Dalla petizione dei giuristi all'iniziativa del governo australiano. Che dice: "Assange patteggi per tornare libero":
Il fondatore di Wikileaks ancora detenuto nel carcere di massima sicurezza a Londra: preoccupa la sua salute. Il deputato australiano Hill spiega perché il giornalista "dovrebbe trovare un accordo con gli Usa. Chi frena lo vuole morto"
Dal 2019 è richiuso nel carcere di massima sicurezza di Belmorsh a Londra e dallo scorso anno attende che l'Alta Corte inglese si esprima sul suo ricorso contro l'estradizione verso gli Stati Uniti di Juliane Assange, approvata a dicembre 2021 dall'autorità giudiziaria e firmata sei mesi dopo dall’allora ministro degli Interni Priti Patel. Tutto tace, mentre il fondatore di Wikileaks, accusato da Washington di 18 reati - contestatigli in larga parte in base alle disposizioni dell'Espionage Act del 1917 - per i quali rischia 175 anni di carcere, resta prigioniero e privato di molti diritti essenziali. Uno stallo "ingiustificabile" nel quale è intrappolato e dal quale bisogna farlo riemergere.
Ma per il deputato laburista australiano Julian Hill, esponente della delegazione parlamentare interpartitica del suo Paese, che si adopera per il rilascio di Assange, una soluzione ci sarebbe e potrebbe essere il patteggiamento con l'accusa, dichiarandosi colpevole di "qualunque accusa senza senso", necessaria per assicurare la sua liberazione dal carcere. Hill si trova attualmente in Gran Bretagna e avrebbe dovuto incontrare Assange in carcere ma non gli è stato possibile, come scrive il Sydney Morning Herald.
- La petizione dei giuristi italiani: già oltre 120 firme
Anche il primo ministro australiano, Anthony Albanese, si sta attivando presso la Casa Bianca per il rilascio del giornalista, cittadino australiano, perché si accetti un patteggiamento. Ma fino a ora nessun risultato è stato ottenuto. "La realtà è che l'Australia non può costringere gli Stati Uniti a rilasciarlo, e se rifiutano di farlo nessuno dovrebbe giudicare Assange, se sceglie di patteggiare per mettere fine a questa vicenda", ha detto il deputato laburista. "La sua salute continua a peggiorare e se gli Usa si rifiutano di fare la cosa giusta, nessuno dovrebbe giudicare Assange se sceglie di raggiungere un accordo. Mi preoccupa molto che vi siano suoi sostenitori che vorrebbero che continui ad essere un martire piuttosto che un uomo libero", ha aggiunto.
"Sottoposto a tortura psicologica, rischia la vita"
Sono 4 anni che Assange è richiuso in una cella 2X3 nel carcere londinese, ma sono ben 11 se consideriamo quelli passati nell'ambasciata equadoriana. Detenzione "illegale" durante la quale, come ha messo in luce un rapporto Onu, l'australiano è stato sottoposto a "tortura psicologica" almeno dal 2017 "con confinamento in spazi ristretti, video controllo permanente anche nel bagno, divieto per un certo periodo di usare cellulari e connessioni al web, controllo di ogni suo movimento, inclusi i pochi incontri autorizzati con amici ed avvocati, al punto da non poter neppure organizzare la sua difesa dinanzi alle autorità inglesi per non essere estradato prima in Svezia e poi negli Stati Uniti". Anche a Belmarsh, dove è stato trasferito dopo l'arresto, "vi è detenuto in una cella di minime dimensioni, con restrizioni e controlli ancora più accentuati, al punto che medici specializzati hanno rilevato, anche in ambulatorio, sintomi tipici della esposizione prolungata alla tortura psicologica con rischio di suicidio o comunque di morte", come si legge in una petizione lanciata il 20 luglio e firmata da oltre 120 giuristi italiani.
Tutto questo Assange lo sta subendo senza essere stato sottoposto a un processo e aver subito alcuna condanna. Gli Stati Uniti non mostrano segni di cedimento. Il lavoro svolto da Assange con Wikileaks, che ha pubblicato migliaia di documenti segreti del governo americano - tra cui il “Collateral murder”, un video che dimostrava una strage di civili, compresi due reporter della Reuters compiuta nel 2007 a Baghdad dai soldati americani - ha infatti messo in luce le bugie costruite attorno alle guerre in Iraq e Afghanistan, rendendo noti atti criminali, tra cui le violenze di Guantanamo, tutti di rilevanza pubblica e ben documentati.
Difendere Assange per difendere la libertà di stampa
La sua autorizzazione alla consegna agli Stati Uniti e una eventuale condanna sarebbe lesiva della libertà di stampa e il diritto dei cittadini ad essere informati, ha rivelato l'Ordine dei giornalisti. "L'estradizione di Assange in Usa avrebbe conseguenze devastanti sull'Occidente, costituendo un precedente che non solo consentirà ai potenti di tenere segreti i loro crimini, ma renderà persino perseguibile per legge la loro rivelazione", aveva detto infatti Stefania Ascani deputata del M5S e membro della commissione Giustizia, in occasione del compleanno del giornalista-editore lo scorso 5 luglio. Il caso Assange, come detto anche da Edward Snowden, che ugualmente diffuse documenti segreti della Difesa statunitense, è e resta "un caso politico". Così come sarà politica, oltre la vicenda giudiziaria, la decisione di estradarlo o meno.