Terre rare: salta la firma dopo lo scontro Trump-Zelensky. Cosa prevedeva l'accordo
Il fondo doveva essere usato anche per successivi progetti di investimento in Ucraina e gli Stati Uniti si sarebbero impegnati a sostenere lo sviluppo economico del Paese in futuro.

Alla fine dopo lo scontro tra Trump e Zelensky è saltato l'accordo sulle Terre rare che si sarebbe dovuto firmare tra Ucraina e Stati Uniti. L'accordo prevedeva l'apertura di un fondo a cui Kiev contribuirà al 50% degli introiti dello sfruttamento delle risorse minerarie di proprietà dello stato, grazie alla "futura monetizzazione" di litio, grafite, cobalto, titanio, terre rare come lo scandio, ma anche gas e petrolio, e delle logistiche associate.
Il fondo doveva essere usato anche per successivi progetti di investimento in Ucraina e gli Stati Uniti si sarebbero impegnati a sostenere lo sviluppo economico del Paese in futuro. L'intesa non riguarda il flusso già attivo di proventi di attività di estrazione, quindi non le attività già in essere di Naftogaz e Ukrnafta.
Nell'accordo non veniva citata la quota degli Stati Uniti nel fondo. Ci si riferisce solo ad accordi di "proprietà congiunta" che dovranno essere dettagliati in accordi successivi. Non viene più citata la cifra di 500 miliardi di dollari di 'debito' che Trump aveva chiesto a Kiev in un primo momento come tetto massimo del contributo ucraino al fondo. Così come "il mantenimento, da parte degli Stati Uniti, del 100 per cento degli interessi finanziari" nel fondo.
Le riserve dell'Ucraina, quanto valgono
La Russia può contare su riserve di terre rare per un valore di 3,8 milioni di tonnellate, la quinta riserve del mondo (dopo Cina, Australia, Brasile e India, secondo i dati dell'Us Geological Survey). Le miniere e gli impianti per la produzione più importanti sono stati nazionalizzati dall'inizio dell'invasione - Mosca ha complessivamente nazionalizzato imprese per 15 miliardi di dollari dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina - e sono controllate da Rosatom, vicina al 'banchiere di Putin', Mikhail Kovalchuk.
Sulle dimensioni delle riserve ucraine ci sono tuttavia stime divergenti. Con Bloomberg che smonta l'unica ricerca rintracciabile sulla presenza di risorse significative. "L'Ucraina non ha terre rare, ma terra bruciata", a eccezione di piccole miniere di scandio. L'US Geological Service, la fonte più autorevole in materia, ha sancito che l'Ucraina non ha riserve di terre rare. La vice Premier Yulia Svyrydenko sostiene invece nel dire che le riserve di terre rare valgono 350 miliardi di dollari. Ma che si trovano però nei territori occupati.
C'è chi è arrivato a parlare di 11,5 trilioni di dollari di materiali critici. Della presenza nel sottosuolo ucraino della metà dei 50 minerali che gli Stati Uniti considerano "critici per l'economia e la sicurezza nazionale", quindi litio, titanio, ma anche carbone, ferro, petrolio e gas. Kiev dice di poter contare su circa il 5 per cento delle risorse naturali critiche del globo, fra cui 19 milioni di tonnellate di riserve confermate di grafite, per cui l'Ucraina è "fra i cinque principali Paesi" (secondo l'Us Geological Survey) che possono fornire tale materiale, un terzo di tutte le riserve di litio in Europa, e, prima dell'invasione russa, il 7 per cento di quelle di titanio nel mondo.
Secondo una ricerca della società di consulenza canadese SecDev del 2022, il 63 per cento delle miniere di carbone ucraino si trovavano in territori occupati dalla Russia, la metà di quelle di manganese, cesio, tantalio e terre rare. La presenza nel Donbass di riserve di queste risorse aggiunge "una dimensione strategica ed economica" all'aggressione di Mosca, spiega il direttore della società, Robert Muggah. Acquistandone il controllo, esclude l'accesso dell'Ucraina a una importante fonte di ricchezza, estende la base delle sue risorse e influenza le catene di rifornimento globali.