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Immigrazione: il ritorno al cuore del dibattito politico USA

Trump ridisegna i confini: dalle espulsioni di massa al piano per Gaza, le nuove sfide dell’immigrazione USA

Alice Bellantedi Alice Bellante   
Immigrazione: il ritorno al cuore del dibattito politico USA

L’immigrazione è da sempre uno dei temi più divisivi e strategici della politica internazionale. Dietro a numeri e confini si intrecciano questioni legate a sicurezza, economia, diritti umani e identità nazionale. Per alcuni governi, il controllo dell’immigrazione è essenziale per garantire la stabilità e la protezione dei cittadini; per altri, è una questione di dovere umanitario e apertura. Negli Stati Uniti, il tema è stato centrale in ogni campagna elettorale degli ultimi decenni, plasmando l’orientamento delle amministrazioni e influenzando la politica interna ed estera del paese.

Dall’inizio del 2025, il neoeletto presidente Trump ha adottato una serie di misure drastiche in materia di immigrazione, segnando un netto inasprimento delle politiche migratorie del Paese. Dalla dichiarazione di emergenza nazionale al confine con il Messico all’abolizione dello ius soli, fino ad accordi controversi con paesi terzi, le iniziative del presidente riflettono un approccio che punta a rafforzare la sicurezza nazionale e a ridurre drasticamente l’immigrazione irregolare. Queste decisioni hanno però sollevato critiche e preoccupazioni sia all’interno degli Stati Uniti che a livello internazionale, riaccendendo il dibattito tra la necessità di un controllo più rigido delle frontiere e il rispetto dei diritti umani.

Accordi con El Salvador: detenzione di criminali e migranti

Di recente, l’amministrazione Trump-Vance ha rafforzato la collaborazione con lo stato di El Salvador su due fronti strategici: la gestione della detenzione di criminali e il contenimento dei flussi migratori. Il 3 febbraio 2025, il Segretario di Stato americano, Marco Rubio, ha annunciato un accordo secondo il quale il governo salvadoregno si impegnerà ad accettare detenuti statunitensi, compresi membri di gang come la MS-13 - nata a Los Angeles tra immigrati salvadoregni, nota per traffico di droga, estorsioni e omicidi - e il "Tren de Aragua" - organizzazione criminale venezuelana, attiva nel traffico di droga, tratta di esseri umani ed estorsioni -, in cambio di un compenso economico per ogni prigioniero ospitato nelle carceri locali.

L’intesa è stata descritta come “unica al mondo”, nonostante siano già stati sollevati dubbi circa la compatibilità con gli standard internazionali in materia di diritti umani, soprattutto considerando le dure condizioni delle prigioni salvadoregne, in particolare il famigerato Centro di Confinamento del Terrorismo (CECOT). IL CECOT è una struttura di massima sicurezza progettata per ospitare fino a 40.000 detenuti, rendendola una delle prigioni più grandi al mondo. Le celle, ciascuna dotata di 80 cuccette senza materassi, ospitano oltre 100 detenuti, offrendo uno spazio medio di appena 0,6 metri quadrati per persona, meno dello spazio riservato al bestiame negli allevamenti intensivi.

Parallelamente all’accordo in questione, Washington sta negoziando per designare El Salvador come "Paese Terzo Sicuro", il che permetterebbe di deportare lì i migranti non salvadoregni intercettati al confine USA, impedendo loro di presentare richiesta d’asilo sul suolo americano. Anche questo piano, tuttavia, è stato accolto con scetticismo sia da organizzazioni per i diritti umani, che ne denunciano i possibili abusi, sia da esperti legali, che avvertono sui rischi di trasferire cittadini statunitensi in carceri straniere senza adeguate garanzie costituzionali. Il dibattito è aperto: queste misure rappresentano un passo avanti nella lotta alla criminalità e all’immigrazione irregolare, o pongono pericolosi precedenti per il rispetto dei diritti fondamentali?

Un piano per Gaza: trasferimento dei palestinesi e ricostruzione

Il 4 febbraio 2025, durante una conferenza stampa congiunta con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente Donald Trump ha proposto che gli Stati Uniti assumano il controllo della Striscia di Gaza e trasferiscano permanentemente la popolazione palestinese in paesi vicini come Egitto e Giordania. Trump ha descritto Gaza come un "sito di demolizione" e ha dichiarato: "Stiamo parlando probabilmente di un milione e mezzo di persone, semplicemente ripuliamo l’intera zona e diciamo 'è finita’". L'obiettivo dichiarato è trasformare Gaza in una "Riviera del Medio Oriente" attraverso un progetto di ricostruzione a lungo termine.

Questa proposta ha incontrato una forte opposizione da parte dei paesi arabi e delle organizzazioni internazionali. Egitto e Giordania hanno respinto l'idea, sottolineando le implicazioni legali e morali di un trasferimento forzato di popolazione. Gruppi per i diritti umani hanno criticato il piano, definendolo una forma di pulizia etnica e una violazione del diritto internazionale.

Abolizione dello Ius Soli

Il 21 gennaio 2025, il presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo volto a eliminare il diritto di cittadinanza per i figli nati negli Stati Uniti da immigrati irregolari o da persone con soggiorno temporaneo. Questo diritto, sancito dal 14° emendamento della Costituzione americana, garantisce la cittadinanza a chiunque nasca sul suolo statunitense. La decisione di Trump ha immediatamente innescato una serie di ricorsi legali, con molti esperti che mettono in dubbio la costituzionalità del provvedimento. Il 23 gennaio 2025, un giudice federale di Seattle ha temporaneamente bloccato l'ordine esecutivo, definendolo "palesemente incostituzionale". In risposta, l'amministrazione Trump ha annunciato l'intenzione di presentare ricorso contro la decisione del giudice.

Dichiarazione di emergenza nazionale al confine

Il 20 gennaio 2025, nel giorno del suo insediamento, il presidente Donald Trump ha dichiarato un'«emergenza nazionale» al confine con il Messico, giustificando la misura con la necessità di contrastare l'immigrazione illegale e rafforzare la sicurezza nazionale. Questa dichiarazione consente al presidente di mobilitare fondi speciali e di impiegare l'esercito a supporto delle forze di frontiera. Di conseguenza, migliaia di soldati sono stati inviati al confine per rafforzare le barriere esistenti e supportare le operazioni di controllo.

Tuttavia, la decisione ha sollevato preoccupazioni riguardo all'uso dei militari in operazioni di polizia interna, potenzialmente in contrasto con il Posse Comitatus Act, una legge federale che limita l'impiego delle forze armate in attività di ordine pubblico sul suolo americano. L'invocazione dell'Insurrection Act per giustificare tale dispiegamento ha alimentato il dibattito sulla costituzionalità e sull'opportunità di utilizzare l'esercito per scopi di controllo dell'immigrazione.

In ambito legislativo, il 29 gennaio 2025, il presidente Trump ha firmato il Laken Riley Act, una legge che impone la detenzione obbligatoria per tutti gli immigrati irregolari che commettono determinati reati, come furto, taccheggio o aggressione a pubblico ufficiale. Secondo la nuova legge, queste persone rimarranno in stato di detenzione fino alla loro espulsione dal territorio statunitense, senza possibilità di rilascio su cauzione.

La legge prende il nome da Laken Riley, una studentessa di infermieristica della Georgia uccisa da un immigrato venezuelano irregolare. Il provvedimento consente inoltre ai procuratori generali degli stati di citare in giudizio il governo federale per l'eventuale mancata applicazione delle leggi sull'immigrazione.

Sebbene l'amministrazione Trump abbia celebrato l'approvazione della legge come un passo decisivo per la sicurezza nazionale, i critici sostengono che essa possa portare a detenzioni ingiuste e violazioni dei diritti costituzionali, ampliando eccessivamente le categorie di individui soggetti a detenzione ed espulsione. Organizzazioni per i diritti umani e alcuni esponenti politici hanno espresso preoccupazione per le possibili implicazioni legali e morali di tali misure.

Un bivio storico per l’immigrazione USA

Le politiche adottate dall’amministrazione Trump nel 2025 hanno ridefinito il panorama dell’immigrazione negli Stati Uniti, aprendo scenari inediti e accendendo nuove tensioni politiche e diplomatiche. Se da un lato queste misure rispondono alla promessa elettorale di un controllo più rigido delle frontiere, dall’altro sollevano interrogativi cruciali sul futuro della democrazia americana e sulla sua storica identità di “nazione di immigrati”.

Il confine tra sicurezza e restrizione, tra sovranità e diritti umani, si fa sempre più sottile. Le decisioni prese oggi avranno conseguenze ben oltre il mandato presidenziale, incidendo sul tessuto sociale, economico e geopolitico del paese. Resta da vedere se questa strategia porterà a una maggiore stabilità o se, al contrario, alimenterà tensioni interne e internazionali difficili da sanare. Nel frattempo, il mondo osserva: l’America sta davvero diventando più sicura o sta solo costruendo nuovi muri?

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