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[L’analisi] “Gilet gialli, non è solo colpa di Macron, bisogna ripensare l’integrazione europea”

Jean Pierre Chevènement, quattro volte ministro della Repubblica Francese lungo l’arco della presidenza di Francois Mitterand e di Jacques Chirac analizza il fenomeno che sta sconvolgendo la Francia

Paola Pintusdi Paola Pintus, editorialista   
[L’analisi] “Gilet gialli, non è solo colpa di Macron, bisogna ripensare l’integrazione europea”

“C’è un malessere profondo che non va sottovalutato e che riguarda una situazione sociale profondamente deteriorata che nasce dalle scelte sbagliate fatte negli anni 80 e 90”. Chi parla è Jean Pierre Chevènement, quattro volte ministro della Repubblica Francese lungo l’arco della presidenza di Francois Mitterand e di Jacques Chirac, dai primi anni 80 fino al 2000. Politico di lungo corso, di fede socialista, in seguito ispiratore dei due partiti  Mouvement des Citoyens (MdC) e del Mouvement républicain et citoyen (MRC), antesignani dell’odierno sovranismo, ma su posizioni di sinistra. Non ha mai rinunciato a coltivare un pensiero trasversale, critico sulla costruzione dello stato federalista  europeo, su Maastricht e sull’adesione alla zona euro. Al Partito socialista francese rimprovera di essersi conformato, sin dagli anni novanta al “dogma mondialista neoliberale” e alle logiche dominanti del capitalismo finanziario in Europa. Ciononostante alle elezioni  presidenziali  del 2017 fra Le Pen e Macron sceglie di sostenere la candidatura di quest’ultimo. All’indomani dell’ultimo sabato di guerriglia parigina, dagli studi di Paris Premiere afferma che “non si possa esonerare Emmanuel Macron” rispetto alla crisi nel paese ma nemmeno addossargli tutte le colpe. Una difesa inaspettata del presidente francese, che invece viene duramente criticato in queste ore da intellettuali del calibro di Jean Paul Fitoussi. Il professore lo ha liquidato, dalle colonne del Fatto Quotidiano, con un commento lapidario “Imbecille”.

Un’integrazione con tanti errori

“Certo, Macron è stato colui che ha fatto implodere il sistema”, ragiona invece Chèvenement,  ma il malessere ha origini molto più lontane:  tutto nasce dagli errori del processo di integrazione europea e dall’impostazione delle politiche economiche europee.  A partire dall’Atto Unico  (l’accordo che ha emendato i trattati di Roma del ‘57 da cui è nata la Comunità Economica Europea ed il mercato comune, con le circa 300 direttive volte a smantellare le barriere fisiche, politiche e fiscali contro la libera circolazione delle merci, delle persone e dei capitali in Europa).  “Da un lato l’Atto Unico ha affermato il primato della concorrenza e della deregulation sui capitali che instaura un’ineguaglianza fondamentale tra capitale e lavoro. Dall’altro la moneta unica, che significa abbandono della sovranità monetaria che è affidata ad una Banca Centrale indipendente. Infine il Patto di Stabilità, ovvero una camicia di forza che non permette agli stati di mettere in atto politiche anticicliche”, afferma il keynesiano Chévenement. “Ora, invece di scegliere una politica industriale repubblicana, che avrebbe tenuto conto dell’ambiente, si è scelta la via del liberismo, della deregolamentazione, e ci si stupisce del risultato. La collera viene da lì, perché c’è una pressione sui salari, soprattutto quelli più bassi, di cui la gente soffre. I Gilet Gialli sono persone che lavorano e guadagnano poco, complessivamente. Bisogna comprendere questa collera per trovare risposte che siano all’altezza”. Nonostante le enormi aspettative sollevate dal suo governo, Macron non sembra in grado di gestire la situazione, ma ancora una volta Chèvenement allarga il ragionamento all’Europa. “Emmanuel Macron aveva formulato una proposta di contenimento del deficit budgetario che presupponeva che a livello europeo la Germania avrebbe accettato un ampliamento  del budget comunitario per una politica di rilancio anticiclica a livello europeo. Ma non è andata così. Ora occorre trovare in fretta il piano B”.

Le misure per uscire dalla crisì e lo sguardo all’Italia

“Innanzitutto bisognerebbe ammorbidire le maglie del Patto di Stabilità. Bisognerebbe dire ai nostri partners europei che è tempo di essere seri:abbiamo una crescita molto bassa da dieci anni, dentro la crisi più generale che attraversa diversi paesi europei come Italia, Spagna, Gran Bretagna, la stessa Gran Bretagna. Occorrerebbe una riflessione comune per rivedere i trattati. Oppure fare un trattato dentro un trattato fra i membri che accettano di andare in una certa direzione”. Chévenement volge poi il ragionamento al caso italiano: “L’Italia fa una serie di richieste nell’area di bilancio. Non capisco né il Commissario europeo Moscovici, né il nostro ministro delle Finanze che vogliono assolutamente che l’Italia non sfori. Non mi sembra serio, siamo nella stessa situazione. Abbiamo tutti bisogno di crescita per riavviare la macchina”.

Sostenitore della prima ora di Emmanuel Macron, Fitoussi dalle colonne del Fatto ora non chiede le sue dimissioni ma invita il presidente francese a cambiare radicalmente, ed in modo molto veloce la sua politica, sbilanciata a favore dei ricchi e penalizzante per i ceti più poveri: a fronte dell’alleggerimento delle tasse sui capitali, a chi non arriva a fine mese non ha saputo offrire altro che l’aumento della benzina.  Ecco cosa ne pensa  Chèvenement: “Bisogna dare a Macron il tempo di modificare la sua politica. Non c’ è soluzione alla crisi che stiamo attraversando al di fuori dalle istituzioni, non si possono chiedere come in queste ore le dmissioni del Presidente della Repubblica. Dire che bisogna sciogliere l’Assemblea nazionale non ha senso: quando il Generale De Gaulle lo fece, nel 1968, ottenne il voto a maggioranza. Macron oggi ha una maggioranza di 400 deputati”.

Paola Pintusdi Paola Pintus, editorialista   
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