Parla Livermore: Gergiev via dalla Scala? lo capisco, ma deve valere per tutte le guerre
"L’arte ha sempre una valenza politica. A volte si emancipa dai poteri, altre volte no. In Russia abbiamo visto risposte di artisti molto diverse. Ma c’è differenza fra il singolo artista e un’istituzione che rappresenta un Paese”
Prima dello spettacolo, a un certo punto, suona la sirena antiaerea, come se al Teatro Nazionale di Genova fossimo sotto un bombardamento, come se in centro a Genova fossimo a Kiev, come se fossimo in piena guerra. Poi, sul palco, va in scena “Grounded”, lo straordinario spettacolo di George Brant, uno dei testi di drammaturgia contemporanea più rappresentati al mondo negli ultimi anni, che nella lettura di Davide Livermore diventa qualcosa di ancora più forte, definitivo, assoluto. Dirompente. Livermore firma una regia di una potenza assoluta e di una bellezza portatrice di un’emozione incredibile, grazie anche e soprattutto a Linda Gennari, interprete del monologo che dura quasi due ore e lascia con il cuore in gola. Linda è straordinaria: automa e mamma, top gun e amante, ribelle e coreuta di una tragedia greca.
Perché “Grounded” altro non è che una tragedia greca contemporanea, un urlo dirompente contro la guerra, tanto più forte perché non ha alcuna intenzione moralistica, ma è Morale. Senza voler fare lezioni di morale. E non è un gioco di parole. Insomma, la storia della pilota di caccia americani che, dopo essere rimasta incinta, viene messa alla guida dei droni, passando dal blu del cielo al grigio delle quattro pareti dei comandi remoti, “la poltronautica”, è uno splendido spettacolo teatrale, imperdibile. Ma qui la storia va oltre. Perché, ogni volta, è più forte, più devastante, diverso dalla precedente. E sempre più bello.
Ma, soprattutto, mai “neutro”, mai senza conseguenze. La prima volta che lo vidi – e lo raccontammo su Tiscalinews, in un articolo emozionato e spero emozionante per chi lo leggeva – i teatri erano ancora chiusi e mi mischiai di nascosto agli studenti della scuola di recitazione del Teatro Nazionale, la più prestigiosa d’Italia per assistere alla prova generale aperta. La seconda volta era il primo giorno che i teatri potevano riaprire dopo una chiusura lunghissima e, quindi, testo e contesto si mischiavano in un racconto da brividi. La terza, quella che avrebbe dovuto essere “serena”, è, se possibile, la più forte di tutte, perché uno spettacolo così, antimilitarista ma senza prediche inutili, è decisivo, definitivo verrebbe da dire, che non lascia spazio alle parole, ma lascia senza fiato, senza respiro.
Ovviamente, Livermore, quando l’ha messo in cartellone, non poteva sapere che sarebbe scoppiata la guerra negli stessi giorni. Ma è la forza profetica degli artisti, degli artisti veri, un po’ come quando Nanni Moretti fece “Habemus Papam” prima dell’ "ingravescente aetate" di Papa Benedetto. Davide Livermore, in anni difficili, un anno con una splendida formula televisiva con “A riveder le stelle” perché il teatro era forzatamente vuoto, è l’unico regista della storia che ha fatto quattro Sant’Ambrogio con la prima della Scala, già di diritto nella storia del teatro lirico.
E anche nella storia del teatro tout court, perché non è che quando esce dall’opera e si dedica alla prosa i risultati siano meno straordinari: quest’anno, in Sicilia, al teatro Greco di Siracusa ad assistere al suo “Coefore Eumenidi” di Eschilo è arrivato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e, prima di lui, al debutto i ministri dell’Interno Luciana Lamorgese e della Giustizia Marta Cartabia. E, prima di “Grounded” aveva lanciato uno straordinario messaggio con “Elena” di Euripide, con il racconto dei porti aperti, “perché i naufraghi sono cari agli dei” e anche lì non c’era niente di forzato, era semplicemente Euripide, che però col governo gialloverde dei porti chiusi aveva una forza dirompente. Insomma, “Grounded” è lo spettacolo che meglio di ogni altro racconta la guerra e quindi anche questa guerra, assurda, se possibile più di ogni guerra.
Ma c’è di più. Prima di tornare a Genova, Livermore era a San Pietroburgo al teatro Aleksandriskij, per lavorare a uno scambio di produzioni fra il Teatro Nazionale e il teatro russo. Di più, era ospite del teatro russo e ha un’amicizia, ma anche una stima infinita per Valery Gergiev, “il più grande direttore al mondo, nessuno oggi dirige come lui”, così come per gli artisti russi, con cui si trova spesso a lavorare. A San Pietroburgo la sera in cui Livermore parlava con i suoi amici artisti russi c’era l’incontro tra Putin e Macron e lo videro insieme ai russi in televisione.
E ora, al ritorno, le sue parole sono ancora più forti. Perché, come racconta a margine dello spettacolo e come ha detto anche in un dibattito attorno a “Grounded”, a cui avrebbe dovuto partecipare anche l’ex ministro della Difesa Roberta Pinotti, ovviamente trattenuta a Roma dai lavori parlamentari: “Non penso che l’arte debba e possa essere lontana dalla politica. L’arte ha sempre una valenza politica. A volte si emancipa dai poteri, altre volte no. In Russia abbiamo visto risposte di artisti molto diverse. Ma c’è differenza fra il singolo artista e un’istituzione che rappresenta un Paese”.
E qui sta il punto: l’”ufficialità”. E quindi l’esclusione di Gergiev, caro amico di Putin, dalla Scala va letta in questa chiave per Livermore. Che ricorda anche l’atto eroico di Arturo Toscanini che lasciò l’Italia nel 1932, non nel 1943, per non essere complice in alcun modo del nazismo. Così come Livermore insiste su un altro concetto: “Ogni guerra va condannata. A partire da questa, mossa da Putin in Ucraina. Tutte le guerre scatenano reazioni anche nel mondo dell’arte. Il mio pensiero è di condanna totale a tutte le guerre in tutto il mondo”. Parole, queste che, del tutto ingiustificatamente, gli hanno portato da parte di alcuni la definizione di filorusso, cosa chiaramente lontanissima da ciò che ha detto, basta saper leggere, senza nemmeno troppo sforzo di interpretazione.
E, per l’ennesima volta, ripete le parole affidate a Claudio Cabona, sul “Secolo XIX” in merito all’esclusione di Gergiev, amico di Putin che non ha voluto abiurare, dalla Scala, così come da tanti altri teatri europei ed italiani: “Rispetto la decisione di Beppe Sala. Ribadisco solo che sarebbe bello che tutti sentissimo l’urgenza di schierarci contro ogni guerra del nostro tempo e contro tutti gli atti lesivi della democrazia. In ogni parte del mondo e da parte di ogni governo”.
Tutto questo non ha nulla a che vedere però con la cancel culture e con l’ansia iconoclasta che ha colpito i classici della letteratura russa e chiunque abbia qualcosa a che fare con la cultura russa. Scelte che, anzi, sono un boomerang incredibile per la causa che vorrebbero difendere. Mi sono piaciute moltissimo, al proposito le parole di una giovane violinista dell’orchestra sinfonica Gioacchino Rossini, che si chiama Silvia Stella, una sorta di leggiadra divinità del palco, che ha scritto un post che dice tutto in una frase: “Sembrano le ripicche da ragazzini a ricreazione. Voler combattere Putin diventando Putin mi sembra proprio la prima cosa da non fare”. Poi vedi la straordinaria Linda Gennari in “Grounded”, l’altrettanto straordinaria regia di Livermore con la collaborazione dei suoi tecnici che usano la straordinaria macchina scenica come meglio non si potrebbe, e hai tutte le risposte che cerchi.
L’Arte, la Poesia.
Così.