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[Il retroscena] La rivolta della Polonia contro Papa Francesco. La deriva razzista dei vescovi di Varsavia

Ventidue le diocesi polacche su un totale di 42 vi hanno preso parte. L’iniziativa che ha coinvolto un milione di persone si è mossa in senso contrario all’impegno continuo e lucido di Francesco per l’accoglienza ai profughi e agli immigrati nel bisogno, è stata appoggiata dal Governo polacco da una parte dei vescovi e dal vertice della Conferenza episcopale oltre che dalla potente Radio Maria di stampo tradizionalista e dalla televisione pubblica polacca.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
Il Papa in Polonia (foto agensir)
Il Papa in Polonia (foto agensir)

Uno dei fronti anti Francesco passa per la Polonia dove il solo papa per ora considerato dalla maggior parte dei fedeli cattolici è san Giovanni Paolo II. Il campanello di allarme è suonato lo scorso 7 ottobre, anniversario della vittoria navale dei cattolici contro l’islam a Lepanto del 1571. Per iniziativa di due laici cattolici neoconvertiti e nostalgici di una Chiesa che menava le mani, un milione di cattolici schierato lungo i 3500 chilometri di confini ha recitato in contemporanea il Rosario “per la pace e per salvaguardare la patria e il resto d’Europa dalla secolarizzazione e soprattutto dall’islamizzazione”.

Un modo un tantino articolato e pomposo per nascondere in realtà il vero obiettivo: una parola d’ordine contro immigrati e profughi che in maggioranza musulmana a parere dei singolari cattolici polacchi stanno invadendo l’Europa e mettendo a rischio l’identità cattolica del continente e della stessa Polonia. Ventidue le diocesi polacche su un totale di 42 vi hanno preso parte. L’iniziativa che si è mossa in senso contrario all’impegno continuo e lucido di Francesco per l’accoglienza ai profughi e agli immigrati nel bisogno, è stata appoggiata dal Governo polacco da una parte dei vescovi e dal vertice della Conferenza episcopale oltre che dalla potente Radio Maria di stampo tradizionalista e dalla televisione pubblica polacca.

L’iniziativa è stata pubblicamente criticata dal vescovo Tadeusz Pieronek, ex segretario della Conferenza episcopale che intervistato da “Famiglia Cristiana” ha voluto precisare che il rosario “non è un’arma ideologica” denunciando l’appoggio di una parte dei vescovi alla deriva razzista del Governo di Varsavia. A suo parere sembra che i vescovi non si accorgano” della strumentalizzazione della Chiesa da parte del Governo” e che una parte della Chiesa è stata per lo meno gravemente ingenua in questa circostanza. A parere del presule tutti i polacchi che hanno partecipato al rosario “sono contro il pensiero e l’insegnamento di papa Francesco” rilevando che in Polonia “è in atto una battaglia per persuadere la gente che ogni profugo è un bandito che attenta all’identità polacca ed è una minaccia grave e reale per la salute e la vita dei polacchi”.

Laici cattolici progressisti che sono una minoranza sono entusiasti per papa Francesco e sono preoccupati per la furbizia con cui tanti preti e vescovi del paese lasciano intendere di essere d’accordo con Francesco ma poi predicano e operano contro le sue direttiva pastorali e dottrinali. Si nascondo dietro una finta preoccupazione secondo cui la cosa migliore da fare è aiutare i profughi a casa loro. Molta parte della gente segue i vescovi ma sembra quasi che i conservatori più determinati stiano tra i laici. Eppure la Chiesa in Polonia dispone di un benessere economico notevole dal momento che alla disponibilità di denaro si è aggiunta la restituzione del patrimonio immobiliare sequestrato sotto il comunismo. Anche in Polonia è tempo di nazionalismo che si nutre con il populismo che – secondo alcuni - sposta l’asse del Paese e della Chiesa su una china pericolosa per la stessa democrazia.

A più riprese, ormai da tempo, ci si chiede dove siano i critici di papa Francesco. In Polonia sono venuti allo scoperto con l’equivoco di una preghiera chiaramente e tranquillamente strumentalizzata. Analoghe resistenze si possono registrare in altri Paesi specialmente occidentali. Il papa né è cosciente ma non demorde dall’impegno a cambiare il paradigma della coscienza che la Chiesa ha di sé e della tradizionale presenza pastorale. Opera gigantesca avviata dal concilio che il papa intende portare avanti senza tentennamenti e tuttavia (in ottemperanza alla misericordia) con guanto di velluto, lasciando ai suoi critici inutili polemiche e chiarendo sempre più decisamente la necessità di passare da una Chiesa che celebra la battaglia di Lepanto a una Chiesa che manifesta con chiarezza e sempre la misericordia di Dio. Con tutte le conseguenze anche nei tradizionali rapporti con il potere politico ed economico.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
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