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Per Donald Trump è stato un vero trionfo: i segreti della vittoria e cosa vuol fare nei primi 100 giorni

Nei prossimi due mesi, la tradizionale lunga transizione tra chi entra e chi esce dalla Casa Bianca, The Donald II avrà il tempo per mettere a fuoco la strategia per i prossimi quattro anni

Alberto Flores d'Arcaisdi Alberto Flores d’Arcais   
I supporter di Donald Trump festeggiano la sua elezione (Ansa)
I supporter di Donald Trump festeggiano la sua elezione (Ansa)

NEW YORK - Per Donald Trump è stato un vero trionfo. L’ex presidente il 20 gennaio 2025 rientrerà alla Casa Bianca sull’onda di una vittoria netta che nessuno, probabilmente neanche lui stesso e il suo staff, si aspettava. Con circa quattro milioni di schede più di Kamala Harris conquista anche il voto popolare, che dal 1992 i repubblicani avevano vinto solo una volta (George W. Bush nel 2004) perdendolo nelle altre sette elezioni.

Il voto di uomini bianchi senza titolo di studi

Riconquista il potere grazie a uno storico riallineamento dell’elettorato americano (ancora una volta non previsto dai fallimentari sondaggi Usa) che ha sconvolto decenni di coalizioni tradizionali. Ha mantenuto la maggioranza dei consensi tra gli uomini e gli elettori bianchi senza titolo di studio, ma ha avuto larghi consensi anche tra i latinos, tra i giovani (maschi) che votavano per la prima volta e nelle famiglie a reddito medio e basso.

Nei sette Stati-chiave che hanno deciso le elezioni, è andato meglio del previsto anche nelle tradizionali roccaforti democratiche (le aree urbane e i sobborghi ad alto reddito in Pennsylvania, gli elettori neri in Wisconsin e gli elettori arabi in Michigan), aumentando i voti nelle contee rurali.

Promesse e minacce

Nonostante una campagna elettorale in cui ha minacciato di usare l'esercito contro i cittadini americani e i nemici politici interni, in cui ha promesso un programma di deportazione di massa e che ha condito con una serie di insulti razzisti, sessisti e xenofobi durante i suoi comizi, il presidente-eletto (e condannato) ha migliorato tutti i dati rispetto al 2016 (quando aveva vinto) e al 2020 (quando aveva perso).

La strategia per i prossimi 4 anni

Nei prossimi due mesi, la tradizionale lunga transizione tra chi entra e chi esce dalla Casa Bianca, The Donald II avrà il tempo per mettere a fuoco la strategia per i prossimi quattro anni. Rispetto al 2016 oggi arriva al potere molto più organizzato e fin dai primi ‘cento giorni’ imporrà la sua politica basata su due capisaldi: la lotta all’emigrazione clandestina e il taglio delle tasse. Con un Senato in cui i repubblicani hanno già la maggioranza (anche se devono essere ancora assegnati sei seggi) e con una Camera che il Grand Old Party potrebbe riconquistare o perdere solo di misura, il Congresso non sarà in grado di opporsi anche contro le sue scelte più radicali.

Se all’interno degli Stati Uniti la linea politica della nuova amministrazione si annuncia piuttosto chiara, è più difficile ipotizzare come Trump si muoverà in politica estera. Le sfide principali riguardano i due grandi conflitti in corso (Ucraina e Medio Oriente), il ruolo della Nato e l’incontro-scontro con l’altra grande potenza mondiale, la Cina.

I rischi per l'Ucraina

Chi rischia di più in tempi brevi è l’Ucraina del presidente Zelensky. È probabile che il presidente eletto cerchi di costringere Kiev e Mosca a un cessate il fuoco lungo le attuali linee del fronte, preludio ad un accordo permanente che riconosca le conquiste territoriali della Russia, tra cui l'annessione della Crimea nel 2014 e i territori occupati dopo l'invasione russa dell'Ucraina nel febbraio 2022. In campagna elettorale si è vantato di poter mettere fine alla guerra in 24 ore, ma aldilà delle dichiarazioni un po’ da sbruffone è ovvio che la sua amicizia con Putin aiuterà la Russia e danneggerà gli ucraini. Se taglierà (come ha promesso) la fornitura di armi a Kiev, Zelensky - già oggi in difficoltà - sarà costretto ad una drammatica capitolazione.

Il tema Nato

Strettamente legata alla guerra in Ucraina è la questione Nato. Già nel primo mandato aveva chiesto agli alleati un impegno economico maggiore minacciandoli di uscire dall’Alleanza Atlantica e su questo tema il rischio di una rottura con l’Europa è sempre possibile. Chi ha esultato per la vittoria di Trump è il premier israeliano Netanyahu, convinto che da oggi in poi avrà mano ancora più libera a Gaza, in Libano e forse anche contro l’Iran.

Il tema più importante nella politica estera della nuova Casa Bianca saranno i rapporti con la Cina. La seconda superpotenza mondiale è pronta alla guerra commerciale nel caso Trump dovesse seriamente dare seguito alle minacce di aumentare i dazi con l’obiettivo di ridurre la dipendenza degli Stati Uniti dalle importazioni cinesi, in particolare in settori critici come l'elettronica, l'acciaio e i prodotti farmaceutici.

La sfida con la Cina

La vera sfida è quella con Pechino e con i dazi che Trump vuole imporre sulla tecnologia cinese. La Cina rappresenta anche il problema più impegnativo per la sicurezza nazionale americana e il suo leader Xi Jinping, che resterà al potere a lungo, ha promesso che il colosso asiatico diventerà la prima potenza economica, militare e tecnologica del mondo entro il 2049, il centesimo anniversario della rivoluzione di Mao. Ma a Trump può bastare di contenere la seconda potenza mondiale almeno per quattro anni. 

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