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Francesco ritorna a Lesbo e prova a convincere i leader Ue: “Risolvere il dramma dei profughi conviene a tutti”

Viaggio apostolico a Cipro e in Grecia: dal 2 al 6 dicembre il papa punta a convincere la politica che se si vuole si può risolvere il dramma dei profughi

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
Il papa nella sua prima visita a Lesbo (Ansa)
Il papa nella sua prima visita a Lesbo (Ansa)

Ritorno di Francesco a Lesbo, il campo profughi tra i più grandi nel mondo, piantato in mezzo al Mediterraneo il mare che nel passato ha favorito scambi commerciali e culturali e oggi è diventato il più grande cimitero a cielo aperto del mondo. Per tentare di spezzare i lucchetti dell’egoismo europeo con politiche coraggiose, giuste e responsabili contro la piaga della tratta e dell’emigrazioni clandestine Francesco ha desiderato questo viaggio che potrebbe sembrare secondario rispetto ad altri più altisonanti e prossimi ad emergenze speciali.

No al filo spinato

Ma nel pensiero del papa poche altre cose sono un’emergenza come i migranti e perciò non si dà pace, parlandone “Opportune ed importune” spiegando fino a sgolarsi ai politici quanto sia enorme la posta in gioco con la soluzione del problema emigrazione applicando finalmente politiche declinate secondo 4 verbi: accogliere, proteggere, promuovere, integrare. Restare egoisti e chiusi è segno di paura; mettere al bando muri e filo spinato è voglia di futuro migliore.

Una scelta di civiltà

La posta in gioco in questo viaggio è alta: il papa invita l’Europa a una scelta di civiltà, aprendosi anziché barricandosi nei privilegi del benessere. Francesco ha preparato con cura l’obiettivo del viaggio mettendolo più volte davanti alla pubblica opinione. Ne aveva parlato all’Angelus dell’ultima domenica di novembre, lo ha rilanciato nel videomessaggio alla gente di Cipro e di Grecia, ne ha delineato l’importanza della buona politica per gli immigrati al messaggio per i 70 anni dell’Organizzazione internazionale dell’immigrazione OIM e nell’ultima udienza generale ha chiesto preghiere per la riuscita del viaggio.

Ritorno a Lesbo

Due in particolare i riferimenti a Lesbo dove egli intende recarsi. Si tratta di un ritorno dopo la visita del 16 aprile del 2016 quando il mondo restò colpito dal disperato abbandono in cui si trovavano migliaia di immigrati e profughi. Da allora Lesbo per Francesco non è mai uscita dal cuore e dalla mente come emblema di un’ingiustizia che il mondo non può permettersi di non risolverla quanto prima.

Un’umanità ferita nella carne

“Mi recherò a Cipro e poi in Grecia- ha ripetuto il papa nell’udienza generale del mercoledì -  per compiere una visita alle care popolazioni di quei Paesi ricchi di storia, di spiritualità e di civiltà. Sarà un viaggio alle sorgenti della fede apostolica e della fraternità tra cristiani di varie confessioni. Avrò anche l’opportunità di avvicinare un’umanità ferita nella carne di tanti migranti in cerca di speranza: mi recherò a Lesvos ( Lesbo in greco -ndr). Vi chiedo, per favore, di accompagnarmi con la preghiera. Grazie!”. “Visitarvi – aveva assicurato nel videomessaggio - mi darà anche l’opportunità di abbeverarmi alle sorgenti antiche dell’Europa: Cipro, propaggine della Terra Santa nel continente; la Grecia, patria della cultura classica.

Mediterraneo e Vangelo

Ma anche oggi l’Europa non può prescindere dal Mediterraneo, mare che ha visto il diffondersi del Vangelo e lo sviluppo di grandi civiltà. Il mare nostrum, che collega tante terre, invita a navigare insieme, non a dividerci andando ciascuno per conto proprio, specialmente in questo periodo nel quale la lotta alla pandemia chiede ancora molto impegno e la crisi climatica incombe pesantemente. Il mare, che molti popoli abbraccia, con i suoi porti aperti – ha aggiunto Francesco - ricorda che le sorgenti del vivere insieme stanno nell’accoglienza reciproca. Già ora mi sento accolto dal vostro affetto e ringrazio quanti da tempo stanno preparando la mia visita. Ma penso anche a coloro che, in questi anni e oggi ancora, fuggono da guerre e povertà, approdano sulle coste del continente e altrove, e non trovano ospitalità, ma ostilità e vengono pure strumentalizzati. Sono sorelle e fratelli nostri. Quanti hanno perso la vita in mare! Oggi il “mare nostro”, il Mediterraneo, è un grande cimitero. Pellegrino alle sorgenti dell’umanità, mi recherò ancora a Lesvos, nella convinzione che le fonti del vivere comune torneranno a essere floride soltanto nella fraternità e nell’integrazione: insieme. Non c’è un’altra strada”.

Il messaggio

Nel messaggio per il 70° anniversario dell’Organizzazione internazionale delle Migrazioni (OIM), letto dal segretario di Stato Pietro Parolin, papa Francesco ha rilanciato una specie di sfida virtuosa alla politica internazionale: è tempo di risolvere la questione immigrazione; se vuole, la politica ha la soluzione; per un esito positivo del problema ci sono motivazioni etica alle quali la Santa Sede si è sempre attenuta, utili per chiunque voglia dare “una risposta più degna al fenomeno migratorio”. Motivazioni tuttora “valide e urgenti”.

Non si tratta solo di migranti

Se gli spostamenti della popolazione ha una dimensione etica, occorre “prestare un’assistenza integrale in funzione dei bisogni, senza distinzioni, basata sulla dignità inerente a tutti i membri della stessa famiglia umana”. Francesco sottolinea che “il dibattito sulla migrazione non è realmente sui migranti. Ossia, non si tratta solo di migranti: si tratta piuttosto di tutti noi, del passato, del presente e del futuro delle nostre società. Non dobbiamo lasciarci sorprendere dal numero dei migranti, bensì incontrarci con tutti loro come persone, vedendo i loro volti e ascoltando le loro storie, cercando di rispondere il meglio possibile alle loro particolari situazioni personali e familiari. Tale risposta richiede molta sensibilità umana, giustizia e fratellanza.

No alla cultura dello scarto

Dobbiamo evitare una tentazione molto comune oggigiorno: quella di scartare tutto ciò che risulta fastidioso. È proprio questa la “cultura dello scarto” che tante volte ho denunciato. E’ deplorevole secondo il papa “il fatto che i migranti vengano utilizzati sempre più come moneta di scambio, come pedoni di una scacchiera, vittime di rivalità politiche. Come tutti sappiamo, la decisione di emigrare, di abbandonare la terra natale o il territorio di origine è senza dubbio una delle più difficili della vita. Come si possono sfruttare la sofferenza e la disperazione per avanzare o difendere agende politiche? Come possono prevalere le considerazioni politiche quando a essere in gioco è la dignità della persona umana? La mancanza basilare di rispetto umano alle frontiere nazionali ci sminuisce tutti nella nostra “umanità”. Al di là degli aspetti politici e giuridici delle situazioni irregolari, non dobbiamo mai perdere di vista il volto umano della migrazione e il fatto che, al di sopra delle divisioni geografiche delle frontiere, facciamo parte di un’unica famiglia umana”.

La necessaria integrazione

Da queste riflessioni discendono quattro indicazioni operative che Francesco suggerisce con molta franchezza. “C’è un bisogno urgente di trovare vie dignitose per uscire dalle situazioni irregolari. La disperazione e la speranza prevalgono sempre sulle politiche restrittive. Quante più vie legali esisteranno, meno probabile sarà che i migranti si vedano trascinati nelle reti criminali dei trafficanti di persone o nello sfruttamento e negli abusi durante il contrabbando”. Il tema dell’integrazione “è fondamentale; l’integrazione implica un processo bidirezionale, basato sulla mutua conoscenza, sull’apertura reciproca, sul rispetto delle leggi e della cultura dei paesi di accoglienza con un vero spirito di incontro e di arricchimento reciproco”. La famiglia migrante “è una componente essenziale delle comunità del nostro mondo globalizzato, ma in troppi paesi si negano ai lavoratori migranti i benefici e la stabilità della vita familiare a causa d’impedimenti legali”.

Appello alla comunità internazionale

La comunità internazionale “deve affrontare con urgenza le condizioni che danno luogo alla migrazione irregolare, facendo così della migrazione una scelta ben informata e non una necessità disperata”. In definitiva, “la migrazione non è solo una storia di migranti ma di disuguaglianze, disperazione, degrado ambientale, cambiamento climatico, ma anche di sogni, di coraggio, di studi all’estero, di riunificazione familiare, di nuove opportunità, di sicurezza e protezione, e di lavoro duro ma dignitoso”. A fronte di questa chiarezza del parlare e proporre di Francesco alla politica c’è solo da aggiungere quello che Cristo diceva dopo le sue parabole: “Chi ha orecchi da intendere intenda”. Ma comunque vada questo viaggio. Qualunque esito porterà il papa ribadisce che la questione immigrazione resterà un impegno prioritario della Chiesa cattolica.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
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