Draghi: "Io cerco la pace, tutti i leader Ue lo stanno facendo". Intanto ci si stacca dalla dipendenza russa
Si chiudono i vertici di Bruxelles. La cosa fondamentale in questo momento è “l’unità dei 27” perché Putin lavora molto per dividere. Sull’energia passa la proposta, anche italiana, di fare acquisti e stoccaggi in comune. La Commissione valuta entro maggio il tetto al prezzo del gas che ha visto lo scontro tra fautori del libero mercato (Olanda e Germania) e chi invece lo vuole controllare per proteggere famiglie e imprese. In arrivo il gas americano
Capita che dopo una giornata intera, dalla mattina alle 10 alle otto di sera, passata ad ascoltare ipotesi, tesi, antitesi e sintesi sulla colossale questione energetica, uno si possa dimenticare perché siamo qui. Stoccaggi, acquisti comuni, miliardi di metri cubi di gas liquido in arrivo dagli Stati Uniti - il pegno versato da Biden ad un’Europa alla prese con la guerra in Ucraina scatenata da Putin - pricecapping, il famoso tetto al prezzo del gas, decouping - l’altrettanto famoso scoppiamento dei prezzi del gas da quelli della luce - rubli e contratti non rispettati… un’orgia di ipotesi e di cose da fare. Alcune già fatte. Altre su cui occorre studiare ancora un po’. Insomma, capita che a sera, mentre i 27 capi di stato e di governo della Ue cercano di spiegare alla stampa le conclusioni del Vertice, venga in mente di chiedere quella che è l’unica cosa che veramente conta: “Ma in tutto ciò, chi sta lavorando per mettere Putin seduto ad un tavolo a trattare?”. A che punto è, insomma, la diplomazia che dovrebbe mettere a tacere le armi? Mario Draghi, pur stanco per i tre vertici internazionali - Nato, G7 e Consiglio europeo - in appena 48 ore che hanno preso in ostaggio Bruxelles con trenta delegazioni internazionali e relativi staff, riprende in mano una narrazione fino a quel momento tecnica e anche un po’ surreale.
Evitare la "grosznificazione" del conflitto
"Io cerco la pace - scandisce bene la parole il premier - Macron cerca la pace, Scholtz cerca la pace e tutti noi che abbiamo cercato e cerchiamo ancora di parlare con Vladimir Putin e convincerlo a far cessare le armi. Noi cerchiano la pace prima di tutto”. Anche ieri la propaganda ha fatto il suo lavoro alle spalle della verità. Il ministro della Difesa russo ha messo in giro la voce che “la guerra dovrebbe volgere alla fine perché obiettivo principale è l’annessione del Donbass e il Donbass è conquistato”. Fonti di intelligence occidentali hanno raccolto invece ciò che si dice tra le truppe dove circola la convinzione che per il 9 maggio tutto sarà finito perché quel giorno la Russia celebra la vittoria".
Ha aggiunto Draghi: “C’è solo un modo per dimostrare di volere la pace: cessare le ostilità e sedersi al tavolo. Se non si fa vuol dire che si spera di guadagnare terreno. Ed è quello che sta facendo Putin che finora non ha mai accettato di sedersi ad un tavolo”. Ad un certo punto questo succederà. “Speriamo - ha concluso Draghi - che succeda prima che si arrivi alla distruzione totale dell'Ucraina. Prima che avvenga quello che purtroppo è avvenuto con l'Unione Sovietica quando invase Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia”. La chiamano “grosznificazione del conflitto”: prima ti rado al suolo con i bombardamenti lanciando ordigni sui mercati e sui civili per mesi e mesi, poi ti faccio diventare repubblica autonoma con un governo fantoccio. E’ quello che è successo a Groszny, appunto, in Cecenia tra il 1999 e i 2009. Dieci anni di agonia, morti e devastazione prima di piegare la Cececia. In piena era Putin.
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Due su quattro
Era stato chiamato “il vertice della svolta”, quello della "rifondazione dell’Europa”. Bruxelles capitale del “mondo libero e democratico”. Due giorni molto intensi. In sintesi si può dire che la Nato ha fatto quello che doveva: aumentare i sistemi d’arma da fornire a Kiev, soprattutto anticarro e antiaereo; aumentare gli uomini lungo il fronte est dell’alleanza; Washington ha già messo due miliardi di dollari per armare la resistenza di Kiev; gli stati europei hanno portato al 2% il budget perla difesa; decisivi passi avanti per la Difesa europea che avrà 140 mila uomini entro pochi anni. Il G7 è stato decisivo per le sanzioni: sono state aumentate, gli Stati Uniti hanno fatto una nuova lista di 300 oligarchi e politici della Duma a cui congelare i beni; è stato deciso di blindare meglio le sanzioni per evitare che possano essere raggirate (cosa che succede); rimane fermo il punto che l’Europa non può fare a meno del gas e del petrolio russo e che dunque questo comparto non sarò sanzionato (Orban ha subito minacciato ieri mattina che “non avrebbe aderito perché voleva dire affamare il mio popolo”). Ieri al palazzo Justus Lipsius, nella “bolla” che per due giorni ha racchiuso i leader del mondo e d’Europa, il tema in agenda era praticamente uno solo: l’energia. Dopo dieci ore di riunione - un Consiglio così lungo è stato solo per il fallimento della Grecia e per decidere il Recovery fund contro la pandemia - su quattro obiettivi sono stati raggiunti due risultati concreti, un rinvio e una soluzione di compromesso che lascia più libertà ad alcuni paesi, in particolare Spagna e Portogallo.
Acquisti e stoccaggio
I risultati concreti riguardano lo stoccaggio del gas obbligatorio per tutti gli Stati membri, con riempimento dei depositi al 90% al primo novembre di ogni anno (e l'80% solo per quest'anno), e soprattutto la possibilità di acquisti congiunti volontari del gas sul mercato (e anche di Gnl e idrogeno) da parte degli Stati membri che vorranno parteciparvi. Il modello è un po’ quello che è avvenuto con i vaccini anti-Covid. Gli acquisti congiunti, gestiti da una task force della Commissione in consultazione con i paesi coinvolti, consentiranno di ottenere condizioni contrattuali e costi più favorevoli. Il rinvio, annunciato dalla presidente della Commissione europea per maggio, riguarda invece le conclusioni sul possibile sganciamento del prezzo dell'elettricità da quello del gas, a cui oggi è indicizzato. Oggi, per via della guerra ma anche della transizione ecologica, siamo in un fase in cui non conviene più avere il gas come riferimento. Lo sganciamento (decoupling) è stato chiesto soprattutto dai paesi del Sud Europa, Spagna, Italia, Portogallo e Grecia.
Il compromesso
Il compromesso, che nei vari punti di giornata curati da fonti del Consiglio è stato chiamato la “landing zone”, zona di atterraggio comune a cui puntano di arrivare tutti i 27 “senza dividersi”, riguarda la richiesta degli stessi paesi del Sud di poter imporre delle soglie massime di prezzo del gas e di poter intervenire in vari altri modi sulla formazione dei prezzi sul mercato dell'elettricità per limitare o compensare i rincari e redistribuire i profitti, alleviando i costi per le famiglie e per le imprese. Il compromesso consiste nel fatto che, mentre la Commissione si è impegnata a valutare la fattibilità delle possibili soluzioni europee con varie opzioni (dopo aver sentito gli stakeholder del settore ed entro maggio) tra cui anche le soglie massime di prezzo, alcuni Stati membri sono riusciti a strappare la possibilità di andare avanti su questa strada da soli, con soluzioni nazionali.
Il punto 16
In un linguaggio tutt'altro che chiaro e diretto, al punto 16 delle conclusioni del Consiglio si dispone che i paesi che vorranno proporre delle misure nazionali temporanee in questo senso, dovranno notificarle alla Commissione, che “ne valuterà urgentemente la compatibilità con le disposizioni dei Trattati e con il regolamento Ue del 2019 sul mercato interno dell'energia elettrica”. “Nel valutare questa compatibilità - continuano le conclusioni - la Commissione assicurerà “che siano soddisfatte le seguenti condizioni: che le misure riducono i prezzi spot sul mercato dell'energia elettrica per aziende e consumatori, e che non incidono sulle condizioni commerciali in misura contraria al comune interesse. Nel fare questa valutazione - precisa il testo -, saranno prese in conto la natura temporanea delle misure e il livello di inter connettività elettrica con il mercato unico dell’elettricità”. Il punto della “inter connettività" è cruciale: significa che per certi Stati membri la compatibilità con le norme del mercato elettrico potrebbe venire non dalla coerenza delle misure nazionali con queste stesse norme, ma da una condizione di isolamento rispetto alla rete elettrica europea, che perciò non ne verrebbe influenzata. Questa condizione è tipica dei due paesi iberici, Spagna e Portogallo, che sono connessi poco e male attraverso i Pirenei con il mercato elettrico francese ed europeo, e potrebbe riguardare anche altri Stati membri non integrati nella rete elettrica sincronizzata continentale (le isole, Irlanda, Malta e Cipro, i paesi baltici, Svezia e Finlandia).
Draghi quindi porta a casa buoni risultati. “Ci sono stati - ha detto a sera nella conferenza stampa conclusiva - dei passi avanti su decisioni da prendere insieme in un momento molto difficile; la Commissione aveva già presentato diverse opzioni sul tema dell'approvvigionamento energetico, era importante riuscire ad avere un risultato che non fosse divisivo, e siamo soddisfatti della conclusione”.
"Servono soprattutto queste lunghe riunioni”
Il premier in realtà da settimane chiede “risposte urgenti e immediate” alla Commissione. Fa presente che i governi nazionali, alle prese ancora con la pandemia, non riescono certo a far fronte a queste nuove emergenze che sono destinate a cambiare per sempre e in modo veloce assetti e partnership commerciali, l’ordine stesso del mondo. Soddisfatto, presidente? “Le risposte immediate c’erano già stati nei giorni precedenti con le decisioni sulle sanzioni”, con l’approvazione della Bussola strategica (Difesa europea), il via libera alla tassazione degli extra profitti delle società del comparto energetico (l’Italia lo ha già fatto). “Ora - ha continuato Draghi - l’Europa sta cercando di rivedere e rivisitare collettivamente molte - se non tutte - le regole che hanno accompagnato l’Unione europea negli ultimi anni: dal mercato unico, alle leggi sugli aiuti di Stato, al Patto di stabilità e crescita, alla possibilità di creare altro debito comune da parte della Commissione europea. Perché non c’è alcun dubbio che i bisogni attuali dall’energia alla difesa, ma anche ai rifugiati, non possono essere affrontati dai bilanci nazionali. E la volontà di procedere con la solidarietà si costruisce anche attraverso queste lunghissime riunioni”.
Va detto che non appare di grande utilità per l'Italia la soluzione di compromesso che consentirà misure nazionali “isolate” di intervento sui prezzi nel mercato elettrico, vista la piena integrazione della rete nazionale dell’Italia con quella continentale. E mentre il governo di Madrid o quello di Lisbona si affretteranno a intervenire d'autorità sul mercato per calmierare i prezzi pagati dalle famiglie e dalle imprese, senza tema di essere bloccati da Bruxelles, il governo di Roma dovrà stare più attento ai famosi “vincoli europei”. A Meno che anche questi non diventino meno rigidi. Come dovrà succedere con l’agricoltura, la pesca e molti altri settori. La guerra e le sanzioni hanno dimostrato che l’Europa ha bisogno di maggiore autonomia nelle materie prime. E che deve diversificare. “Noi lo stiamo facendo abbastanza bene e abbastanza in fretta almeno per il primo 30-40% del nostro fabbisogno. Poi sarà più difficile. Ma ecco un altro motivo per cui è bene restare uniti e non dividersi”. E pazienza se le riunioni durano anche dieci ore.
Il piano Marshall di Biden
Ieri mattina Ursula von der Leyen e il presidente Usa Joe Biden - per la prima volta fisicamente presente a Bruxelles - hanno annunciato una fornitura di 15miliardi di mc di gas liquefatto all’Europa. “Entro il 2022” ha detto Trump che ha proposto di andare a regime per 50 miliardi di mc di gas entro il 20230. Parliamo di un terzo del fabbisogno Ue (150 miliardi di mc al momento importati solo dalla Russia dietro un pagamento di circa un miliardo al giorno che adesso Putin vorrebbe in rubli ma è una provocazione). C’è da capire dove andare a prendere il resto. L’Italia e i paesi del sud Europa si sono già mossi con il nord africa. L’Italia cura da settimane rapporti bilaterali con i produttori di gas.
Il punto è come distribuire questa materia prima: servono rigassificatori e nuove infrastrutture. L’Italia ha tre rigassificatori (che vanno portati a regime in questi mesi) ed è in trattativa per altri due “galleggianti”, cioè navi. “Queste nuove infrastrutture - mette le mani avanti Draghi - sono investimenti validi per il futuro per creare le connessioni con il trasporto dell’idrogeno. Inoltre, sviluppando questo sistema di connessioni, i paesi del sud dell’Europa possono diventare un hub di energia per il resto dell’Unione Europea. Perché hanno accesso alla sponda sud del Mediterraneo”. E’ come se il sud del mondo diventasse il nord. Chissà.
State buoni se potete
Si torna a casa. Con obiettivi e idee chiare sul cosa fare. A Roma Draghi troverà la solita maggioranza il cui unico obiettivo sembra essere avere visibilità per la campagna elettorale. Salvini neppure nomina Putin e comunque non vuole le armi. Conte è ad un passo dalla crisi di governo perché contrario all’innalzamento delle spesa militare al 2%. Ha fatto fare un ordine del giorno che spacca prima di tutto il Movimento. Trai 5 Stelle che chi si oppone anche all’importazione di grano dagli Stati Uniti e dal Canada (in sostituzione di quello russo) perché sono omg. Il presidente del Consiglio ha voluto mandare un messaggio chiaro e fermo. “La politica oggi deve parlare del presente e del domani. In questo momento l'unica cosa che secondo me può fare una politica che vuole bene al Paese e vuole la pace è stare uniti. La cosa più importante è guardare avanti ora, poi i conti si fanno poi con la coscienza e anche con il proprio elettorato. Ma non è ora il momento”.