Svizzera, cinque scialpinisti trovati morti sulle Alpi a quota 3500 metri: si cerca il sesto
I corpi sono stati trovati proprio nella zona dell'accaduto. Sabato i sei escursionisti erano partiti da Zermatt (Svizzera) in direzione di Arolla, frazione del comune svizzero di Evolène, nel Canton Vallese
Sono stati recuperati senza vita i corpi dei cinque scialpinisti che erano stati dati per dispersi sabato dopo (forse) una valanga vicino a Matterhorn, sulle Alpi svizzere. Lo rende noto la polizia del cantone Vallese in un comunicato, spiegando altresì che stanno continuando le ricerche del sesto. Il quotidiano 'Le Nouvelliste' spiega che i corpi sono stati trovati tra Zermatt e Arolla da una squadra di soccorritori, partita ieri nei pressi della capanna 'Dent Blanche' e arrivata intorno alle 21.20 nella zona del fatto dove è avvenuta la valanga, a quota 3.500 metri.
Ipotesi ipotermia: "i sei avevano tentato di sopravvivere scavando una buca nella neve"
L'ipotesi è quella dell'ipotermia: i sei hanno con ogni probabilità tentato di scavare una buca nella neve per trovare riparo dal freddo e dalla bufera, dopo che il gruppo aveva perso l'orientamento nella tempesta di neve. Le autorità elvetiche in conferenza stampa oggi a Sion non hanno chiarito le cause della morte, ma durante le ricerche di ieri mai si era parlato di valanga. "Abbiamo visto che gli scialpinisti avevano cercato di costruire una buca" nella neve "per proteggersi dal vento". Così ai media elvetici Anjan Truffer, capo del soccorso della compagnia aerea svizzera Air Zermatt, in merito alla tragedia del col de la Tete Blanche, dove ieri sera sono stati trovati senza vita cinque dei sei scialpinisti dispersi da sabato.
"Gli scialpinisti - aggiunge - sono morti congelati in quota, disorientati". Truffer ha preso parte alle ricerche: "Abbiamo trovato una brutta scena", ha spiegato alla testata svizzera 'Walliser Boten', secondo quanto riporta il sito di un altro giornale elvetico, 'Blick'. Truffer crede che sia scattato il panico perché i corpi delle vittime sono stati trovati sparsi. Il soccorritore ritiene quindi che la tempesta in quota possa esser stata fatale per gli scialpinisti.
Tutti della stessa famiglia
I dispersi sono cinque membri della stessa famiglia della Val d'Hérens: tre fratelli, tra cui un membro della direzione comunale, lo zio, il cugino e l'amica friburghese di uno dei fratelli, tutti di età compresa tra i 21 ei 58 anni. Sabato erano partiti da Zermatt in direzione Arolla, le ricerche dei soccorritori erano state interrotte domenica dopo che una tempesta di foehn - detto anche favonio, un vento caldo e secco che può presentarsi, in differenti configurazioni bariche, su entrambi i versanti delle Alpi, degli Appennini e dei Pirenei - si era abbattuta sulle Alpi svizzere.
Tra loro anche atleti
Da quanto si apprende, diversi di loro erano alpinisti esperti e alcuni si stavano allenando per una gara di scialpinismo di fama mondiale in programma ad aprile, la 'Patrouille des glaciers', il cui tracciato passa anche lungo l'itinerario Zermatt-Arolla che stavano percorrendo. A dare l'allarme, sabato pomeriggio verso le 16, era stato un familiare che aspettava il gruppo ad Arolla, nella Val d'Hérens. Una telefonata fatta poco dopo, alle 17.19, da uno dei sei dispersi ha poi permesso la localizzazione nel settore del Col de la Tete Blanche, a circa 3.500 metri di quota, poco più di mezzo chilometro in linea d'aria dal confine con l'Italia e la Valle d'Aosta.
Nella notte tra sabato e domenica cinque soccorritori svizzeri avevano tentato di raggiungere il gruppo partendo a piedi da Zermatt, ma - come detto - a causa delle pessime condizioni meteorologiche, e del pericolo valanghe, hanno dovuto rinunciare. Era stato allertato anche il Soccorso alpino valdostano, nella speranza che le condizioni climatiche sul lato meridionale consentissero l'intervento in elicottero. Ieri, in un altro incidente, uno sciatore che procedeva in fuoripista è morto all'ospedale di Sion (Svizzera) per i traumi riportati dopo essere stato travolto da una valanga nella Val Ferret elvetica.
"Abbiamo fatto tutto il possibile: talvolta dobbiamo inchinarci alla natura"
Fredy-Michel Roten, direttore dell'Ocvs (Organizzazione cantonale vallesana dei soccorsi) ha detto in conferenza stampa che in queste situazioni, quando si riescono a contattare i dispersi al telefono, "si dà l'informazione di proteggersi al meglio, il che non è sempre evidente, ma bisogna fare un buco" nella neve, per "proteggersi da qualche parte".
In casi del genere "si prova sempre a rimanere in contatto, poi bisogna vedere anche i mezzi che si hanno a disposizione, c'è purtroppo la questione della batteria" del telefono. "Tutto è stato fatto sul piano umano, sul piano delle risorse... abbiamo provato l'impossibile. Talvolta dobbiamo inchinarci alla natura", ha spiegato Christian Varone, comandante della polizia cantonale del Vallese. I soccorritori hanno lavorato "fino all'estremo limite delle loro possibilità", ha aggiunto, facendo riferimento alle condizioni meteorologiche "catastrofiche" del fine settimana scorso, con nebbia, vento, freddo e pericolo valanghe.
La 'speranza' è di poter trovare ancora in vita lo scialpinista ancora disperso, pur essendo "realisti" sulle condizioni della montagna, a 3.500 metri di quota, nelle ultime 48 ore. La tempesta Monica sulle Alpi ha portato raffiche di vento fino a 190 chilometri all'ora sopra i 1.800 metri. La procuratrice generale del canton Vallese, Beatrice Pilloud, ha annunciato l'apertura di un'indagine per far luce sulla tragedia. Secondo Pilloud in montagna le condizioni possono "cambiare subito" ed "è importante non giudicare le persone", avendo rispetto nei "loro confronti" e "verso le loro famiglie".