A Budapest concluso 52mo Congresso eucaristico internazionale: la pace non neutrale di Francesco
Il filo rosso della fraternità coniugata dal papa in ogni luogo come orizzonte dell’Europa rinnovata e seme per sconfiggere il terrorismo. Nel pomeriggio in Slovacchia
Europa e pace, sono i due obiettivi indicati da papa Francesco per contrastare la spirale dell’odio che avvolge il mondo e trova, purtroppo, seguaci e protagonisti nel fanatismo religioso. Riassumono anche l’intenso viaggio apostolico numero 34 di Francesco a Budapest e in Slovacchia (12-15 settembre), terre definite dallo stesso pontefice “cuore dell’Europa”, dove i cristiani hanno dato una grande testimonianza di fede.
Un viaggio che intreccia le emergenze attuali che inquietano le cancellerie del mondo alle prese di un disegno risolutore e unitario capace di governare le contraddizioni economiche, culturali e sociali che rendono incerto il presente e il futuro. Si va dall’Afghanistan, al terrorismo, al confronto sulle politiche di accoglienza o respingimento degli immigrati, al lavoro incerto e precario, alla coerenza dei credenti, al degrado ambientale che richiede una sollecitudine condivisa per la casa comune, alla pandemia che si fatica a superare. Tante emergenze che sono riassunte bene da due parole: pace e Covid 19. Si tratta di indovinare o fallire l’occasione storica che sta cambiando le sensibilità culturali e la percezione di fare società: fraterna più che nel passato e quindi aperta alla speranza di un mondo migliore come ripete Francesco, o rinchiusa, per paura, nei vecchi egoismi che hanno seminato secoli di divisioni, violenze, conflitti. La visione di Francesco è nitida: dalla pandemia non si uscirà come prima, ma con il proposito di essere migliori o peggiori di prima che il Covid – con tutta sua imprevedibilità - rivelasse la fragilità delle sicurezze della finanza e della tecnica orientate e utilizzate a beneficio di pochi.
Con il viaggio apostolico che segna quota 54 di Paesi finora visitati, Francesco coglie l’occasione dell’ennesimo appello per una nuova partenza in particolare all’Europa ma non solo. Se nessuno si salva da solo, è tempo di progettualità nuova. Si scolora in questa ampia visione l’atteso incontro con il premier ungherese Orban, campione di una idea di Europa quasi opposta a quella di Francesco. Evidente è la mondialità del pensiero del papa che si ritrova nel messaggio della vigilia di Budapest ai partecipanti al G20 Interfaith Forum 2021 (Forum interconfessionale), una delle più importanti iniziative collaterali del G20 a presidenza italiana. Si svolge a Bologna (12-14 settembre) e rappresenta un crocevia delle religioni di tutto il mondo. Per la pace, religione e politica si incrociano sempre, anche quando soffia il vento impetuoso del fondamentalismo che la sola politica e il solo ricorso alle armi non riescono a gestire. Il messaggio di Francesco è una sintesi accurata della precaria situazione mondiale e di come uscirne senza danni, polemiche e rimpianti che, invece, si registrano sui media dopo il ritiro da Kabul della coalizione militare occidentale.
Proprio nel confronto con la violenza del terrorismo il papa ricorda che “il ruolo delle religioni è davvero essenziale” poiché sono le religioni chiamate anzitutto alla propria conversione. “Dobbiamo però aiutarci – chiede Francesco - a liberare l’orizzonte del sacro dalle nubi oscure della violenza e del fondamentalismo, rafforzandoci nella convinzione che «l’Oltre di Dio ci rimanda all’altro del fratello». Sì, la vera religiosità consiste nell’adorare Dio e nell’amare il prossimo. E noi credenti non possiamo esimerci da queste scelte religiose essenziali: più che a dimostrare qualcosa, siamo chiamati a mostrare la presenza paterna del Dio del cielo attraverso la nostra concordia in terra”.
Non fa poesia, il papa, ma legge realisticamente gli eventi: “Oggi, tuttavia, ciò pare purtroppo un sogno lontano. In ambito religioso sembra piuttosto in corso un deleterio “cambiamento climatico”: alle dannose alterazioni che colpiscono la salute della Terra, nostra casa comune, ve ne sono altre che “minacciano il Cielo”. È come se “la temperatura” della religiosità stia crescendo. Basti pensare al divampare della violenza che strumentalizza il sacro: negli ultimi 40 anni si sono registrati quasi 3.000 attentati e circa 5.000 uccisioni in vari luoghi di culto, in quegli spazi, cioè, che dovrebbero essere tutelati come oasi di sacralità e di fraternità”. E aggiunge un particolare che mette a nudo la disinvoltura degli intrecci non solo religiosi ma digeriti, ma anche economici del terrore. “Troppo facilmente, poi, chi bestemmia il nome santo di Dio perseguitando i fratelli trova finanziamenti. Ancora, si diffonde in modo spesso incontrollato la predicazione incendiaria di chi, in nome di un falso dio, incita all’odio”. Se questa è la scena – si chiede il papa - che cosa possiamo fare di fronte a tutto questo? Chiara è la sua risposta e a ben leggerla è una sfida alla pigrizia della politica e della religione sollecitate a uscire dall’indifferenza. Se i responsabili religiosi devono servire la verità e contrastare l'analfabetismo religioso, da parte di tutti “occorre soprattutto educare “promuovendo uno sviluppo equo, solidale e integrale che accresca le opportunità di scolarizzazione e di istruzione, perché laddove regnano incontrastate povertà e ignoranza attecchisce più facilmente la violenza fondamentalista”. Se l’odio vuole dividere la famiglia umana i credenti “non possono combatterlo con la violenza delle armi, che genera solo altra violenza, in una spirale di ritorsioni e vendette senza fine.
È proficuo, invece, quanto desiderate affermare in questi giorni: “Noi non ci uccideremo, noi ci soccorreremo, noi ci perdoneremo”. La strada della pace “non si trova nelle armi, ma nella giustizia. E noi leader religiosi siamo i primi a dover sostenere tali processi, testimoniando che la capacità di contrastare il male non sta nei proclami, ma nella preghiera; non nella vendetta, ma nella concordia; non nelle scorciatoie dettate dall’uso della forza, ma nella forza paziente e costruttiva della solidarietà”. E, infine, la conclusione lapidaria: “Pace, una parola chiave nell’attuale scenario internazionale. Una parola di fronte alla quale «non possiamo essere indifferenti o neutrali». Lo ribadisco: «Non neutrali, ma schierati per la pace! Perciò invochiamo lo ius pacis, come diritto di tutti a comporre i conflitti senza violenza. Per questo ripetiamo: mai più la guerra, mai più contro gli altri, mai più senza gli altri! Vengano alla luce gli interessi e le trame, spesso oscuri, di chi fabbrica violenza, alimentando la corsa alle armi e calpestando la pace con gli affari» . Pace: una “quarta p” che si propone di aggiungere a people, planet, prosperity, nell’auspicio che l’agenda del prossimo G20 ne tenga conto”. Davvero “non è più tempo per alleanze degli uni contro gli altri, ma per la ricerca comune di soluzioni ai problemi di tutti”.
A Budapest Francesco si trova espressamente per concludere la celebrazione del 52mo Congresso Eucaristico internazionale, importante evento religioso che comporta sempre un rinnovato impegno dei cristiani per una città secolare giusta e solidale nel segno della fraternità simboleggiata dall’eucaristia. Importante segno di partecipazione ecumenica la presenza di Bartolomeo I patriarca ecumenico di Costantinopoli. “A noi – aveva detto Francesco nel precedente incontro con rappresentanti del Consiglio Ecumenico della Chiese e di alcune comunità ebraiche ungheresi - è chiesto di lasciare le incomprensioni del passato, le pretese di avere ragione e di dare torto agli altri, per metterci in cammino verso la sua promessa di pace, perché Dio ha sempre progetti di pace, mai di sventura”. Ha pure chiesto un impegno comune per l’educazione alla fraternità “così che i rigurgiti dell’odio che vogliono distruggerla non prevalgano. Penso alla minaccia dell’antisemitismo, che ancora serpeggia in Europa e altrove. È una miccia che va spenta”.
Ai partecipanti al rito che affollavano la piazza (centinaia i preti concelebranti con un Borsalino economico bianco a difesa dal sole), Francesco ha ricordato che questo Congresso deve essere un punto di partenza per rinnovare il discepolato di quanti vogliono imitare Gesù che nel pane si lascia spezzare per amore. Anche i momenti celebrativi confermano l’unità di pensiero di Francesco in questo momento della storia dell’Europa e del mondo. Nel pomeriggio il papa raggiunge la Slovacchia, seconda tappa del suo viaggio apostolico.