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[L’analisi] Mille morti e niente farmaci. Da dodici anni c’è una prigione a cielo aperto dimenticata da tutti

Di Gaza, l’assedio più lungo della storia contemporanea, non si vuole parlare perché a strangolare la Striscia non sono più soltanto gli israeliani o le perenni diatribe tra Hamas e Fatah ma ora anche l’America di Donald Trump che dopo la dichiarazione di Gerusalemme capitale dello stato ebraico ha deciso anche di congelare gli aiuti ai palestinesi. Gli Stati Uniti infatti non forniranno 45 milioni di dollari di aiuti alimentari ai palestinesi che Washington aveva promesso in risposta all’appello dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa)

La distruzione a Gaza
La distruzione a Gaza

E’ tempo di assedi in Medio Oriente, come quello drammatico della Ghouta in Siria, ma sembra che l’opinione pubblica e i media si siano dimenticati di quello che dura più a lungo, dal 1991 e rafforzato nel 2007, quello della Striscia di Gaza, definita dal segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, “una prigione a cielo aperto”. La situazione è catastrofica ha detto il coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, l’ex ministro degli Esteri bulgaro Nikolay Mladenov, riferendo al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Nell’enclave palestinese l'acqua potabile scarseggia, gli ospedali sono stati chiusi e “i medici hanno smesso di operare”.

I numeri di un disastro

Mladenov ha anche denunciato il fatto che a Gaza il tasso di disoccupazione è pari al 47 per cento e raggiunge il 60 per cento tra i giovani: il reddito medio pro capite supera a stento i mille dollari per una popolazione di due milioni, di cui 1,9 milioni è in stato precario o di emergenza. Ma di Gaza, l’assedio più lungo della storia contemporanea, non si vuole parlare perché a strangolare la Striscia non sono più soltanto gli israeliani o le perenni diatribe tra Hamas e Fatah ma ora anche l’America di Donald Trump che dopo la dichiarazione di Gerusalemme capitale dello stato ebraico ha deciso anche di congelare gli aiuti ai palestinesi. Gli Stati Uniti infatti non forniranno 45 milioni di dollari di aiuti alimentari ai palestinesi che Washington aveva promesso in risposta all’appello dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa).

Tre mesi per un permesso

Non è una buona mossa per contrastare l’estremismo: l’Agenzia dell’Onu si occupa non solo del soccorso alimentare e sanitario ma anche delle scuole e l’educazione è davvero il mezzo più importante per alleviare le sofferenze delle giovani generazioni e sperare di sottrarle alla radicalizzazione. Da Gaza non entrano le merci e i rifornimenti né escono le persone: ci vogliono quasi tre mesi perché le autorità israeliane concedano un permesso di uscita e ormai sono poche migliaia l’anno. Ecco perché Gaza è una prigione da cui non si esce: non ci sarà mai nessun “corridoio umanitario”.

Mille morti, finora

I dodici anni di assedio israeliano alla Striscia di Gaza, insieme a quello spesso dimenticato egiziano, hanno provocato più di 1.000 morti. A denunciarlo è stato  Ahmad al-Kurd, il coordinatore di alcune organizzazioni benefiche della Striscia. “Tra le 1.000 e più vittime del blocco – ha detto al-Kurd – 450 sono morte a causa del collasso del sistema sanitario a Gaza”. Negli ultimi anni, a causa anche dell’estremismo di Hamas, ci sono state tre guerre, nel 2008-2009 e nel 2012 mentre dall’8 luglio e al 26 agosto 2014 l’operazione Margine Protettivo aveva causato secondo le Nazioni Unite 73 morti tra gli israeliani (dei quali 68 erano soldati) e 2.251 tra i palestinesi, dei quali 1.462 erano civili, con 11 mila feriti e 10mila case completamente distrutte.

Come strangolare un popolo

L’emergenza a Gaza non finisce mai, anche quando non c’è la guerra. Il 40 per cento dei farmaci essenziali è esaurito e un altro 10 per cento finirà nelle prossime settimane; l’elettricità, da quando gli israeliani hanno tagliato della metà le forniture (per la morosità della amministrazione di Ramallah), arriva poche ore al giorno e non tutti i giorni. Come pure l’acqua potabile è disponibile soltanto tre-quattro volte la settimana. E siccome le uniche esportazioni sono quelle agricole, sempre più magre, la maggior parte dei palestinesi dipende dai salari pubblici erogati da Hamas o dal governo della Cisgiordania: ma gli stipendi, quando arrivano, hanno ormai subito da anni tagli del 50 per cento.

Cronache dall'inferno

Le Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme: entro il 2020 la Striscia di Gaza potrebbe diventare “inabitabile”. Oggi, nel 2018, è già un inferno. “Stavolta _ scriveva qualche tempo fa Gideon Levy su Haaretz _ Israele non ha la scusa della guerra e dell’espansione degli arabi. Anche l’eccesso di giustificazioni relative alla sicurezza non convince più nessuno, se si escludono gli israeliani che si scagliano contro Gaza. Sono loro gli unici a non aver alcun problema per il fatto che esista una gabbia per esseri umani al confine con il loro paese”. E da due decenni non si trova mai la chiave di questa gabbia.

Alberto Negridi Alberto Negri, editorialista e inviato di guerra   
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