Vaccini contro il Coronavirus: ora ci sono problemi di consegna anche negli Stati Uniti
A cosa sia dovuto il drastico calo non è ancora chiaro. È possibile che sia legato al pasticcio combinato nello stabilimento di Baltimora

I tagli nelle forniture e le mancate consegne di partite di vaccini stanno rallentando la campagna di immunizzazione nel nostro paese e mettendo a dura prova i nervi del generale Francesco Paolo Figliuolo. Ma anche i paesi produttori hanno i loro problemi e non sempre di poco conto. Il Regno Unito ad esempio, a parte le polemiche con l’Unione Europea, ha dovuto far fronte allo stop all’esportazione di cinque milioni di vaccini Astrazeneca imposto dal governo indiano al Serum Institute of India, il maggior produttore mondiale di vaccini, perché fossero dirottati alla campagna vaccinale nella stessa India.
Anche gli Stati Uniti
Persino negli Stati Uniti, che possono contare su Moderna, Pfizer e Johnson & Johnson, si comincia a registrare qualche problema. Proprio Johnson&Johnson, i cui tagli e ritardi stanno causando non poche difficoltà in Italia, ha annunciato che questa settimana consegnerà alle autorità americane solo 700mila dosi tagliando la fornitura dell’86% rispetto ai 4,9 milioni di dosi della settimana scorsa.
Il pasticcio di Baltimora
A cosa sia dovuto il drastico calo non è ancora chiaro. È possibile che sia legato al pasticcio combinato nello stabilimento di Baltimora dal suo fornitore americano, la Emergent BioSolutions. In quell’impianto la Emergent produceva vaccini sia per la Johnson & Johnson che per Astrazeneca e a un certo punto, per cause ancora non appurate, i due prodotti sono stati mischiati con il risultato di dover buttare 15 milioni di dosi del vaccino Johnson & Johnson.
Al di sotto degli standard
In seguito all’incidente è emerso che ispezioni e controlli sia del governo che di Astrazeneca e Johnson & Johnson e anche della stessa Emergent Biosolutions avevano già evidenziato problemi non irrilevanti nel rispettare gli standard minimi di qualità richiesti. Tanto che già in autunno si erano dovuti buttare 2-3 milioni di dosi del vaccino Astrazeneca. Tra i problemi riscontrati vi erano la presenza di muffe, l’insufficiente disinfezione di alcune apparecchiature e la ripetuta approvazione di materie prime non adeguatamente testate. Per questi problemi la Food and Drug Administration, l’agenzia federale competente, non ha ancora dato il via libera alla produzione nell’impianto, un nulla osta senza il quale le dosi prodotte non possono essere distribuite per la somministrazione.
Esautorati
A seguito dell’incidente il governo americano, in virtù di accordi pregressi e degli ingenti finanziamenti concessi, ha praticamente esautorato Emergent BioSolutions dalla gestione dello stabilimento costringendo Johnson & Johnson a prendere in mano la situazione e a gestirlo come se fosse suo. La produzione delle dosi Astrazeneca è stata fermata senza molti problemi: il vaccino anglo-svedese non è stato ancora approvato negli Stati Uniti e se mai un giorno lo sarà è verosimile che verrà utilizzato poco o nulla.
Speranze destinate a rimaner tali
La vicenda della contaminazione tra i due vaccini ha determinato non solo la perdita dei 15 milioni di dosi di cui sopra, ma anche il fermo precauzionale di altri 62 milioni di dosi in attesa di ulteriori controlli. Il tutto potrebbe aver contribuito all’improvviso calo della fornitura di vaccini da parte di Johnson & Johnson. L’azienda aveva però già dimostrato in febbraio e marzo di non essere in grado di rispettare le forniture previste. La speranza delle autorità americane era che con l’avvio della produzione dello stabilimento di Baltimora il flusso di consegne, finora assai irregolare e proveniente da uno stabilimento olandese, si sarebbe stabilizzato consentendo una migliore programmazione. Una speranza destinata a rimanere tale, almeno per ora.