mente.” Se tu dai l’elemosina senza toccare la realtà, senza guardare gli occhi della persona bisognosa, quella elemosina è per te, non per lei. Pensa a questo: “Io tocco le miserie, anche quelle miserie che aiuto? Io guardo gli occhi delle persone che soffrono, delle persone che aiuto?” Vi lascio questo pensiero: vedere e avere compassione”.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
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