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L'eredità di Bergoglio, i tanti dossier aperti. Lotta ad abusi, stretta su finanze, donne, natura e temi sociali

Il nuovo Papa, quindi, già al momento della sua elezione, ha davanti a sé una serie di dossier su cui intraprendere valutazioni, adottare decisioni, metter già in atto il suo 'munus' di pastore universale della Chiesa.

di Fausto Gasparroni - Vaticanista   
L'eredità di Bergoglio, i tanti dossier aperti. Lotta ad abusi, stretta su finanze, donne, natura e...

Dopo la morte di papa Francesco e alla vigilia del Conclave, l'idea di dover raccogliere l'eredità del Pontefice scomparso era un pensiero che poteva far tremare le vene e i polsi a chiunque. I tanti fronti di riforma, compiuti o ancora in corso, i tanti cantieri aperti lasciati da Francesco, i "processi avviati" come li chiamava lui, sono altrettanti capitoli di cui scrivere un futuro e su cui, se possibile, non fermarsi, né tanto meno tornare indietro. Il nuovo Papa, quindi, già al momento della sua elezione, ha davanti a sé una serie di dossier su cui intraprendere valutazioni, adottare decisioni, metter già in atto il suo 'munus' di pastore universale della Chiesa.

L'eredità che ha lasciato dietro di sé papa Bergoglio, comunque, a parte il Giubileo in corso, è di vastissimo respiro, e ci si attende che venga perseguita in una linea di "continuità" che, secondo molti cardinali, "non è in discussione". Ecco, quindi, il complesso di riforme da portare a compimento lungo il cammino della rinnovata Chiesa "missionaria" ed "evangelizzatrice", a cui Francesco ha imposto il suo forte slancio rifondatore.

Un percorso che, non senza pesanti ostacoli, Bergoglio ha seguito con determinazione nei suoi dodici anni di pontificato, con le riforme in primo luogo finanziarie, poi della Curia con l'inedito mandato 'di governo' anche ai laici e alle donne, sulla protezione dei minori e la "tolleranza zero" sugli abusi sessuali, su temi sociali come la protezione dell'ambiente, e col proprio atteggiamento personale di radicalità cristiana, di vicinanza ai più poveri, ai migranti, agli 'scartati', di indefessa abnegazione in favore della pace, della fratellanza umana e del dialogo con le altre religioni.

Un insieme di spinte in avanti che hanno rimesso in primo piano molti dei propositi ancora inattuati del Concilio Vaticano II, finora gravati da contrarietà e passività all'interno della Chiesa. Senza contare l'ultimo grande cantiere aperto da Francesco, quello della Chiesa 'sinodale', su cui a parte i due Sinodi già svolti il Papa defunto ha indetto un ulteriore triennio per l'attuazione, con una grande e finale "assemblea ecclesiale" già programmata per l’ottobre del 2028.

Un'eredità, quindi, in buona parte già scritta quella che deve raccogliere il neo-eletto, e 266/o successore di Pietro. Che dovrà riprendere in mano tutte le riforme e su di esse agire secondo le proprie sensibilità e priorità. Oltre che con la necessaria autorevolezza e capacità di governo, qualità indispensabili per la massima guida di un organismo della complessità e vastità della Chiesa cattolica.

È tutt'altro che un mistero che nella Chiesa ci sia chi vorrebbe fare piazza pulita di molte delle innovazioni di Francesco, in particolare in campi come la pastorale della famiglia (c’è chi non nasconde di non aver ancora digerito la comunione ai divorziati risposati) o peggio ancora le benedizioni alle coppie gay, o anche i rapporti con le altre religioni, oppure certe fughe in avanti tuttora mal sopportate. E non mancano capitoli su cui Francesco non ha voluto o saputo andare fino in fondo, come quello dei preti sposati o del diaconato femminile.

Pur tra le molte resistenze, però, l’opinione dei più nella Chiesa cattolica è che sulla rivoluzione imposta da Bergoglio in tanti settori ecclesiali "non si può fare marcia indietro", anche perché questo porterebbe un enorme discredito sulla Chiesa cattolica, in particolare tra le nuove generazioni.

Tra le prime decisioni da prendere, a strettissimo giro, c’è quella se confermare o no il viaggio che papa Francesco aveva detto più volte di voler fare in Turchia, per il 1700/o anniversario del Concilio di Nicea, il primo concilio ecumenico cristiano: un viaggio che la Santa Sede non ha mai annunciato ufficialmente, a causa delle condizioni di salute di Bergoglio, e che solo dalle fonti turche, in particolare il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, era stato dato per certo, ma su cui da parte vaticana i preparativi sono andati avanti, con sopralluoghi e preliminari sul posto, tanto che la trasferta papale sarebbe pressoché pronta. La data tra l’altro incombe: le commemorazioni a Iznik, l'antica Nicea, 130 km a sud-est di Istanbul, sono previste attorno al 25 maggio, quindi tra pochissimo. Spetta però al nuovo Papa decidere se compiere già ora questo primissimo viaggio del Pontificato.

di Fausto Gasparroni - Vaticanista   
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