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"Biden? Rischia di fare proprio quello di cui ha sempre accusato Trump, cioè i suoi interessi"

Intervista a Federico Rampini, editorialista del "Corriere della Sera" e conoscitore del mondo americano

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
Federico Rampini in un'immagine tratto da un video Ansa (Ansa)
Federico Rampini in un'immagine tratto da un video Ansa (Ansa)

L’incontro avviene alla vigilia dell’attentato a Donald Trump. E in realtà l’argomento centrale è la storia di Amadeo Peter Giannini, l’immigrato italiano che, dopo Cristoforo Colombo, più di tutti ha lasciato il segno nella storia degli Stati Uniti, fondando la Bank of Italy, poi diventata Bank of America. Una splendida storia che abbiamo raccontato proprio qui su Tiscali, nelle pagine della cultura, in un racconto emozionato ed emozionante della vita di Giannini.

Ma, in qualche modo, la testimonianza di Federico Rampini, che è l’osservatore più onesto intellettualmente ed efficace nel raccontare l’America di oggi, editorialista del Corriere della sera, è ancora più preziosa, proprio perché “spogliata” dell’emotività seguita all’attentato. Insomma, parlando da questa storia, insieme a Cristina Bolla, presidente della Genova Liguria Film Commission e del Centro Studi intitolato a Giannini, e a Michele Rovini, regista di “Dollars and garbage”, il film dedicato all’epica vita di Giannini, Rampini racconta l’America di oggi come meglio non si potrebbe, lontano anni luce dal politicamente corretto e da molto di ciò che leggiamo ogni giorno sulle presidenziali. Persino al di là e persino prima dell’attentato all’ex presidente e candidato repubblicano.

Nulla è casuale, nemmeno il luogo dove siamo per gli “Incontri d’estate”, il ciclo voluto dall’editore di Telenord Massimiliano Monti con alcuni protagonisti dello spettacolo e della cultura, che si svolgono a Palazzo Pallavicino in collaborazione con la relativa Fondazione rappresentata da Claudio Senzioni, uno dei Palazzi patrimonio dell’Umanità Unesco, i Rolli.

E non è casuale perché questi sono stati i primi alberghi al mondo, dove si veniva accolti dai nobili genovesi. E allo stesso modo a Genova, oltre a tanto altro, sono nate le banche, per la precisione con il Banco di San Giorgio, che fu il primo istituto di credito al mondo, ospitato da Palazzo San Giorgio, attuale sede dell’Autorità Portuale di sistema del Mar Ligure Occidentale, cioè il porto di Genova (e Savona), il più importante d’Italia e fra i maggiori d’Europa, nei cui sotterranei Marco Polo dettò il Milione a Rustichello da Pisa mentre era carcerato. Insomma, non c’è una pietra che non sia carica di storia e Rampini, in questa splendida intervista che ho avuto la fortuna di moderare, difende, fortemente difende, l’identità, così come fa il presidente ad interim di Regione Liguria Alessandro Piana, il cui mandato è proprio contraddistinto da questa missione.

Tutto nasce proprio dalle immagini del film di Rovini, dove si vede la San Francisco di oggi che - contrapposta a quella di Giannini che girava con un carretto per la città a fare prestiti senza garanzie ai disperati che avevano perso tutto – vede invece le strade affollate di homeless e di umanità dolente che sembra fatta di zombie, tutti figli del Fentanyl, la pericolosissima droga sintetica che ha una forza superiore a ogni altra e che si trova a basso o bassissimo prezzo.

Ma nel suo viaggio contro il politicamente corretto e le visioni autoconsolatorie, Rampini spiega: “Non pensiate che queste scene siano frutto di disagio sociale e se lo sono, lo sono solo in minima quantità. La California, ad esempio, è lo Stato che investe più sul welfare, a livello dei Paesi nordici e qui anche la narrazione sull’assenza di una sanità pubblica non regge. La verità è che questa situazione degli homeless e delle vittime del Fentanyl e delle altre droghe è figlia di una politica totalmente antiproibizionista su basi ideologiche, figlia della cultura nata a Berkeley, per cui la libertà viene prima di tutto, anche quella che presuppone il diritto a drogarsi”.

Lo sguardo di Rampini sulla West Coast è impietoso: “Soprattutto in California domina la cultura woke che cancella anche identità e radici”. E così la cancel culture impone in qualche modo di non celebrare il Columbus Day, ma anzi di rovesciare le statue di Cristoforo quel giorno e canti, letteratura e storia native americane, dimenticando la cultura europea.

E in questa furia iconoclasta rispetto all’Europa a farne le spese sono anche gli italoamericani: “A San Francisco persino una figura come quella di Giannini, il padre del Golden Gate, l’uomo a cui devono la loro fortuna cinematografica Charlie Chaplin, Walt Disney e Frank Capra, è quasi totalmente ignorata e anche tutta la comunità italoamericana è quasi rimossa dalla cultura dominante, perché per l’appunto non nativa”.

Fortunatamente, non tutti gli States sono così e la California è solo la punta dell’iceberg woke: “A New York, dove vivo ora, la nostra comunità è già più forte e rispettata”. Ma in qualche modo raccontare queste storie è una chiave per entrare nell’analisi delle presidenziali di novembre, “dove Donald Trump può effettivamente vincere” con un giudizio molto duro su Joe Biden: “Rischia di fare proprio quello di cui ha sempre accusato Trump, cioè di anteporre i suoi interessi a quelli della Nazione”.

Ma ci sono possibilità, effettive, di un “cambio di cavallo” in corsa? La data limite, ovviamente, è quella di metà agosto con la convention democratica. E Rampini smonta totalmente alcune narrazioni italiane secondo le quali Michelle Obama potrebbe essere la candidata alternativa: “Assolutamente no, per una serie di motivi, dal fatto che la famiglia Obama è più popolare in Italia che negli Stati Uniti, soprattutto per alcune scelte in politica estera e anche perché Michelle non ama la politica e non sarebbe lei per prima interessata a correre”.

Insomma, l’appello di Nancy Pelosi, già speaker della Camera dei rappresentanti, per “mettere in discussione Biden” non lascia indifferente Rampini, ma i nomi per correre al posto suo non sono quelli che girano in tanta informazione italiana: “Oltre a Michelle, non vedo possibilità per l’attuale vicepresidente Kamala Harris, e anche il governatore della California, Gavin Newsom, che è amatissimo nel suo Stato, in realtà – proprio per il discorso che abbiamo fatto prima su San Francisco – offrirebbe gioco facile al Partito repubblicano che dal giorno successivo inonderebbero di spot con i video delle città californiane, non solo “Cisco”, con lo slogan: “Volete trasformare in questa cosa tutti gli Stati Uniti?”.

E allora come se ne esce, sempre che Biden si ritiri? “Un nome serio mi pare quello della governatrice del Michigan Gretchen Withmer, che ha un profilo moderato, perché le elezioni non si vincono mai sulle estreme. E anche il Joe Biden di quattro anni fa, più giovane, aveva queste caratteristiche. E ha vinto”.

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