La demenza? Colpisce meno single e divorziati: lo studio
Un’analisi durata 18 anni smentisce i luoghi comuni: chi non è sposato sviluppa meno spesso la demenza rispetto a chi è coniugato

Essere sposati non protegge necessariamente dalla demenza. È quanto emerge da un’ampia ricerca condotta da Florida State University College of Medicine e Università di Montpellier, pubblicata su Alzheimer’s & Dementia. Lo studio ha seguito oltre 24.000 adulti anziani per 18 anni, monitorando la loro salute cognitiva attraverso valutazioni cliniche annuali. I partecipanti, inizialmente privi di diagnosi, sono stati reclutati da 42 centri di ricerca statunitensi specializzati in malattie neurodegenerative, coordinati dal National Alzheimer’s Coordinating Center. I risultati hanno sorpreso gli stessi ricercatori: “Divorziati e persone mai sposate hanno mostrato un rischio di demenza significativamente più basso rispetto a chi era coniugato”. L’incidenza della demenza è stata del 21,9% tra i coniugati, ma si è fermata al 12,8% tra i divorziati e al 12,4% tra i single.
Divorzio e celibato: meno vulnerabilità al declino cognitivo
I dati confermano il legame tra stato civile e rischio demenza
Gli autori hanno utilizzato modelli statistici avanzati per confrontare i vari gruppi, considerando età, sesso, salute fisica e mentale, storia comportamentale e fattori genetici. Le differenze sono emerse con chiarezza già nei modelli iniziali: i divorziati avevano un rischio ridotto del 34% (HR 0.66), i non sposati del 40% (HR 0.60) e i vedovi del 27% (HR 0.73) rispetto ai coniugati.
Il vantaggio per divorziati e single resiste anche dopo i controlli
Quando i ricercatori hanno tenuto conto di altri fattori, il vantaggio dei vedovi si è attenuato, mentre quello di divorziati e mai sposati è rimasto stabile e significativo. Inoltre, questi due gruppi risultavano anche meno inclini a sviluppare Alzheimer o demenza a corpi di Lewy, e a progredire da lieve compromissione cognitiva a demenza conclamata.
Nessun legame tra matrimonio e prevenzione della demenza
Contrariamente a studi precedenti che suggerivano benefici cognitivi legati al matrimonio, i nuovi dati indicano l’opposto. “I non sposati hanno mostrato minore incidenza di demenza in modo consistente, indipendentemente da età, sesso o altri fattori clinici”, si legge nell’analisi. Anche considerando livello di istruzione e rischio genetico, il matrimonio non sembra offrire protezione specifica. Solo nel caso della demenza vascolare e della degenerazione lobare frontotemporale non sono emerse differenze rilevanti tra i gruppi.
Valutazioni cliniche e nuove implicazioni
Risultati misurati in contesti controllati
Un punto di forza della ricerca è l’utilizzo di protocolli clinici rigorosi e standardizzati, con diagnosi confermate da personale specializzato. L’accuratezza dei dati raccolti offre maggiore solidità ai risultati, che mettono in discussione credenze consolidate.
Nuove prospettive per la salute pubblica
La conclusione dei ricercatori è chiara: “Le persone non sposate, in particolare divorziati e mai coniugati, presentano un rischio inferiore di demenza rispetto ai coniugati, anche dopo aver considerato fattori di salute, stile di vita e genetica”. Si tratta di un cambiamento di prospettiva importante nel campo della prevenzione cognitiva, che potrebbe influenzare le future strategie sanitarie.
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