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[L’intervista] “La Francia andrebbe punita per il caos in Libia. Ha offerto un milione di dollari alle milizie e si oppone alla stabilizzazione per giochi di potere”

Dialogo con Michela Mercuri, docente al SIOI di tematiche del Medio Oriente e del terrorismo e componente dell’Osservatorio italiano sul Fondamentalismo religioso e sul terrorismo: “auspicio che si arrivi ad una mediazione internazionale tra Italia e Russia per una road map sulla pace che veda uniti sulla base di presupposti concreti i due leaders di Tripoli e di Tobruk.  Sarà anche importante includere gli attori locali, cioè i sindaci, le municipalità e tutte quelle autorità che non si riconoscono nelle figure di Serraj e Haftar. Altrimenti si andrà a replicare l’errore già commesso dalla Francia”

Paola Pintusdi Paola Pintus, editorialista   
Michela Mercuri
Michela Mercuri

Con l’assedio di Tripoli da parte delle brigate ribelli che in una settimana di scontri ha causato oltre 60 morti e quasi 150 feriti la Libia ha toccato il punto di crisi più alto dal 2014. L’accordo per un cessate il fuoco raggiunto con la mediazione dell’Onu e dopo l’appello del P3 più uno (Italia, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti) lascia ora spazio ad una fragile tregua, che lascia aperti tutti gli scenari possibili. Ne abbiamo parlato con Michela Mercuri, docente al SIOI di tematiche del Medio Oriente e del terrorismo e componente dell’Osservatorio italiano sul Fondamentalismo religioso e sul terrorismo.

“Non sappiamo quanto tempo potrà durare effettivamente questa tregua, ma il problema non è questo. Placare temporaneamente gli appetiti delle milizie servirà comunque a poco se non si risolve il problema fondamentale dell’instabilità in Libia. Un’instabilità dovuta al potere delle fazioni armate che controllano porzioni di territorio tanto nell’Ovest -dove sono accaduti i disordini -quanto nell’Est, seppur in maniera minore. La soluzione dunque va ricercata in un sistema di dialogo con le parti più dialoganti fra le milizie, con un approccio inclusivo capace di isolare le frange più violente e separatiste. Questo potrebbe essere il primo passo per la stabilizzazione del quadro della zona ovest di Tripoli e dintorni, chiaramente sotto l’egida di un governo di accordo nazionale che è quello di Sarraj, riconosciuto dalla comunità internazionale”.

Fra gli appelli giunti in queste ore per il cessate il fuoco, ci sono quelli di Italia e Francia, ma l’Europa stenta a far sentire la sua voce unitaria.
“La questione libica non è una questione italiana o francese ma è una questione europea. Lo sforzo per la pacificazione deve essere preso in carico nel suo complesso dall’Europa che però manca di una politica estera di sicurezza comune e deve trovarla al più presto, perché finché singoli attori giocheranno la loro partita solitaria in Libia non ci sarà stabilizzazione. Bisogna cercare di uscire dalla rivalità fra l’Italia e la Francia, che comunque c'è ed è reale. Non si può ignorare quello che è successo nel 2011 ma guardiamo avanti e cerchiamo di capire come all’interno di un discorso europeo e soprattutto all’interno delle Nazioni Unite si possa davvero risolvere congiuntamente la questione libica.

Eppure le divergenze tra Italia e Francia sembrano inconciliabili: sappiamo che esiste una divergenza di vedute anche sulla data delle elezioni democratiche che dovrebbero riportare il paese alla normalità. La Francia le vorrebbe a dicembre, l’Italia frena.
“Sono d’accordo sulla posizione espressa dall’Italia attraverso il nostro bravissimo ambasciatore Giuseppe Perrone che poi tra l’altro è anche la posizione espressa dalle istituzioni internazionali con il rappresentante dell’Onu per la Libia Ghassan Salamè. Quello che è accaduto a Tripoli in questi giorni ci dimostra che indire le elezioni in un contesto così destabilizzato è una pura follia. La Francia continua a portare avanti unilateralmente questo suo progetto, lo ha fatto anche promettendo circa un milione di dollari da destinare all’allestimento della macchina elettorale e questo ha ulteriormente alimentato gli appetiti delle milizie. La stabilizzazione è la precondizione per fare le elezioni e non viceversa: se c’è qualche attore come la Francia che non è d’accordo starà alla comunità internazionale escluderla dal processo di pacificazione della Libia e limitarne anche lo strapotere nel territorio. Andrebbe infatti punito un paese che si oppone alla linea delle Nazioni Unite in Libia”.

A novembre a Sciacca è previsto un importante appuntamento diplomatico, il tavolo sulla Libia promosso dall’Italia e a cui parteciperanno per la prima volta i rappresentanti di USA e Russia.
“Io mi auguro che questo incontro che sia finalizzato a favorire non tanto uno dei due attori, Serraj o Hftar, ma miri ad unire le istanze dell’Est e dell’Ovest in un dialogo realmente inclusivo e partecipato. Questa speranza nasce dal fatto che a questo tavolo saranno presenti gli alleati regionali ma soprattutto i referenti internazionali di Haftar e di Serraj. E’ una novità importante la partecipazione della Russia, che è un interlocutore fondamentale per un dialogo inclusivo a livello internazionale. L’Italia, sponsor del governo legittimo di Tripoli insieme alla comunità internazionale dovrà farsi portavoce con la Russia, vicina ad Haftar, delle istanze del governo legittimo. Il mio auspicio è che si arrivi ad una mediazione internazionale tra Italia e Russia per una road map sulla pace che veda uniti sulla base di presupposti concreti i due leaders di Tripoli e di Tobruk.  Sarà anche importante includere gli attori locali, cioè i sindaci, le municipalità e tutte quelle autorità che non si riconoscono nelle figure di Serraj e Haftar. Altrimenti si andrà a replicare l’errore già commesso dalla Francia nell’incontro dell’anno scorso e in quello del maggio appena trascorso, che si è concluso con una stretta di mano fra i due leaders ma senza basi solide, in quanto entrambi rappresentano una parte della Libia, non tutta”.

Paola Pintusdi Paola Pintus, editorialista   
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