Anticipazioni del nuovo libro, Francesco spinge per una svolta in Siria
All’Angelus l’appello del Papa per la pace, mentre nell’intervista anticipata da La Stampa indicate le condizioni per un nuovo mondo del dopo Covid

Un lungo appello per la pace in Siria esprime in papa Francesco la coesistenza di una visione tra il mondo che è ora e che potrà essere diverso e migliore per tutti. Pensare un mondo nuovo senza partire dal presente che occorre modificare rischia l’astrattezza. Il Francesco dell’Angelus di oggi è perciò lo stesso papa che appare nell’ultimo libro intervista da lui concessa e che “La Stampa” odierna anticipa con due pagine del giornale. Le anticipazioni dell’intervista rilasciata al vaticanista Domenico Agasso, contenuta nel libro dal titolo “Dio e il mondo che verrà” lasciano intendere che Francesco ha ben chiaro le due stagioni attuali dell’umanità: la prima è la presente con il Covid durante la quale il mondo, se vuole, può capire ciò che non va; la stagione dopo pandemia potrebbe aprire la possibilità di ripartire con un mondo più umano o segnare il fallimento dei progetti umani. La riuscita dipenderà se si vorrà mantenere un mondo organizzato intorno all’ingiustizia, l’egoismo, la discriminazione, oppure intorno alla solidarietà, la condivisione, la fraternità.
Francesco ha sempre chiarito di voler puntare alla seconda scelta. In questa luce si può capire l’appello appello non di circostanza sulla Siria, una guerra che ha visto forze unite per distruggerla e modificarla senza ascoltare la voce della gente. Il conflitto siriano è stato l’ultimo anello che ha posto fine alle cosiddette primavere arabe.
“Dieci anni fa iniziava – si legge nell’appello di Bergoglio ripetuto in termini analoghi ormai decine di volte - il sanguinoso conflitto in Siria, che ha causato una delle più gravi catastrofi umanitarie del nostro tempo: un numero imprecisato di morti e feriti, milioni di profughi, migliaia di scomparsi, distruzioni, violenze di ogni genere e immani sofferenze per tutta la popolazione, in particolare per i più vulnerabili, come i bambini, le donne e le persone anziane. Rinnovo il mio accorato appello alle parti in conflitto, affinché manifestino segni di buona volontà, così che possa aprirsi uno squarcio di speranza per la popolazione stremata. Auspico altresì un deciso e rinnovato impegno, costruttivo e solidale, della Comunità Internazionale, in modo che, deposte le armi, si possa ricucire il tessuto sociale e avviare la ricostruzione e la ripresa economica. Preghiamo tutti il Signore, perché tanta sofferenza, nell’amata e martoriata Siria, non venga dimenticata e perché la nostra solidarietà ravvivi la speranza”. All’appello il papa ha fatto seguire la recita di un’Ave Maria recitata insieme alla gente sulla Piazza san Pietro “per l’amata e martoriata Siria”.
Un appello per uscire dalla condizione dolorosa di un popolo che il papa ha voluto richiamare in una giornata della gioia che segna il cammino dei cristiani a metà della Quaresima verso la gioia pasquale.
“Questo gioioso messaggio – ha spiegato Francesco - è il cuore della fede cristiana: l’amore di Dio ha trovato il vertice nel dono del Figlio all’umanità debole e peccatrice. Ci ha donato suo Figlio, a noi, a tutti noi”.E la venuta di Gesù non rimane una venuta inefficace perché provoca una scelta tra chi sceglie le tenebre va incontro a un giudizio di condanna, chi sceglie la luce avrà un giudizio di salvezza”. Chi pratica il male cerca le tenebre, il male sempre si nasconde, si copre. Chi fa la verità, cioè pratica il bene, - chiarisce il papa - viene alla luce, illumina le strade della vita. Chi cammina nella luce, chi si avvicina alla luce, non può fare altro che buone opere. La luce ci porta a fare delle buone opere”.
In altri termini è la sostanza che in forma più articolata compare nel volume che la Stampa anticipa. Eccone alcuni stralci salienti. “Ciascuno di noi non solo governanti è chiamato a debellare indifferenza, corruzioni e connivenze con la delinquenza”. “Se non ci tiriamo su le maniche e non ci prendiamo cura della nostra Terra prima o poi la nostra Casa comune ci butterà fuori dalla finestra”. Le donne “hanno bisogno di essere aiutate nella gestione dei figli e non essere discriminate sul piano professionale o con la perdita del lavoro perché donne”. E’ necessario “sanare la finanza e ristabilirla con criteri di equità, puntando all’obbiettivo di ridurre il divario tra chi ha accesso al credito e chi no”. Non è sopportabile che “si continuino a fabbricare e trafficare armi, spendendo ingenti capitali che dovrebbero invece essere usati per salvare le vite”. Forse come mai come in questo terzo millennio “le nuove generazioni sono quelle che pagano i prezzo più alto della crisi economica, lavorativa, sanitaria e morale. Ma piangersi addosso non porta a nulla, anzi, così la crisi avrà la meglio. Invece continuando a battersi, come tanti stanno già facendo, i ragazzi non rimarranno inesperti, acerbi e immaturi. Non si fermeranno nella ricerca di occasioni”. Dio ha messo l’uomo nell’Eden perché lo coltivi e lo conosca: “Non lo mette in pensione, o in vacanza, o in villeggiatura, o sul divano: lo manda a studiare e lavorare. Dio ha fatto l’uomo capace e desideroso di sapere e di lavorare. E di amare”.