[L’analisi] Erdogan ha un piano per la sostituzione etnica
Il presidente Erdogan avrebbe fatto esplicito riferimento al piano di “reinsediamento” in un incontro tenuto il 24 gennaio scorso nel complesso presidenziale di Bestepe ad Ankara, affermando che gli abitanti della regione sarebbero "per il 55 per cento arabi, per il 35 per cento curdi e per il resto turcomanni". Peccato che le cifre siano esattamente inverse, a favore della popolazione curda, da sempre a maggioranza nella regione
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Sarebbero ormai quasi 1000 i “terroristi” curdi uccisi o catturati dall’inizio delle operazioni ad Afrin, in Siria dal 20 gennaio. A renderlo noto sono le forze armate di Ankara, che notoriamente con l’appellativo “terrorismo” indicano senza distinzioni le formazioni politiche di ispirazione indipendentista così come le unità combattenti curde dell’Ypg, protagoniste della resistenza allo Stato Islamico durante le fasi cruciali del conflitto siriano e riconosciute a pieno titolo, con l’appoggio determinante degli USA, all’interno della coalizione anti-Isis di cui la stessa Turchia fa parte. Non è dato sapere, nella contabilità dei “terroristi” neutralizzati quanti militanti e quanti civili siano finora rimasti uccisi dell’operazione turca all’interno del popoloso cantone di Afrin, a maggioranza curda. L’allarme umanitario è altissimo dopo che il comando delle Unita' di protezione del popolo curdo ha annunciato l’afflusso di migliaia di civili volontari ad Afrin, pronti a sostenere le milizie resistenti curde e a fare da “scudi umani” per difendere la città dall’assedio turco. Si parla per la precisione di circa 500 combattenti in viaggio dalle province di Aleppo e di al Hasaka e 2000 persone disposte a fare da “scudi umani” contro l’aggressione turca.
Così Erdogan intende ottenere il secondo mandato
Avviata il 20 gennaio scorso dalle Forze armate turche in Siria settentrionale, l’operazione “Ramo d’ulivo” è nata ufficialmente per garantire la sicurezza della frontiera turco-siriana. Ma l’obiettivo politico potrebbe essere molto più ampio. La Turchia infatti si avvia verso il voto nel 2019, il primo dopo la riforma costituzionale dell’anno scorso che introduce il sistema presidenziale ed Erdogan insieme al suo partito Akp d assicurarsi una facile rielezione. Cosa c’è di meglio, per assicurarsi il secondo mandato, se non la polarizzazione della questione curda in parallelo con l’emergenza rappresentata dai profughi siriani in Turchia? Più volte infatti Erdogan ha fatto riferimento ad un progetto mirante all'insediamento di quelli che ritiene essere "i veri proprietari" del cantone curdo di Afrin: ovvero i 3,5 milioni di profughi siriani fuggiti durante la guerra ed ancora oggi stanziati in Turchia. Il presidente Erdogan avrebbe fatto esplicito riferimento al piano di “reinsediamento” in un incontro tenuto il 24 gennaio scorso nel complesso complesso presidenziale di Bestepe ad Ankara, affermando che gli abitanti della regione sarebbero "per il 55 per cento arabi, per il 35 per cento curdi e per il resto turcomanni".
Ma il piano potrebbe non esser facilmente attuabile
Peccato che le cifre siano esattamente inverse, a favore della popolazione curda, da sempre a maggioranza nella regione. Lo afferma in un’intervista Thomas Schmidinger, docente dell'Universita di Vienna, sociologo e studioso della questione curda: Afrin e' sempre stata un'area abitata prevalentemente da curdi, e principalmente da curdi sunniti, con una minoranza di curdi yazidi residenti in 26 villaggi e un gruppo ancora piu' piccolo di curdi aleviti, afferma il professore. Accanto alla comunita' curda si registra una significativa presenza araba (andata crescendo con l’afflusso di profughi interni durante la guerra) e una minoranza cristiana-armena. Nella aree rurali, vi sarebbero, infine, piccole tribu' turcomanne. Da sempre simbolo di convivenza pacifica tra le diverse etnie e religioni, con l’arrivo degli sfollati da Aleppo e Raqqa Afrin ha visto crescere fino a 800mila i suoi abitanti. Il cantone sarebbe dunque area di destinazione dei profughi arabi, non di provenienza come sostiene Erdogan.
Con "Ramo d'ulivo", Ankara sta, dunque, perseguendo un piano che va oltre l'eliminazione delle milizie curde delle Unità di protezione del popolo curdo (Ypg) nel nord della Siria: il presidente turco ha in mente una vera e propria sostituzione etnica, con l’apporto di una parte consistente dei rifugiati attualmente presenti in Turchia. In tale prospettiva, Erdogan otterrebbe da "Ramo d'ulivo" un duplice vantaggio. In primo luogo, la struttura demografica di Afrinverrebbe modificata, vanificando le aspirazioni indipendentiste dei curdi, che da anni minacciano l'integrità territoriale della Turchia. Secondariamente, una volta conquistata dalle Forze armate di Ankara, Afrin accoglierebbe un gran numero di rifugiati siriani che attualmente pesano sul bilancio turco, soddisfando i malumori dell’opinione pubblica interna ormai insofferente alla pressione di tre milioni di persone ammassate alle periferie delle grandi città.